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Fibromialgia, dall'Emilia Romagna le prime linee di indirizzo pubbliche

di Ro. M.

Arrivano dall’Emilia Romagna le Linee di indirizzo per la diagnosi e il trattamento della fibromialgia. Con tre gli interventi previsti: educazionale, non farmacologico e farmacologico. E con il coinvolgimento della rete termale emiliano-romagnola, grazie all'intesa Amrer (Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna) e Coter, il consorzio che riunisce le terme regionali, per garantire l'accesso dei pazienti fibromialgici, circa 90.000 nella regione, ai trattamenti non farmacologici con “pacchetti terapeutici termali” a prezzi calmierati. Il documento è stato redatto dal Gruppo tecnico di lavoro regionale sulla base dei dati della letteratura nazionale e internazionale e su criteri di appropriatezza. Le linee guida sono ora al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità e si candidano a diventare un modello sul territorio nazionale. Lo comunica una nota della Regione.

Le linee di indirizzo forniscono risposte ai bisogni del paziente fibromialgico e ai caregiver,
orientano i medici verso un approccio appropriato di presa in carico integrata
del fibromialgico da potenziare su tutto il territorio regionale.

Definiti per la prima volta step precisi di trattamento
Il documento è il frutto di oltre un anno e mezzo di lavoro del Gruppo tecnico regionale costituito nel 2016 e composto da 25 esperti tra reumatologi, terapisti antalgici, medici di medicina generale, riabilitatori, nutrizionisti, psichiatri e componenti delle istituzioni sanitarie regionali e associazione pazienti, che hanno analizzato la letteratura disponibile a livello nazionale e internazionale sulla fibromialgia.

«Il documento, la cui realizzazione è stata promossa e coordinata dall'Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna, colma un vuoto in quanto non esistevano fino ad oggi linee di indirizzo rivolte ai medici su questa importante malattia – dichiara l'assessore Sergio Venturi – questo documento consentirà di sviluppare percorsi formativi con i medici di Medicina Generale e gli specialisti che si occupano di fibromialgia e diventerà un caposaldo per la diagnosi e per la presa in carico dei pazienti. Inoltre, il documento offre indicazioni di carattere terapeutico, in particolare non farmacologico, basate su studi scientifici che riguardano l'efficacia delle terapie in acqua. Le linee di indirizzo sono il primo passo per arrivare, ci auguriamo, a un riconoscimento formale della fibromialgia quale patologia cronica all'interno dei Lea a livello nazionale. Il documento regionale è in questo momento all'attenzione del Consiglio Superiore di Sanità. Lavoreremo per favorire un allargamento nazionale di queste importanti linee di indirizzo regionale».

La malattia «invisibile»
La fibromialgia fino ad oggi è stata considerata “malattia invisibile” proprio a causa dell'impossibilità di diagnosticarla con esami strumentali specifici. Inoltre, gli specialisti non dispongono di terapie specifiche, non esiste una terapia precisa per questa patologia, ma fino ad oggi tanti approcci diversi quanti sono i pazienti. «La fibromialgia è la seconda forma di reumatismo più comune ed è una condizione molto frequente negli ambulatori di medicina generale (2.%-5,7% dei pazienti) e di reumatologia (14% dei pazienti), la sua prevalenza è compresa tra il 2-3% fino all' 8%, l'incidenza è di circa 7-11 nuovi casi per anno su 1.000 persone – spiega Carlo Salvarani, professore Ordinario di Reumatologia all'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – in Emilia Romagna sono oltre 89.000 i pazienti con fibromialgia di vario grado e gravità. L'impatto di questa malattia sulla qualità di vita del paziente è molto pesante dal momento che il sintomo principale che la caratterizza è il dolore, cronico e diffuso a tutto il corpo, associato a stanchezza, disturbo del sonno (sonno non ristoratore), problemi cognitivi (di attenzione e memoria), psichici (in particolare depressione) e ad un ampio spettro di sintomi somatici e neurovegetativi».

Spazio all’approccio multidisciplinare
Priorità a programmi personalizzati che includono interventi educativi, non farmacologici e farmacologici. La presa in carico spetta in primis al medico di medicina generale e, in seconda battuta, al reumatologo.

Il documento di indirizzo regionale non si limita a definire un percorso sanitario ‘tipo', ma attraverso l'analisi di quanto validato in letteratura dalle esperienze internazionali e nazionali, come quelle maturate nelle provincie di Trento e Bolzano, offre un orientamento su come gestire il paziente con fibromialgia in Emilia Romagna. «Il documento fa chiarezza sullo stato dell'arte e l'approccio più appropriato alla fibromialgia – afferma Marcello Govoni, Direttore dell'Unità Operativa di Reumatologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara e Professore Associato di Reumatologia – il lavoro si compone di vari capitoli: dalla definizione della patologia all'epidemiologia; una parte significativa riguarda le modalità di presa in carico del paziente, che spetta al medico di medicina generale, nell'ambito di un team multidisciplinare, quale filtro iniziale e professionista competente per la identificazione e gestione di questi pazienti, e l'invio al reumatologo nei casi refrattari alla terapia o quando la diagnosi è incerta. Inoltre, il documento fa chiarezza sulla diagnosi differenziale, che è prettamente clinica, e affronta la parte dei trattamenti; in particolare si sofferma prima sull'intervento educazionale del paziente, che deve essere adeguatamente informato sulla patologia, e in secondo luogo sui trattamenti non farmacologici, che prevedono una serie di interventi volti a migliorare la motricità e la postura attraverso programmi di attività fisica adattata (Afa) sia a secco che in acqua, basata su protocolli scientificamente definiti che hanno prodotto incoraggianti risultati in questi pazienti. Da ultimo, il documento prende in esame i trattamenti farmacologici e fornisce indicazioni basate sull'evidenza, con una parte dedicata anche all'alimentazione. Si tratta dunque di uno strumento molto articolato, basato sulla revisione delle migliori evidenze scientifiche anche per contrastare tanta letteratura ‘grigia' che ruota attorno a questa patologia e che si presta, spesso, ad interventi terapeutici di dubbia efficacia».

Obiettivo ricerca
«Verso il futuro lo sguardo che il Gruppo di lavoro vuole proporre con il documento - sottolinea Daniele Conti, direttore di Amrer - è rivolto a promuovere e incentivare la ricerca, in particolare sui cannabinoidi e sulle interazioni con l'alimentazione; unico modo concreto per rispondere adeguatamente ai bisogni dei pazienti, contrastando l'estrema proliferazione di ‘fantomatiche' cure che danneggiano la salute e il portafoglio delle persone con fibromialgia. Un ultimo aspetto, su cui è importante accendere un riflettore, è rappresentato dall'utilizzo di queste linee guida per il riconoscimento dei diritti legati all'impatto della fibromialgia in termini di invalidità civile e handicap, su questo fondamentale diritto, noi di Amrer siamo pronti da subito ad agire con forza».


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