Aziende e regioni

Terapia della psoriasi, servono accessibilità e appropriatezza

di Luigi Naldi *, Vincenzo Lolli **

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Valentina, una donna di 26 anni, si presenta nell’ambulatorio del dermatologo con la pelle di cuoio capelluto, gambe e braccia ricoperta da placche ben demarcate, arrossate, ispessite, con scaglie argentee che si desquamano. Soffre di psoriasi a placche moderata-grave, una malattia che è riuscita a tenere sotto controllo per un po’ di tempo con trattamenti topici e fototerapia. Ma ora la patologia ha rialzato la testa e lo specialista deve ricorrere a una terapia sistemica, che contempla varie opzioni tra cui metotrexato, acitretina, ciclosporina, fotochemioterapia con 8-metilossipsoralene e raggi ultravioletti di tipo A (Uva), apremilast, dimetilfumarato. Quest’ultimo è un composto dell’acido fumarico che agisce bloccando la produzione di citochine proinfiammatorie. Utilizzato in Germania dal 1995 per questa indicazione, nel 2017 è stato approvato dall’European medicines agency (Ema) e nel 2019 dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), che ha dato il via all’impiego anche nel nostro Paese.
Il Pasi si riduce
La sicurezza e l’efficacia della molecola sono state dimostrate da varie ricerche. Un’analisi pubblicata nel 2016 sul British Journal of Dermatology, che ha incluso 68 studi sugli esteri dell’acido fumarico per un totale di 449 pazienti con psoriasi, ha evidenziato che i punteggi medi del Pasi (Psoriasis area severity index) sono diminuiti del 42-65% dopo 12-16 settimane di trattamento. Inoltre, lo studio randomizzato controllato di fase 3, pubblicato nel 2017 sulla medesima rivista e condotto su 671 assistiti, ha dimostrato una diminuzione del Pasi nel 40% dei pazienti trattati con dimetilfumarato e nel 15,3% di quelli a cui è stato somministrato il placebo. In precedenza, uno studio tedesco retrospettivo di real world evidence pubblicato nel 2009 sul Journal of the German Society of Dermatology e realizzato sempre su 671 pazienti ha mostrato che la malattia era migliorata nel 67% dei casi dopo sei mesi di trattamento, nel 78% dopo 24 mesi e nell’82% dopo 36 mesi. La riduzione del Pasi, disponibile per 107 assistiti, è stata del 79%.
Dosaggio flessibile
Nel 2018 un gruppo di dermatologi europei ha stilato un consensus report pubblicato sul Journal of the European academy of dermatology and venereology (Eadv), nel quale sono state evidenziate altre caratteristiche della molecola. In particolare, il documento sottolinea che lo stay on therapy persiste a lungo termine e che il farmaco non presenta problemi di interazione con altri medicinali ed è privo di effetto immunosoppressivo, scongiurando così l’aumentato rischio di infezioni e neoplasie. L’assunzione per via orale consente una facile gestione terapeutica e la flessibilità nel dosaggio permette la personalizzazione in base alle necessità del paziente. In particolare, la dose iniziale è di 30 milligrammi al giorno da aumentare ogni settimana fino alla dose massima di 720 milligrammi. I possibili effetti indesiderati, tra cui si annoverano soprattutto disturbi gastrointestinali, rash cutaneo, riduzione dei linfociti, sono di solito lievi e comunque non tali da pregiudicare la prosecuzione del trattamento.
Un risparmio di 14 milioni di euro
In virtù di queste caratteristiche e della prolungata efficacia, il dimetilfumarato è in grado, rispetto ad altre terapie di prima linea, come acitretina, metotrexato e ciclosporina, di posticipare l’impiego dei farmaci biologici, utilizzati nel trattamento di seconda linea. Il che è un bene per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, visto che questi ultimi presentano un costo elevato, solo parzialmente eroso dall’ingresso sul mercato dei relativi biosimilari.
L’impatto sul bilancio delle varie molecole è stato valutato da un modello economico presentato al convegno dell’International society for pharmacoeconomics and outcomes research (Ispor) Europe, che si è tenuto nel novembre del 2020 in modalità virtuale. La ricerca ha valutato, nell’arco di tre anni, i costi di un ipotetico gruppo di pazienti con psoriasi da moderata a grave, includendo mille pazienti il primo anno, duemila nuovi pazienti il secondo anno, tremila nuovi pazienti il terzo. Si è ipotizzato che gli assistiti avessero ricevuto una terapia di prima linea con dimetilfumarato o metotrexato o ciclosporina e che, sulla base dei dati del registro Psoreal, fossero rimasti in trattamento rispettivamente per 28,1, 8,9 e 7 mesi, prima di passare alla terapia di seconda linea. Il risparmio per il servizio sanitario, ottenuto grazie all’uso di dimetilfumarato rispetto a metotrexato e ciclosporina è stato di 14.726.082 euro nei tre anni, in particolare di 122.512 euro il primo anno, 4.431.860 il secondo, 10.171.711 il terzo.
Un’esperienza da replicare
A fronte di questi dati, ci sono poi le concrete esperienze dei singoli territori, spesso difformi tra loro. Nello specifico, il dimetilfumarato, collocato in classe A nel Pht (Prontuario ospedale-territorio), in molte regioni è prescrivibile solo nei Centri di riferimento e viene erogato tramite la distribuzione diretta. Un percorso che rischia di complicare l’approvvigionamento da parte del paziente, costretto a recarsi in tali strutture per ricevere il medicinale. Ciò favorisce la mancata aderenza al trattamento e il precoce abbandono della terapia. Diverso è il caso del Veneto, che punta a rendere capillare ed efficiente la medicina territoriale anche in ambito dermatologico, offrendo un servizio di prossimità al cittadino e decongestionando, nel contempo, le strutture ospedaliere. In quest’ottica, è la prima regione a dare la possibilità anche ai dermatologi che operano sul territorio di prescrivere il dimetilfumarato che viene poi erogato in distribuzione per conto, consentendo così al paziente di reperirlo anche nella farmacia vicina a casa. A queste norme se ne aggiungono altre mirate a favorire l’impiego appropriato dei farmaci biologici e biosimilari in seconda linea da parte dei Centri di riferimento. Un documento di indirizzo regionale, stilato nell’ottobre del 2019 da un gruppo di esperti, approvato dalla Commissione tecnica regionale farmaci e recepito dal decreto numero 142 del 18 dicembre 2019, fornisce varie raccomandazioni in proposito, specificando che biologici e biosimilari devono essere impiegati qualora la malattia non regredisca, nonostante un trattamento di almeno tre mesi con un farmaco di prima linea. Per poter analizzare in modo comparativo le modalità prescrittive dei vari Centri, la prescrizione di tali medicinali è soggetta alla compilazione di una scheda terapeutica informatizzata. Requisiti per l’eleggibilità al trattamento sono Pasi (Psoriasis area severity index) superiore a 10 e Bsa (Body surface area) maggiore del 10% oppure Pasi inferiore a 10 e Bsa minore del 10% associati a gravi lesioni in aree critiche, come viso, mani, piedi, genitali. Inoltre, ogni sei mesi i direttori sanitari, di concerto con i direttori delle unità operative di dermatologia e con i direttori della farmacia, effettuano una verifica su vari indicatori, tra cui il numero di pazienti trattati con farmaco biologico rispetto al totale dei pazienti trattati. Così è possibile effettuare un attento monitoraggio, coniugando appropriatezza e sostenibilità.
Un esempio virtuoso, quello veneto, che potrebbe costituire un modello per altre regioni, al fine di uniformare la prescrizione e l’accesso al dimetilfumarato sul territorio nazionale. A vantaggio del paziente e di tutto il servizio sanitario.

* responsabile dell’unità operativa complessa di Dermatologia dell’ospedale San Bortolo, Aulss 8 Berica, Vicenza
** direttore dell’unità operativa complessa di Farmacia dell’ospedale Santa Maria Regina degli Angeli, Azienda Ulss 5 Polesana


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