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Cronicità, il Piano e i nuovi Lea ci sono, ma non si vedono. Aceti: «Ridurre gap tra norme e realtà. Pazienti entrino in tutte le cabine di regia»

di Barbara Gobbi

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Fino a 60mila euro spesi di tasca propria per adattare l’abitazione a una disabilità. Il costo per il personale badante che arriva a 25mila euro, o in alternativa la retta per strutture residenziali o semiresidenziali, che raggiunge i 36mila euro. Poi, c’è la spesa per i farmaci di fascia C, o ancora i seimila euro per i viaggi di cura. Ma i disagi non si fermano certo ai maxi-esborsi finanziari, che cadono tra capo e collo di famiglie anche a basso reddito: in cima alla lista delle mancanze che un paziente - cronico, anziano o disabile o con malattia rara - constata tutti i giorni, svettano l’allarmante mancanza di prevenzione, l’insufficiente integrazione tra assistenza primaria e specialistica, la mancata continuità di cura tra ospedale e territorio, l’assistenza domiciliare col contagocce e le lunghe liste d’attesa. Di interventi personalizzati sul paziente, di considerazione per il suo punto di vista, manco a parlarne.
L’ennesimo allarme sull’assenza di una presa in carico effettiva ed efficiente dei pazienti cronici e con malattie rare arriva dal XVI Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, presentato a Roma dal coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici (Cnamc) di Cittadinanzattiva e realizzato con il sostegno non condizionato di MSD.
Piano nazionale cronicità e Lea al palo. “Molti atti, pochi fatti”, è lo slogan di sintesi. Non a caso: a venti mesi dall’approvazione del Piano nazionale cronicità e a quattordici dal varo dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), quegli atti che avrebbero dovuto rivoluzionare la presa in carico e l’assistenza ai pazienti, in buona parte restano lettera morta. Lasciando ampio spazio a burocrazia, scarsa attenzione ai bisogni, difficoltà di accesso a strutture e terapie farmacologiche.

Piano cronicità e nuovi Lea: chi li ha visti? Il Piano cronicità è stato recepito formalmente solo da cinque Regioni: Umbria, Puglia, Lazio, Emilia Romagna e Marche. Il Piemonte non ha ancora concluso l’iter, mentre la Provincia autonoma di Bolzano potrebbe chiudere entro luglio. Idem per i nuovi Lea: «Per buona parte – attacca il responsabile Cnamc, Tonino Aceti – i "Livelli" sono ancora bloccati dalla mancata erogazione dei due decreti per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni ambulatoriali e per i dispositivi protesici». E ancora, di nuovo sul Piano: «Per quanto la bozza di decreto sul nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria segni un passo avanti, chiediamo con forza che tra gli indicatori sia inserita l'attuazione sostanziale del Piano cronicità, oggi assente», dice Aceti. Impasse che si riflettono sul monitoraggio condotto dalle cinquanta associazioni di pazienti cronici (52%) e rari (48%) e presentato nel Rapporto: l’emanazione dei nuovi Lea, per oltre il 55% degli intervistati non ha prodotto cambiamenti di sostanza per la propria patologia, perché in oltre un quarto dei casi (il 26,6%), di fatto è rimasta lettera morta. «La priorità – afferma ancora il responsabile Cnamc – diventa quindi abbattere il gap imbarazzante, che va ampliandosi, tra la produzione normativa e la capacità di implementare azioni concrete. Ma quello che serve è anche un maggiore coinvolgimento delle associazioni dei cittadini, che malgrado le nostre richieste, restano escluse dalla commissione nazionale Lea».

I dati. L’integrazione tra assistenza primaria e specialistica – tra gli obiettivi principali del Piano cronicità - manca ancora per il 95,8% delle associazioni. Oltre il 73% di queste ha riscontrato un ritardo nella diagnosi, l’80,5% vorrebbe essere più ascoltato dal personale sanitario, mentre il 75,6% denuncia liste d’attesa troppo lunghe. Sul territorio i tempi di attesa sono segnalati dal 90% delle associazioni e, quando si approda a una Rsa, la mancanza di équipe multiprofessionali e i costi eccessivi per la retta sono denunciati rispettivamente nel 55% e nel 50% dei casi. Elementi che contribuiscono alla solitudine delle famiglie, che nel 65% dei casi sono in difficoltà economica. I registri di patologia, ancora, sono diffusi in tutte le Regioni solo per il 19,3% del campione, e dove presenti fotografano soprattutto i dati su farmaci e dispositivi usati dal paziente, ignorando i bisogni socioeconomici e sociosanitari. Insufficiente l’assistenza domiciliare (62%), cos’ come mancano l’assistenza psicologica e quella sociale (57%). In generale, i bisogni psicosociali non vengono presi in considerazione (81,5% delle associazioni) e per il 73,8% il paziente, il familiare e il caregiver non sono coinvolti né sostenuti.

I bisogni per fasce d’età. Ci sono bisogni specifici, legati alle varie fasi della vita, che vengono altrettanto ignorati: secondo il Report, per il 70% dei bambini o ragazzi affetto da una malattia cronica o rara, la prima difficoltà sta nel comunicare la propria patologia e i due terzi lamentano difficoltà a partecipare alle attività scolastiche ed extrascolastiche. Gli adulti segnalano problemi nel riconoscimento dell’invalidità civile ed handicap (64,8%), mancanza di orientamento dei servizi (59,4%), mancanza di tutele sul posto di lavoro (51,3%). Le difficoltà degli anziani con malattia cronica sono, invece, per lo più legate agli spostamenti per curarsi (84,3%), problemi di isolamenti sociale (75%) e difficoltà economiche (71,8).


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