Aziende e regioni

Per i vaccini anti-influenzali in epoca Covid le scommesse territorio e appropriatezza

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Il rischio di una seconda ondata epidemica di Covid-19 in autunno suscita da mesi l'allerta di scienziati e medici sull'esigenza di anticipare, estendere e potenziare le coperture vaccinali anti-influenzali 2020-2021. I sintomi di fatto sovrapponibili rischiano infatti di creare un effetto confondente tra le due patologie che aggraverebbe ulteriormente un quadro già complesso. Senza contare che i bersagli principali di entrambe le patologie - da influenza stagionale e da Sars-Cov-2 - in termini di gravità e di decessi sono proprio le persone con almeno una cronicità, in buona parte sovrapponibili alla popolazione anziana. Da queste considerazioni e anche dalle sollecitazioni degli addetti ai lavori deriva la circolare con cui il ministero della Salute il 5 giugno ha aggiornato le raccomandazioni su Prevenzione e controllo dell'influenza per la stagione 2020-2021. Un provvedimento che parzialmente accoglie le istanze degli esperti, a cominciare dalla società scientifica "Calendario per la vita" che da anni propone l'offerta complessiva delle profilassi da inserire nel Piano nazionale vaccini recepito dai Livelli essenziali di assistenza. L'anti-influenza è uno dei talloni d'Achille del quadro vaccinale: si aggira sul 15% per la popolazione generale e l'anno passato arrivava solo al 56-57% per gli over-65. Lontanissimo l'obiettivo ribadito quest'anno dal ministero per tutti i gruppi target, di un 75% come obiettivo minimo e di un 95% ottimale.
Appropriatezza e uniformità di cure cercansi. La nuova circolare anticipa la gratuità della vaccinazione dai 65 ai 60 anni per «facilitare la diagnosi differenziale nelle fasce d'età di maggiore rischio di malattia grave», raccomanda «fortemente» - in attesa di una legge che la renda obbligatoria - la vaccinazione di esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie che operano a contatto con i pazienti e gli anziani istituzionalizzati in strutture residenziali o di lungo degenza (le Rsa), raccomanda la copertura per i bambini tra i 6 mesi e i 6 anni, così come già avviene gratuitamente in alcune Regioni. Come sempre accade, la programmazione deve fare i conti non solo con il federalismo sanitario che anche in occasione della pandemia ha dispiegato tutti i suoi effetti, ma anche con le carenze strutturali di un sistema sanitario che vede un territorio fortemente depotenziato sia nella rete dei dipartimenti di prevenzione sia degli ambulatori della medicina di famiglia. Con l'estate alle porte e l'autunno dietro l'angolo, il sistema vaccinale richiederebbe un colpo di reni basato su risorse dedicate - e il ministero le starebbe cercando - e su una riorganizzazione complessiva della risposta ai bisogni vaccinali. Non solo: servono tempestività e appropriatezza negli approvvigionamenti dei lotti vaccinali, perché i virus - come il dramma Covid ha dimostrato - non aspettano. Su questo fronte il fai-da-te regionale è massimo, tanto che in alcune realtà le gare non sarebbero ancora partite. Non solo: «Quest'anno - spiega Paolo Bonanni, professore di Igiene all'Università di Firenze, coordinatore di Calendario per la vita e responsabile scientifico del Flu Day "La risposta della Sanità pubblica ai tempi del Covid-19"che ha fatto il punto su priorità e prospettive - la circolare della Salute non dà indicazioni sul vaccino da preferire per gli ultrasessantacinquenni, favorendo la Babele tra le Regioni. Se è doveroso rispettare la potestà regionale nell'organizzazione dell'offerta di salute come prevede la Costituzione - afferma Bonanni - vanno però ripensati i criteri per ottenere una uniformità delle scelte che garantisca a tutti le stesse opportunità di salute». Sotto la lente in particolare c'è la mancata indicazione da parte del ministero per il vaccino trivalente adiuvato, indicata come best practice dal Calendario per la vita al di sopra dei 70 anni di età. Una scelta che concilierebbe appropriatezza clinica e di farmacoeconomia. Spiega Paolo Bonanni:
«Nelle sole Regioni Piemonte e Lombardia il range di risparmi possibili - fornendo contestualmente con maggiore probabilità una più elevata efficacia sul campo per gli anziani – oscillerebbe tra circa 361.000 euro e circa 514.000 euro se si utilizzasse il vaccino anti influenzale trivalente adiuvato, rispettivamente al di sopra dei 75 o al di sopra dei 70 anni, calcolando una copertura del 70%. E si tratta di calcoli comunque prudenziali, che considerano un costo di 30 centesimi inferiore per il trivalente adiuvato rispetto al quadrivalente (spesso è un po’ superiore). Quest’anno, come lo scorso del resto, eravamo nella favorevolissima situazione in cui il vaccino raccomandato dalle società scientifiche come più adatto per la popolazione più anziana costa pure di meno. Eppure molte Regioni non ne hanno approfittato, spendendo di più».
I dati preliminari 2019-2020 farebbero ben sperare quanto a una possibile ripresa delle coperture anti-influenzali: «I primissimi riscontri dalle Regioni parlano di coperture superiori al 60% - afferma Antonino Bella a capo del sistema di sorveglianza InfluNet Iss - e la vaccinazione è più che opportuna visto che l'influenza colpisce ogni anno dal 4 al 15% della popolazione e che sono tra i 2,4 milioni e gli 8,5 milioni i casi di sindrome simil influenzali che ci vengono notificati. Nella passata stagione è stato colpito il 13,1% della popolazione per un totale di 7,6 milioni di casi. Vaccinare - anche i bambini che sono il principale veicolo - significa poi ridurre le complicanze nei soggetti a rischio e gli accessi al Pronto soccorso, sgravando le strutture anche di fronte al rischio di una ripresa del coronavirus», conclude Bella.
Distretti e Mmg protagonisti, ma... «Siamo certi, visto anche l'andamento della pandemia a livello mondiale, che una seconda ondata in Italia ci sarà». Non ha dubbi Claudio Cricelli, presidente della Società di Medicina generale Simg, che denuncia come «il rapido ritorno alle modalità organizzative precedenti l'epidemia non è assolutamente compatibile con quanto invece dobbiamo prepararci ad affrontare. La Fase 3 comporterà una riorganizzazione anche in vista della prossima campagna anti-influenzale, che non sarà "normale": stimiamo infatti un impatto fino a 4mila accessi per studi con 3-4 medici». Da qui la scelta di diffondere sia le "Istruzioni" per la campagna vaccinale sia delle schede pratiche di comportamento e di gestione degli studi, ad accessi contingentati e con regole ferree in fatto di dispositivi di protezione personale. «Fronte su cui per mesi - torna a denunciare Cricelli - noi medici di medicina generale siamo stati completamente abbandonati».
E i distretti? «Abbiamo affrontato il Covid dopo aver subito in Italia un taglio di 6mila operatori e dopo la cancellazione in alcune Regioni del Dipartimento di Sanità pubblica - afferma Antonio Ferro, direttore del Dipartimento di prevenzione Apss Trento e vice presidente della Siti -: in silenzio abbiamo svolto un ruolo multi-tasking, dal rapporto con la medicina di famiglia all'esecuzione dei tamponi diagnostici alla fornitura dei protocolli operativi. Ora si tratta di ripartire facendo sì che l'attuale fase di cambiamento possa aprire anche una opportunità senza precedenti di ripensamento dei servizi sanitari e di vera innovazione. Il presupposto è investire sul territorio e in particolare su personale, dispositivi e tecnologie e ricerca. La prossima campagna anti-influenzale potrà essere un banco di prova, di cui ci candidiamo a diventare perno e hub in un'ottica di integrazione con i servizi vaccinali del territorio».


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