Aziende e regioni

L’ecosistema della salute alla prova dello stress test imposto dal Covid-19

di Vincenzo Atella *

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24 Esclusivo per Sanità24

Il mese di marzo del 2020 rimarrà nella storia universale come una data spartiacque tra due diverse visioni del mondo e della vita: quella prima e dopo la pandemia della Covid. Un’esperienza simile è stata vissuta a livello mondiale 102 anni or sono, quando un’altra grossa pandemia colpì il mondo procurando un numero enorme di vittime, probabilmente superiore a quello dei due conflitti mondiali del XX secolo. La differenza a nostro favore tra allora e oggi è che oggi abbiamo maggiori conoscenze e scelte terapeutiche che possono aiutarci ad attenuare l’impatto sulla salute della popolazione. Di contro, a nostro svantaggio abbiamo che oggi rispetto a ieri il mondo è più interconnesso e globalizzato e ciò implica che il contagio si muove molto più velocemente, sia all’interno dei paesi, sia tra Paesi. Tutto ciò rende il fattore tempo una variabile fondamentale: bastano quindi pochi giorni di ritardo nel prendere decisioni che il numero dei contagiati aumenta esponenzialmente. E i sistemi sanitari in tutto il mondo si sono dimostrati in gran parte impreparati e non attrezzati per gestire una pandemia in rapido movimento.
La pandemia è arrivata in un momento in cui il Ssn italiano (così come quello degli altri paesi più industrializzati) aveva bisogno di un radicale ripensamento nella sua logica di funzionamento complessivo, anche alla luce dei profondi cambiamenti che negli ultimi anni hanno attraversato il settore. Come già ampiamente illustrato nel Rapporto della Fondazione Farmafactoring del 2019, il nostro Ssn sta cambiando rapidamente pelle, trasformandosi sempre di più in un ecosistema, ovvero un sistema complesso che interagisce con altri sistemi complessi, le cui regole di ingaggio e di gestione si modificano con una velocità che non è più quella di un tempo. Un sistema complesso che consideri in modo integrato le fasi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione deve essere ripensato soprattutto in questo periodo di forti e rapidi cambiamenti di conoscenze, tecnologie, assetti istituzionali, comportamenti politici, valori sociali, dinamiche dell’economia. Senza un ripensamento si rischia l’ineluttabile ma continuo logoramento, almeno per l’Italia, dei principi sui quali il sistema è stato fondato ed è stato articolato nel 1978.
La pandemia che stiamo vivendo non ha fatto altro che imporre un enorme stress test al sistema e alle sue modalità di dare risposte alla popolazione dei suoi assistiti. Abbiamo provato, quindi, a raccontare queste cose spiegando che l’ecosistema è composto da tanti stakeholder, e come essi hanno reagito a questo shock improvviso e assolutamente inatteso.
Nel suo complesso il Rapporto 2020 "Sanità in controluce" di Fondazione Farmafactoring realizzato con il contributo di Censis e di Cergas, ha analizzato tre punti principali: i) il contesto di fondo con i numeri relativi agli aspetti sanitari, sociali ed economici dovuti all’emergenza; ii) in che modo durante lo stress test gli attori preposti a fornire assistenza sanitaria si sono comportati e come l’offerta sanitaria si è evoluta; iii) come la domanda di servizi da parte dei cittadini si è manifestata e quale è stato il connesso livello di gradimento. Relativamente ai punti ii) e iii) le informazioni sono state raccolte attraverso opportune indagini condotte tra i responsabili delle aziende sanitarie italiane e su un campione di individui rappresentativo a livello nazionale. Queste informazioni sono state ulteriormente contestualizzate grazie all’enorme mole di dati che in questi mesi è stata raccolta su tanti fronti. In merito al punto ii) è stata condotta un’analisi sulle direzioni strategiche delle aziende sanitarie pubbliche per indagare sulle loro scelte in termini di management crisis, nel tentativo di capire come esse abbiano organizzato la presa in carico dei pazienti dando risposte efficaci con le risorse disponibili. Questa analisi ha permesso di avere una maggiore comprensione di quali siano stati i principali processi decisionali attivati e quali i processi di delega organizzativa utilizzati. Nel caso del punto iii) l’indagine condotta ha provato ad ottenere informazioni su come lo stress test abbia inciso sulle esperienze, opinioni e valutazioni dei cittadini, così da potenziare l’interpretazione delle reazioni del sistema sanitario alla crisi. Viene quindi analizzato a chi ci si è rivolti in caso di bisogno e quali interlocutori sono stati cercati e/o poi trovati; in che modo il tipo di informazioni e le relative modalità di diffusione delle stesse hanno giocato un ruolo nella richiesta e nell’accesso ai servizi sanitari disponibili; quali sono le valutazioni date sulle esperienze avute.
Nel complesso il Rapporto ha messo in evidenza una serie rilevante di risultati. Il primo è che il Paese ha fornito una risposta lenta e spesso inadeguata nelle primissime settimane, mentre proprio il tempo è il fattore e la risorsa chiave nella gestione di una pandemia. Quando poi il sistema ha finalmente reagito, non c’erano indicazioni già pensate e verificate su cosa fare, e tutto ha dovuto essere studiato e discusso. Né c’era una chiara catena di comando. C’è quindi stato un sovrapporsi di poteri e responsabilità fra Regioni e Governo, e una proliferazione di incarichi e comitati che hanno trasferito troppi poteri agli anelli più bassi della catena, diluendo fino all'inverosimile il problema delle responsabilità e delle gerarchie. A ciò va poi aggiunto il ruolo della comunicazione che per quasi 9 italiani su 10 ha avuto quale esito quello di confondere ancora di più.
Sul fronte della gestione operativa la principale lezione impartita dalla pandemia è stata quella di riportare all’attenzione di tutti la presenza nella sanità di due logiche di azione: la prospettiva tecnico-razionale e la prospettiva politica. Se la prima (tipicamente di derivazione sanitaria) è chiamata a inquadrare il fenomeno e a fornire chiavi di lettura, la seconda deve elaborare la visione e costruire il setting delle condizioni abilitanti. Il management dovrebbe proporre una sintesi delle due prospettive, elaborando soluzioni rapide e concretamente attuabili. Sarebbe quindi utile sfruttare l'enorme e doverosa attenzione riservata in questi mesi alla pandemia per ripensare il modo in cui gestiamo e prepariamo tali sfide, facendo tesoro di questa esperienza. E ciò non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale (o sovra-nazionale), per riconoscere la necessità di maggiori investimenti nei sistemi sanitari nazionali, soprattutto per quella parte che concerne la capacità di risposta a sfide improvvise e devastanti come quella della Covid-19. Ciò aiuterebbe anche a ridurre lo stato di ansia e preoccupazione che da oggi potrebbe albergare nell’animo di tanta parte della popolazione, soprattutto quella più fragile ed esposta.
Su questo fronte una grossa opportunità è offerta dalle risorse stanziate a favore della Sanità dal Pnrr, con una finestra temporale di circa tre anni che potrebbe aiutare a risolvere molti problemi, migliorando tanto i servizi quanto la produttività, prima che i vincoli dovuti alla situazione finanziaria del Paese tornino a farsi sentire. La digitalizzazione è un’occasione per ridisegnare il nostro sistema sanitario, riorganizzandolo intorno ai fabbisogni del paziente: evitare di offrire più cose al paziente (tanti “prodotti”), e risolvere il suo problema di salute (un “servizio”). Tutto ciò attraverso un’attività di prevenzione e formazione, in modo tale da arrivare a dover effettuare nel tempo meno interventi possibili, spendendo quindi meno. Si può partire da patologie ad alta prevalenza e spesa, come diabete o scompenso cardiaco, per poi estendere le nuove “formule di servizio” anche alle altre patologie. Per il Ssn e per i suoi assistiti, sarebbe una rivoluzione.
Ovviamente queste non sono soluzioni facili. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessaria una maggiore cooperazione tra mondi e saperi diversificati, con la multidisciplinarietà che dovrà rappresentare la nuova cultura e il nuovo modello operativo. Il sistema sanitario non potrà salvarsi da solo e non potrà salvare la società se non si pensa, per tramite dei suoi responsabili e operatori, come un ecosistema.

* Direttore scientifico di Fondazione Farmafactoring


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