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Lazio, sanità: Bissoni lascia. Nuovo sub commissario? O no? Cosa accade ai tempi del renzismo

di R. Tu.

Lazio, che futuro? Per la Regione, nient'affatto ancora uscita nonostante tante dichiarazioni dallo stato di crisi, si apre adesso la fase di decisione della nomina del nuovo sub commissario. Cosa che Zingaretti forse non vorrebbe. Ma che almeno una parte del Governo vedrebbe di buon occhio, a partire dalla ministra Lorenzin, per poter indicare nomi di proprio gradimento in una Regione che, per ragioni politico-elettorali, tanto più mentre ci si avvicina alle politiche del 2018, le è per così dire “molto cara”. Forse cattiverie, ma molto gettonate nel parterre mediatico e partitico del generone romano.

La ministra d'altra parte, in tante sue ultime scelte, è riuscita a piazzare in più di una poltrona nomi e persone di suo gradimento. Dal ministero all'Agenas e all'Aifa, per dire. Non scelte per ragioni di cencellum o di partito o di chissà quali appartenenze politiche e di interessi di parte, si potrebbe obiettare, ma solo per meriti e qualità. Già, tutto però potrebbe essere contestabile.

Sinistra, futuro senza teste
Intanto, diciamo che il Lazio (Zingaretti) perde molto, moltissimo, lo sa bene, ma non ha fatto niente per uscire abbastanza da vecchie logiche e dai corridoi della burocrazia e del generone (anche sanitario-cattolico) romano. E che il Pd, che Bissoni prima lo aveva abbandonato e poi perso (per mancato rinnovo della tessera), fa un'altra figurina, per così dire. Vale la pena ricordare che Bissoni era il candidato alla poltrona di ministro della Salute nel 2006 di Romano Prodi, salvo poi l'impuntatura di D'Alema che volle Livia Turco.

Sempre Bissoni, l'ultima e ancora unica mente lucida del vecchio (e dell'attuale) Pd in fatto di sanità, è stato presidente Agenas, che lasciò dopo il blitz della Lorenzin che volle sostituire, nonostante le promesse, Fulvio Moirano all'Agenas. Sempre il Governo, e ancora Lorenzin, fecero pressione su Bissoni affinché accettasse l'incarico di sub commissario nel Lazio. Ma ora, anche quell'incarico termina anzitempo. Riusciremo a recuperare chi vale e chi sa davvero di sanità?

Il renzianismo e i burocrati inossidabili
Non poco ha giocato in tutto questo il fattore R., avvero il renzianismo. La decapitazione anagrafica, o presunta tale. Fatto sta che ci capitò, nei primi mesi del renzianismo, di chiacchierare con l'allora responsabile Welfare del Pd a guida Matteo. Il quale – così va il mondo – a precisa domanda, non sapeva chi fosse Bissoni, e credeva che l'Agenas si occupasse di farmaci. Responsabile del Welfare piddino, è tutto dire. Magari adesso sottosegretario in quel di Lungotevere. Magari attorniato da qualche burocrate ministeriale sempre accomodato da quelle parti, a fare favori ai soliti noti. Se ne guardi, se ne è capace. Perché così va il mondo.


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