Aziende e regioni

Modena, l'azienda ospedaliero-universitaria scommette su territorio, innovazione e ricerca

di Alessandra Ferretti

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Integrazione con l'azienda territoriale, equipe in movimento su ospedali e case della salute, potenziamento del rapporto con l'Ausl - Irccs di Reggio Emilia e rafforzamento ulteriore della collaborazione con l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Questo è il programma a lungo termine di Claudio Vagnini, appena nominato nuovo direttore generale dell'Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, che da gennaio 2019 comprende, nell'ambito della sua struttura, sia il Policlinico di Modena che l'Ospedale Civile di Baggiovara (MO).
Direttore di quattro diversi distretti sanitari modenesi dal 2000 al 2016, quindi direttore generale dell'azienda sanitaria di Ferrara, oggi Vagnini guida una struttura che conta 1.108 posti letto e oltre 3.650 dipendenti e accoglie 46.430 ricoveri e circa 25.000 interventi chirurgici all'anno.

"Per dimensione e volumi rappresentiamo, dopo il Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, la seconda azienda ospedaliero - universitaria dell'Emilia Romagna – riferisce Vagnini –, struttura di terzo livello, sede delle scuole di specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia di UniMoRe, polo di ricerca di livello nazionale e internazionale. Oggi è venuto il momento di impegnarci ancora più efficacemente perché l'AOU accresca ulteriormente il suo ruolo di punto di riferimento per tutta la provincia di Modena e, perché no, un domani, sia anche il motore di una sorta di "Area Vasta sanitaria". Questo può accadere, da una parte, grazie alla presenza di un Ateneo con due sedi e con un desiderio di sviluppo e crescita molto forte, dall'altra, per la nostra volontà di collaborare sempre più efficacemente con Reggio Emilia con la quale condividiamo, appunto, l'Università".

È di pochi giorni fa l'ottava esperienza di trapianto di rene da donatore vivente, eseguito mediante prelievo robotico negli ultimi 11 mesi da parte dell'equipe della Chirurgia dei Trapianti guidata da Fabrizio Di Benedetto, Direttore della Struttura complessa di Chirurgia Oncologica Epato-Bilio-Pancreatica e Chirurgia dei Trapianti di fegato all'AOU di Modena e professore all'Università di Modena e Reggio. "La chirurgia robotica – sottolinea Vagnini – è uno dei punti di eccellenza su cui continueremo ad investire (è di pochi giorni fa la notizia che la Regione Emilia Romagna doterà anche il Policlinico di Modena della piattaforma robotica, ad oggi detenuta soltanto all'ospedale civile di Baggiovara, ndr). Siamo rassicurati dal fatto che l'assessore regionale Raffaele Donini condivida le nostre stesse attenzioni riguardo allo sviluppo della robotica, attività che spazia dai trapianti alla chirurgia generale, a quella oncologica, addominale, renale, alla tiroide, al testa-collo, solo per citare alcuni settori in cui può efficacemente essere impiegata".

Un settore altrettanto importante per Modena è quello oncologico, sia sul piano assistenziale che su quello della ricerca. Proprio nei giorni scorsi, il Direttore della Struttura complessa di Oncologia dell'Azienda Ospedaliero - Universitaria di Modena, Massimo Dominici, professore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantili e dell'Adulto di UniMoRe, è stato invitato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a far parte del gruppo internazionale di esperti incaricati dell'International Pharmacopoeia and Pharmaceutical Preparations, organismo scientifico dedicato alla valutazione di nuovi farmaci e, sulla base delle caratteristiche, alla definizione dei loro nomi in quanto principi attivi.

"L'integrazione tra chirurgia e robotica – sottolinea Vagnini - è una grande risorsa per la cura di alcuni pazienti oncologici. Esiste una commistione virtuosa tra la chirurgia plastica e le chirurgie che producono danni estetici importanti". Poi il direttore cita "l'attività internistica dove la gastroenterologia, la pneumologia, la dermatologia e tutti i settori che seguono le terapie sub- ed intensive rappresentano buona parte della storia sanitaria della città. A questo si aggiunge il patrimonio della chirurgia ortopedica, della chirurgia della mano e le eccellenze su spalla ed altre articolazioni importanti, settori per cui la sanità modenese brilla di luce propria".

E il futuro? "Intendiamo integrarci (anche come obiettivo dato dalla Regione) – risponde Vagnini - con l'azienda territoriale in modo definitivo, per fare in modo che l'attività che svolgiamo come hub provinciale possa essere spalmata sul territorio. Stiamo pensando, nella fattispecie, ad équipe di professionisti in movimento, che si spostino nelle sale operatorie o negli ambulatori degli ospedali e nelle case della salute di tutta la provincia modenese".

Per "l'azienda del futuro", un passo importante sarà realizzare tutto questo mantenendo un contatto diretto con la comunità: "Quello della comunicazione in sanità è un problema molto serio che lamento da molti anni", aggiunge Vagnini. "Uno dei modi per fare assistenza è comunicare. Se non si è capaci di farlo si creano difficoltà serie nel rapporto tra operatore e paziente. In questo senso, per creare un contatto diretto con la collettività, è necessario rendersi ancora più visibili trasmettendo al meglio i contenuti, da quelli della clinica a quelli della ricerca scientifica".

Al momento, però, bisogna fare i conti con l'emergenza sanitaria in corso. "Abbiamo incrementato i posti di terapia intensiva, che ad oggi sono 150 a disposizione della popolazione modenese (circa 200mila persone a Modena e altre 500mila in provincia, ndr)", spiega il direttore. "Con gli ultimi 48 aggiunti abbiamo fatto un salto di qualità importante. Nella prima fase della pandemia siamo arrivati a 103 ricoverati in terapia intensiva. Oggi abbiamo la possibilità di seguirne una cinquantina in più. Abbiamo incrementato la popolazione lavorativa negli ultimi mesi di quasi 400 unità tra infermieri, medici e tecnici".

"Ma non basta avere a disposizione letti in terapia intensiva", precisa ancora il direttore generale, "È anche nostro dovere di professionisti tenere le persone in allerta riguardo alle condizioni attuali della situazione sanitaria. Vale a dire, far loro assumere gli atteggiamenti corretti per evitare il contagio, far utilizzare tutti i presidi, escludendo il ricorso al pronto soccorso per casi risolvibili altrimenti, in una parola, fare in modo che il sistema possa proseguire nella sua attività normale. Se le persone non comprendono questo, rischiano di intasare gli ospedali e di bloccare tutto il sistema assistenziale".


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