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Luci e ombre per la vaccinazione anti-influenzale 2020-2021: importanti novità e opportunità perse

di Paolo Bonanni *

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24 Esclusivo per Sanità24

La pandemia di Covid-19 ha reso le vaccinazioni contro gli altri agenti infettivi una priorità ancora più urgente. Se tutti attendiamo con grande interesse notizie sul possibile sviluppo di vaccini contro Sars-CoV2, ciò che possiamo fare nell’immediato futuro è rafforzare le nostre difese con gli strumenti attualmente disponibili, in primis vaccini anti-influenzali, anti-pneumococcici e contro la pertosse (richiami difterite-tetano-pertosse per adulti). Le società scientifiche, Calendario per la Vita anzitutto, hanno richiamato la necessità di innalzare in modo rapido e sostanziale le coperture vaccinali contro l’influenza non solo negli ultrasessantacinquenni (che comunque non sono stati vaccinati per una quota di almeno il 40% nelle ultime stagioni), ma anche nelle fasce di età più basse. La stessa Federazione degli Ordini dei Medici (FNOMCeO) ha chiesto di abbassare l’età per l’offerta attiva e gratuita dell’anti-influenzale ai 55 anni. Ciò consentirebbe di proteggere le fasce di età che, in caso di doppia circolazione di influenza e Sars-CoV2, potrebbero avere i maggiori danni perché vi sono tante persone già in condizioni patologiche. Dobbiamo rammentare che lo studi PASSI ci dice che in Italia tra i malati cronici (cardiopatici, diabetici, oncologici, etc.) sotto i 65 anni, al massimo sono vaccinati il 30% dei soggetti, una vera roulette russa per chi soffre di tali patologie e non è protetto. In più, la particolare situazione pandemica indica l’importanza di mettere in atto quanto più volte prospettato ma mai realizzato, neppure come progetti pilota, negli ultimi anni: la vaccinazione universale dei bambini tra i 6 mesi e i 6 anni, che in Paesi quali il Regno Unito ha dimostrato da anni di portare notevoli vantaggi ai vaccinati (i bambini più piccoli hanno forme gravi di influenza) e indirettamente alla popolazione anziana, perché i bambini sono i principali trasmettitori dell’infezione, con un profilo di costo/utilità dell’utilizzo del vaccino (vantaggio di salute in rapporto alle risorse spese) molto favorevole.
La Circolare ministeriale dello scorso 5 giugno apre in questo senso nuove prospettive che necessitano di essere consolidate: si indica l’opportunità di estendere la gratuità dai 60 e non più dai 65 anni; si prospetta la necessità di vaccinare i bambini; si sottolinea in modo inequivocabile la cruciale importanza della vaccinazione degli operatori sanitari e degli anziani istituzionalizzati ‘nella prospettiva di una iniziativa legislativa che la renda obbligatoria’. Per fare sì che queste importanti e positive novità diventino operative, è necessario che vengano messe a disposizione risorse economiche aggiuntive attraverso adeguate iniziative di legge. Ma bisogna fare presto, perché il rischio di non trovare sul mercato internazionale adeguati quantitativi di dosi è concreto, in una situazione in cui molti Paesi prevedono di incrementare le coperture nel prossimo autunno.
Dove invece la Circolare segna un passo indietro importante e potenzialmente sfavorevole per la salute della popolazione più anziana, è sul tema dell’appropriatezza d’uso delle diverse tipologie di vaccino.
Contrariamente a quanto indicato dalle circolari delle stagioni 2018/19 e 2019/20 - che davano un’indicazione preferenziale per i vaccini quadrivalenti nella popolazione più giovane, e una preferenza per il vaccino trivalente adiuvato nei più anziani, nei quali è dimostrata la preponderante importanza dei virus influenzali A nei casi complicati e letali - la circolare 2020/21 indica giustamente una preferenza per i vaccini quadrivalenti nei più giovani e negli operatori sanitari, ma si limita ad elencare quali vaccini siano disponibili per gli ultrasessantacinquenni, senza alcuna raccomandazione riguardo al vaccino da preferire. Peraltro, da quest’anno è per la prima volta disponibile anche sul mercato italiano, sia pur in quantitativi di dosi molto limitati, anche il vaccino quadrivalente ad alto dosaggio (4 volte quello degli altri vaccini), anch’esso raccomandato e più efficace dei vaccini ‘classici’ per i soggetti più anziani.
L’impressione è che si sia data per scontata la diffusa conoscenza della più elevata efficacia sul campo di vaccini adiuvati e ad alto dosaggio negli anziani, documentata da una ormai rilevante mole di dati scientifici nelle ultime stagioni, presumendo che a livello locale (Regioni e singole Asl, che sono poi quelle che decidono i quantitativi da mettere a gara) non potessero essere fatte scelte difformi rispetto a tali evidenze (che sono, ad esempio, diventate raccomandazioni nazionali nel Regno Unito).
Purtroppo la realtà italiana è ben diversa e per nulla coerente: a fronte di una Regione Veneto che mette a gara circa 850.000 dosi di vaccino adiuvato contro circa 450.000 dosi di quadrivalente, o di altre come Emilia Romagna e Campania dove vi è una quasi parità tra le due tipologie di vaccini, altre Regioni (come la Lombardia, il Piemonte e la Sardegna) non hanno previsto l’acquisto di alcuna dose di vaccino adiuvato per la popolazione anziana. Ma anche le Asl della Toscana, per fare un altro esempio, nonostante una forte raccomandazione del Gruppo Tecnico Regionale per le Vaccinazioni di utilizzo del vaccino trivalente adiuvato nella popolazione sopra i 70 anni (che è pari a 700.000 persone circa), ne hanno messo a gara solo 220.000. Anche presumendo che si voglia ottenere una copertura del 70% in tale fascia di età, servirebbero 490.000 dosi. Il che significa che gli anziani riceveranno solo per meno della metà il vaccino più potente nell’indurre anticorpi. Il razionale di tale scelta rimane oscuro: potrebbe solo essere una maggiore facilità nella gestione di un solo vaccino invece che due a livello di magazzino, ma si tratterebbe di un criterio incomprensibile, e soprattutto più costoso in modo ingiustificato. Va rammentato infatti che il costo del vaccino quadrivalente nelle gare espletate nelle diverse Regioni è mediamente di 30-40 centesimi superiore a quello del trivalente adiuvato.
Tutto questo evidenzia la necessità di ripensare nel nostro Paese i criteri per ottenere uniformità delle scelte, soprattutto per garantire a tutti i cittadini un’equità di opportunità di salute. Per i vaccini pediatrici, dell’adolescente e dell’anziano diversi dall’anti-influnzale (pneumococco e zoster), il Piano nazionale Prevenzione vaccinale 2017-19, dopo anni di grande disequita di offerta (soprattutto per pneumococco, meningococco e varicella per i bambini) ha segnato il punto di svolta per offrire ai cittadini pari opportunità di prevenzione indipendentemente dalla Regione di nascita o residenza. Tutto questo non è ancora realtà per l’anti-influenzale. Se è doveroso rispettare la potestà regionale in termini di organizzazione dell’offerta di salute sancita dall’articolo quinto della Costituzione, è ancora più doveroso garantire a tutti i cittadini parità di accesso alla prevenzione con i migliori strumenti disponibili.
Di tutto questo si discuterà in un meeting online che si svolgerà venerdì 12 giugno tra esperti di sanità pubblica.

* Professore Ordinario di Igiene – Università degli Studi di Firenze


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