Aziende e regioni

Coronavirus/ Ricetta per rivedere il modello delle Rsa

di Sara Barsanti *

S
24 Esclusivo per Sanità24

Non c’è dubbio che la pandemia abbia portato alla ribalta questioni legate ai sistemi sanitari e sociosanitari spesso lasciate ai margini dei dibatti politici e spesso anche della ricerca. Tra cui, una fra tutte, quella delle Residenze sanitarie assistenziali. L’Istituto superiore di sanità stima che circa il 40% delle morti avvenuti agli ospiti delle strutture tra febbraio e marzo è dovuto al Covid-19. Lo tsunami degli anziani in Rsa positivi al Covid-19 che ha colpito in tutta Italia, ma anche in tutto il mondo, gli ospiti di queste strutture rileva una delle tante contraddizioni del nostro sistema di welfare. Luoghi destinati alla massima cura e sicurezza dei più bisognosi, rivelatesi fragili e spesso di difficile controllo.
Le traiettorie di sviluppo che le Rsa hanno subito in questo anni vanno verso una crescente sanitarizzazione dei bisogni, ospiti sempre più fragili e complessi, con conseguente aumento dei costi, ma anche apertura verso la comunità e una crescente innovazione. Il dibattito dei governi, quando (raramente) affrontano il tema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (cd long term care), solitamente si focalizza su tre dimensioni: 1. La tipologia di servizi offerti, ovvero sulla scelta di concentrarsi maggiormente o su un’assistenza di tipo domiciliare o su una assistenza di tipo residenziale (di cui le Rsa fanno parte); 2. Il tipo di finanziamento, ovvero se mantenere un sistema basato sulla fiscalità generale o per questo tipo di assistenza virare su assicurazioni sociali o mutualistiche; 3. La gestione dei servizi, ovvero se affidare questi servizi a soggetti pubblici o privati, lasciando spazio per una maggior competizione e allo stesso tempo aprirsi alle logiche di mercato.
Solo in rari casi i governi si concentrano su un quarto fondamentale tema: la verifica della qualità dell’assistenza fornita da questa tipologia di servizi, ed in particolare dalle Rsa, attraverso il performance management. Cosa succede agli anziani una volta che diventano residenti di queste strutture? Come garantire il governo e la verifica dell’assistenza, quando il sistema sanitario si affida ad altri soggetti gestori? Che strumenti ci sono per garantire l’accountability dei soggetti gestori, siano essi pubblici o privati, ma che in ogni caso utilizzano risorse pubbliche?
Per rivedere il modello delle Rsa e in generale dell’assistenza residenziale, è necessario affrontate 5 punti fondamenti legati al tema del performance management.
1. INCREMENTARE GLI INVESTIMENTI DELL’INFRASTRUTTURA INFORMATIVA
Non esiste nessun flusso di dati amministrativo legato alle prestazioni fornite all’interno delle RSA. Non esistono sistemi informazioni centrali volti a rilevare le prestazioni e l’assistenza una volta che si è in RSA. Non è quindi possibile capire in maniera coerente e uniforme i risultati in termini di assistenza di queste strutture. Alcune regioni hanno sistemi di verifica e stanno provando a sviluppare flussi di dati, comunque legati alla misurazione della complessità dell’assistenza e quindi alla definizione del carico assistenziale necessario (ad esempio rispetto ai minuti di assistenza infermieristica fornita). La mancanza di dati confrontabili in parte è dovuta certamente anche alla difficoltà di standardizzare le prestazioni di fronte a bisogni di pazienti fragili, non solo da un punto di vista sanitario, ma anche sociale. Questo non deve esimere dal mettere in campo, sia a livello nazionale, che a livello regionale, investimenti legati al potenziamento (se non creazione) di sistemi di scambio di informazioni e dati legati alla garanzia dell’assistenza in termini di qualità. Non può esserci governo, se non ci sono informazioni sui risultati raggiunti. E proprio di fronte a emergenze come quella che stiamo vivendo, ci rendiamo tutti conto che i dati e le informazioni prima di tutto certificate e validate e poi scambiate in maniera tempestiva, sono lo strumento cardine di gestione della risposta. Pensiamo invece che ci sono territori che non hanno contezza neanche del numero di assistiti residenti nelle strutture. Come può essere tempestivo ad esempio anche solo l’aggiornamento della situazione clinica dei residenti, non solo una situazione di emergenza, quando aggiornamenti costanti sono il cardine della presa in carico, ma anche a condizioni normali?
2. MONITORARE LA QUALITA’ E LE PERFORMANCE ASSISTENZIALI
A livello internazionale, paesi come il Canada, il Regno Unito, l’Olanda, ma anche gli Stati Uniti, hanno da tempo affrontato queste tematiche, cercando di sviluppare sistemi di valutazione della qualità dell’assistenza fornita che andassero oltre i sistemi più istituzionali autorizzativi e di accreditamento. Ricordiamo, infatti, che le Rsa sono soggette, anche in Italia, a due livelli di “certificazione”. La prima di tipo autorizzativo, che si sofferma più su caratteristiche infrastrutturali e di input delle strutture. La seconda fa invece riferimento all’accreditamento e rileva, in maniera non omogenea tra le regioni, la qualità dei processi di assistenza. Si pensi in questo senso ai controlli dei Nas che proprio nei mesi scorsi, a seguito dei controlli successivi alla pandemia, hanno verificato in tutta Italia 601 strutture, di cui 104 sono risultate non conformi, 157 sanzionate e di 15 è stata disposta la chiusura. Ma se sul lato ospedaliero e delle cure primarie si sono sviluppati, anche in Italia e nelle varie Regioni, sistemi quantitativi che misurano e monitorano la qualità e appropriatezza delle prestazioni e dei percorsi assistenziali, si pensi ad esempio al Piano Nazionale Esiti, sull’assistenza residenziale tali sistemi sono quasi del tutto assenti. Facendo ad esempio riferimento al monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza che il Ministero ogni anno stila, sul lato residenziale troviamo solo indicatori di copertura dei servizi (ovvero il numero di posti letto di strutture residenziali sulla popolazione). Non si approfondisce la qualità fornita, nonché l’organizzazione che tali strutture hanno per la gestione dei loro assistiti. E questo non dipende solo da scelte legate ai modelli gestionali. Ma anche da investimenti infrastrutturali centrali e regionali. In questo contesto così complesso e allo stesso tempo fragile e frammentato, la necessità di controlli, più volte citata dai politici durante questa pandemia, può essere in parte soddisfatta dai sistemi di valutazione della performance in cui le RSA condividono in maniera pubblica, trasparente e integrata con il sistema sanitario, misure e standard di qualità delle prestazioni e dei processi assistenziali. Sistemi che si fanno sempre più necessari non solo laddove esiste una gestione privata, ma anche laddove il soggetto pubblico è chiamato a rendicontare.
3. COMPETENZE E FORMAZIONE FANNO LA DIFFERENZA
La Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha sviluppato un sistema di valutazione della qualità dell’assistenza fornita agli ospiti delle strutture a cui hanno aderito volontariamente 100 Rsa della Regione Toscana, condividendo il linguaggio, misure, dati, informazioni e buone pratiche e confrontandosi in benchmarking tra strutture. Un percorso che va avanti dal 2012 in maniera strutturata e integrata con la Regione, che ha consentito non solo di creare un ambiente di stimolo per gli operatori delle strutture, ma anche uno strumenti di monitoraggio continuo della qualità delle prestazioni, misurando e confrontandosi ad esempio da temi assistenziali, quali le attività ricreative, il piano assistenziale individuale, a temi più sanitari quali le cadute, le infezioni, le ulcere, fino alla gestione del personale e alla esperienza in struttura così come percepita dagli ospiti, dai familiari e dagli stessi operatori. Il sistema, che ad oggi conta circa 70 indicatori quantitativi a confronto, ha consentito anche alla Regione di avere un quadro completo dell’assistenza fornita, nonché di approfondire le modalità organizzative e gestionale di ciascuna RSA partecipante, indipendentemente dalla gestione, migliorando inevitabilmente anche l’integrazione tra tutti i soggetti coinvolti. Non solo. Attraverso i dati raccolti, i ricercatori hanno potuto dimostrare che a fare la differenza in termini di efficienza e qualità sono, in alcuni contesti, la formazione del personale e le dimensioni delle strutture (strutture più piccole sembrano più efficienti e di buona qualità), a testimonianza che il fattore centrale è non tanto la gestione, ma la qualità del personale, gli investimenti che si fanno sul fattore umano e l’organizzazione più centralizzata verso i residenti. Non solo, quindi, capire il fabbisogno reale di personale per queste strutture è centrale. Ma anche il bisogno di creare e valorizzare le competenze professionali degli operatori deve essere portato al centro del dibattito.
4. INTEGRARE I SISTEMI DI CONTROLLO E LE MODALITA’ GESTIONALI
La distinzione tra Rsa pubbliche e private non è semplice. Possiamo trovare Rsa di proprietà di Asl o Comuni la cui gestione e, quindi, l’erogazione dei servizi, è affidata in tutto o in parte ad altro soggetto (ad esempio, una struttura facente capo ad un’Azienda sanitaria gestita in global service da una Cooperativa a seguito di una gara d’appalto o avente una gestione mista, cioè con personale in parte dipendente dell’ASL ed in parte della Cooperativa). Possono esserci poi enti del Terzo Settore (come Enti religiosi ed ecclesiastici, Fondazioni no profit, Cooperative, Associazioni senza fini di lucro) e le società for profit. Di fronte a strutture che assicurano l’integrazione sociosanitaria, si integrano anche risorse tra due soggetti pubblici, la Asl e il Comune. E’ necessario monitorare costantemente le modalità gestionali e tutti i soggetti che girano intorno alle RSA, per garantire un controllo anche sulla filiera che esse comportano e per, in situazioni di crisi come la pandemia, verificare criticità, emergenze e sviluppare in maniera efficace sistemi e interventi di mitigazione del rischio. Se c’è una cosa che la pandemia ha messo in risalto è proprio la capacità di resilienza dei sistemi sanitari, e sociali, tramite adattamenti più o meno restrittivi a fare la differenza. Si pensi ad esempio al potenziamento dei posti letto di terapia intensiva o all’assunzione di personale medico ed infermieristico. Verificare e monitorare l’organizzazione e i risultati di tali strutture permette anche di avere sempre sott’occhio il governo dell’offerta e confrontarla in maniera appropriata con il bisogno. Molti sistemi regionali, infatti, si sono fatti carico dell’integrazione del personale nelle strutture in cui la positività di operatori aveva condizionato la garanzia dell’assistenza, subentrando nella gestione delle RSA. Ma se soggetti gestori più grandi potevano avere la capacità di attirare e integrare personale, ciò è più difficile quando a gestire sono soggetti più piccoli e locali. Conoscere queste forme, consente di individuare possibili criticità e regolarne gli interventi necessari. E in tempi di emergenza, sistemi integrati di controllo e misurazione consentirebbero quindi di misurare anche la capacità di resilienza e adattamento delle strutture stesse, consentendo e richiedendo da parte del soggetto regolatore in via tempestiva azioni correttive, sia sull’assistenza, che sull’offerta.
5. VALORIZZARE LE RETI E LA QUALITA' DI VITA
Forse il caso complesso della Regione Lombardia e le criticità legate alle RSA fanno emergere come il bisogno di integrazione dei servizi e dei percorsi assistenziali complessi è la chiave di volta per una presa in carico di qualità. Non solo in situazioni di “normalità”, ma anche in situazioni di emergenza. Davanti all’assistenza residenziale fornita dalle RSA i soggetti che si devono integrare e coordinare sono numerosi. La Asl, il Comune, il medico di medicina generale, il personale del soggetto gestore, il personale della struttura, la filiera dell’assistenza sociale, il volontariato, fino ad arrivare alla comunità locale. Le reti che si innestano in questa tipologia di servizi non possono essere semplicemente “controllate”. Devono essere valorizzate e riconosciute. Ma non solo. Ricordiamo che gli anziani vivono nelle RSA, non sono solo semplici pazienti. Capire le loro esigenze, la qualità di vita che percepiscono e la loro esperienza, nonché quella dei familiari e degli operatori, è un altro tassello fondamentale da monitorare per la garanzia di una buona qualità e di una serena permanenza quotidiana nella struttura, nonché fondamentale tassello comunicativo con i familiari.

* ricercatrice Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa


© RIPRODUZIONE RISERVATA