Aziende e regioni

Formazione, digitalizzazione e nuovo management: i tre pilastri su cui ricostruire la sanità territoriale

di Federico Gelli *

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24 Esclusivo per Sanità24

Una volta finita la pandemia, l'auspicio è che non tutto torni come prima. C'è la necessità di un cambiamento dinamico nel governo della salute. Approfondire le criticità, decidere con coraggio e velocemente cambiare per verificare l'opportunità di queste modifiche. E, se necessario, non aver paura di cambiare ancora. A partire dalla salute del territorio. Proprio per questo, anche alla luce delle novità presenti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Next generation Eu, la Fondazione Italia in Salute ha presentato un paper dedicato alla sanità territoriale dal titolo "Casa della comunità 4.0". Il progetto rappresenta una radicale evoluzione rispetto alla "Casa della salute" introdotta ormai dieci anni fa, comprendendo un cambio culturale nella concezione e nella gestione della sanità territoriale: non più un luogo fisico ma uno spazio organizzato virtualmente.
Scendendo più nel dettaglio, da cosa cominciare per rivedere completamente l’assistenza territoriale? A nostro parere sono 3 gli asset fondamentali sui quali dover lavorare con estrema urgenza. Il primo riguarda la formazione: dobbiamo riqualificare le competenze di quei professionisti che si occupano della salute territoriale. Abbiamo bisogno in tal senso di nuovi professionisti della salute, non è sufficiente il lavoro che a oggi offrono le università. Serve una formazione nuova capace di sviluppare in loro una sensibilità e competenza spiccata su setting dell'assistenza territoriale e domiciliare. Dobbiamo imparare a curare le persone a casa superando il modello ospedalocentrico. La pandemia ci ha reso evidente l'importanza di questo passaggio.
Se alcune Asl non hanno mandato in tilt gli ospedali durante l’ondata pandemica è perché sono riuscite a organizzare modelli efficienti per curare a domicilio quei pazienti Covid a bassa intensità. E questo non deve valere solo per la pandemia. Il modello italiano della salute mentale, sin dalla fine degli anni 60, ha cercato di contaminare le competenze dei professionisti sanitari uscendo dagli ospedali e andando a casa dei pazienti difficili. Quel modello deve diventare una prassi per tutte le cronicità.
C’è poi il tema legato a tecnologia e digitalizzazione. Il secondo asset strategico riguarda la digitalizzazione del Ssn. Non possiamo parlare di tecnologia, sanità digitale e telemedicina se poi in concreto è ancora oggi estremamente raro riuscire a trovare Aziende sanitarie che riescono ad elaborare modelli performanti di cura e monitoraggio a distanza. Nel paper l’argomento viene affrontato in maniera puntuale. Dalla telemedicina al blockchain: ben venga la tecnologia in sanità, soprattutto la nuova tecnologia che ha una più facile accessibilità anche per in termini di costi, ma questa deve diventare al servizio dell’uomo. Produrre dati per lasciarli in big data non utilizzati non solo non serve ma può anche diventare pericoloso. Anche in tal senso serve un operatore formato, allora sì che la tecnologia potrà effettivamente fare la differenza. La mia idea è che dovremo arrivare a costruire un "gemello digitale" di ogni cittadino.
I primi due asset sono modelli fondamentali per affrontare la terza urgenza, quella cioè legata al nuovo management. Il governo dei processi deve diventare sempre più capace di tenere presente la complessità dei sistemi di riferimento. E la complessità è dal domicilio al territorio, fino all’ospedale per tornare al domicilio del paziente. È necessario quindi avere un management all’altezza delle nuove sfide e capace di gestire questa circolarità di azioni.

* presidente della Fondazione Italia in Salute


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