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Sardegna/ Effetto fisarmonica con la ripresa del Covid: si riducono i reparti dedicati alle altre patologie

di Davide Madeddu

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24 Esclusivo per Sanità24

Riaprono i reparti Covid e si riducono quelli destinati alla degenza non Covid. È l’altra faccia dell’emergenza provocata dal Coronavirus in Sardegna dove si continua a fare i conti con le liste d’attesa lunghe e la contrazione dei reparti utilizzare per ospitare i positivi al Covid-19. I giorni scorsi sono stati riaperti i reparti Covid all’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, convertendo unità che ospitavano altri pazienti. L’ultima operazione, con la conversione del reparto di chirurgia registra 21 nuovi posti letto Covid e Urologia (22 posti letto) . In passato a trasformarsi in reparti Covid, nello stesso ospedale, erano stati malattie infettive, pnemologia, medicina, geriatria, cardiologia e all’ex centro vaccinale. «La preoccupazione -- dice Sergio Marracini, medico epidemiologo specializzato in Igiene e Medicina Preventiva e direttore Presidio Ospedaliero Unico di Cagliari - è che questa quarta ondata sia veramente la più massiccia perché sta raggiungendo numeri che pensavamo che non potesse raggiungere». Posti che, per usare le parole dell’assessore regionale alla Sanità Mario Nieddu, riducono quelli a disposizione del reparto originario. Con l’effetto di una contrazione che si riverbera sull’intero sistema. Come succede all’ospedale Binaghi, dove ha sede il centro di eccellenza per la cura e lo studio della sclerosi multipla. La struttura, a partire da novembre è stata divisa in due parti. In una è rimasto il centro per la cura della Sm, nell’altra è stato attivato un reparto Covid e una terapia intensiva dedicata. Una situazione finita al centro di diverse interrogazioni in Consiglio regionale e di diversi appelli delle associazioni che si occupano della tutela dei diritti dei pazienti. Il centro segue 5.000 dei 7.000 pazienti sardi. Una situazione preoccupante anche alla luce del fatto che la Sardegna è la regione con la maggiore incidenza della patologia che colpisce il sistema nervoso centrale: a fronte di 198 casi per 100 mila abitanti stimati a livello nazionale, nell'isola se ne contano 370. I pazienti sono quindi costretti a spostarsi dal Binaghi a un altro ospedale (il Businco) dove vengono somministrate le terapie.
A Sassari l’Aou ha predisposto un ordine di servizio per gestire gli elevati accessi e la "temporanea chiusura della clinica medica". «È prevista - scrive l’azienda in una nota - la possibilità di delocalizzare i pazienti in altri presidi ospedalieri quindi evitare la inappropriatezza nel ricovero e la possibilità di ripartire i ricoveri, in maniera equa, tra la Medicina interna, la Geriatria, la Patologia medica, la Medicina d’urgenza e la Nefrologia. La direzione sanitaria, inoltre, ha previsto la temporanea possibilità di appoggi in Lungodegenza e in Oncologia».
Complessivamente i posti per la degenza in Sardegna sono 1.602, attualmente le persone ricoverate sono 230. I posti in terapia intensiva sono 204 più altri 16 attivabili. Attualmente le persone ricoverate in terapia intensiva sono 24.
Per Massimo Temussi, confermato commissario straordinario dell’Ats (l’Azienda unita per la tutela della Salute in Sardegna) l’effetto "fisarmonica" è legato all’andamento della curva dei contagi. «Dall’anno scorso abbiamo acquisito una certa esperienza per affrontare l’emergenza - dice - e abbiamo lavorato creando strutture dedicate. I reparti che vengono riconvertiti, ora sono sei, possono tornare alla loro funzione nell’arco di 24 ore, dipende tutto dall’andamento della curva che sta comunque scendendo». Per il commissario dell’Ats il problema, più che dei posti letto, riguarda il personale. «Entro l’anno andranno in pensione circa 800 persone - aggiunge - se consideriamo che la media dei pensionamenti è sempre stata di 200 all’anno».
Intanto proprio in questi giorni si sono svolte delle riunioni tecniche con i delegati dell’unità guidata dal generale Figliuolo per valutare "possibili ed eventuali" allestimenti di terapie intensive mobili, seguendo il modello adottato a Milano.
Quanto alle liste d’attesa la Regione ha stanziato sei milioni di euro per la riduzione dei tempi anche con il coinvolgimento dei privati.


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