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Finalmente la terapia cellulare. Con le Cart-T nuove conquiste e nuove sfide

di Emanuele Angelucci *

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Sin dagli anni 50 del secolo scorso si è cercato di utilizzare le cellule per combattere i tumori. La storia è iniziata con il trapianto di midollo osseo allogenico (il primo in Italia è stato eseguito dalla équipe del Prof Marmont il 16 aprile del 1976 al San Martino di Genova). Il trapianto di midollo osseo non è soltanto, come nel trapianto di un altro organo, la sostituzione di un organo o tessuto che non funziona ma anche l’introduzione nell’organismo di cellule provenienti da un altro essere umano depositarie dell’effetto immunologico e pertanto capaci di riconosce le cellule estranee (non-self) e di combatterle. Questo effetto si chiama “graft versus leukemia” o trapianto contro la leucemia e ha permesso di guarire migliaia di pazienti. Ma un effetto positivo porta quasi sempre anche effetti collaterali: in questo caso si tratta della non selettività del riconoscimento del bersaglio di queste cellule che possono riconoscere come “non-self” anche cellule normali dell’organismo umano generando la reazione chiamata “graft versus host disease” o malattia del trapianto contro l’ospite che è la complicanza più frequente del trapianto allogenico.
Per anni la ricerca ha cercato di individuare quali fossero le cellule capaci di attaccare il tumore e con che meccanismo lo potessero fare per far sì che l’effetto fosse mirato, “intelligente” e amplificato. Ora finalmente, dopo anni di avanzamenti (e anche di tanti fallimenti), questo obiettivo è stato raggiunto con le cellule CAR-T.
Car-T è l’acronimo derivato dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor-T”. Sono linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi responsabili, non da soli, della difesa del nostro organismo dalle malattie. Quando si sviluppa un tumore significa che esso è sfuggito al controllo immunologico e che l’organismo non è più in grado di controllarlo/eliminarlo. Le cellule Car-T sono linfociti T modificati con tecniche di ingegneria genetica che conferiscono loro la capacità di riconoscere il tumore. Perché questo effetto sia possibile e mirato le cellule devono essere in grado di riconoscere un bersaglio presente possibilmente solo sulle cellule tumorali Al momento questa tecnica è disponibile per i tumori linfoidi che esprimono un determinato antigene (il bersaglio), ma molti studi sono in corso per espanderne l’applicazione ad altri tumori.
Le Car-T sono una terapia innovativa che mette insieme in un unico risultato terapeutico clinicamente efficace diversi concetti e temi di ricerca: la terapia cellulare (si usano le cellule come farmaci), la terapia personalizzata (è il paziente stesso che fornisce la materia prima), la terapia genica (si modifica il genoma delle cellule) e la immunoterapia (si esalta la capacità immunologiche dell’essere umano per combattere il tumore).
Le Car-T richiedono una complessa preparazione che ha inizio con il prelievo di cellule dal sangue del paziente che vengono poi separate dal resto delle cellule sanguigne e dal plasma attraverso una tecnica chiamata aferesi. I linfociti vengono poi spediti nei laboratori deputati al processo di ingegnerizzazione secondo un rigido protocollo di controllo di qualità.
Una volta in laboratorio, all’interno dei linfociti viene introdotto il recettore per l’antigene CAR (appunto Chimeric Antigen Receptor) capace di riconoscere le cellule tumorali: le cellule così ottenute esprimono sulla propria superficie il recettore che individua l’antigene bersaglio. Non basta però il riconoscimento del bersaglio (capacità nota da tempo) ma ora è stata anche inserita, sempre con tecniche di ingegneria molecolare, anche la capacità di espandere enormemente la risposta anti tumore. Ciò ha fatto si che si sviluppasse una efficacia clinicamente significativa capace di produrre un beneficio clinico.
La procedura di preparazione delle cellule ha una durata di circa 4 settimane, trascorse le quali i linfociti Car-T vengono spediti congelati al centro clinico e possono essere infusi al paziente. Da qui uno dei problemi che i medici devono risolvere. Al momento dell’indicazione e dell’invio delle cellule il paziente presenta una malattia neoplastica attiva in fase avanzata per cui nei 30-40 giorni che sono necessari per praticare l’infusione è necessario contenere il tumore senza nel frattempo deteriorare lo stato clinico del paziente. Ciò non è facile e non sempre possibile.
Come sempre per ogni nuova terapia particolarmente se presenta nuovi meccanismi di azione sono possibili nuovi effetti avversi che devono essere compresi e gestiti. In questo caso i ricercatori clinici si sono trovati di fronte a due fenomeni almeno parzialmente nuovi: la sindrome da rilascio di citochine denominata CRS dall’acronimo inglese “cytokinesne release syndrome” e la tossicità neurologica denominata ICANS dall’inglese “immune effector cell-associated neurotoxicity syndrome”. Mentre della seconda sindrome non sono ancora ben compresi i meccanismi, la prima è dovuta essenzialmente alla grande attività anti-tumore e alla morte improvvisa di moltissime cellule tumorali. Questi effetti che possono verificarsi in forma grave fino al 30% dei casi tanto che alcuni pazienti possono necessitare di terapie intensive, sono stati oggi meglio compresi e sono risolvibili se immediatamente riconosciuti e trattati. Grazie alle misure introdotte dai clinici e confermate dalle autorità regolatorie (trattamento all’interno dei centri trapianti allogenici, monitoraggio costante secondo parametri prestabiliti, disponibilità posto in terapia intensiva, costituzione di un team multi-disciplinare per la gestione clinica - il CAR-T team, ecc) oggi la gestione clinica è diventata fattibile se non routinaria e nell’ultimo periodo non si sono più verificati eventi fatali dovuti esclusivamente alla terapia.
L’Irccs Ospedale Policlinico San Martino dispone di un Car-T team composto da medici ematologi esperti in trapianto di cellule staminali, neurologi, cardiologi, infettivologi, anestesisti, medici di medicina trasfusionale e farmacisti specializzati nel gestire le tossicità derivanti da CAR-T; due team di infermieri professionali, di cui uno esperto in aferesi e uno dedicato esclusivamente alla gestione del paziente Car-T.
Oggi in Italia sono abilitati alla terapia Car-T poco più di 20 centri non uniformemente distribuiti nel territorio nazionale per le seguenti indicazioni:
•pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivato o refrattario a due o più linee di terapia;
•pazienti pediatrici e adulti fino ai 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta a cellule B refrattaria, in recidiva post-trapianto o in seconda o ulteriore recidiva;
•pazienti con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B;
•pazienti con linfoma a grandi cellule B correlato a virus Epstein-Barr recidivato o refrattario a due o più linee di terapia.
Nei pazienti con linfoma la terapia è registrata fino ai 70 anni di età.
Al momento, in queste condizioni avanzate di malattie, la terapia con cellule CAR-T ottiene circa il 40% di guarigioni. Questo risultato deve essere ritenuto un primo grande successo in quanto questi pazienti sono in una fase di malattia senza ulteriori opzioni terapeutiche curative. Come spesso in medicina una volta che si dimostra l’efficacia clinica in fasi avanzate di malattia si passa a fasi più precoci. Sono stati recentemente presentati i risultati di sperimentazioni cliniche su centinaia di pazienti con linfoma a grandi cellule B trattati dopo il fallimento di una sola linea di terapia con risultati estremamente promettenti. È noto infatti che in fasi più precoci la malattia è meno resistente alla nuova terapia e l’organismo è meno deteriorato dalla malattia stessa e dalle terapie precedenti.
Sono di prossima introduzione in Italia l’indicazione per il mieloma multiplo, per il linfoma mantellare, per i linfomi indolenti e la leucemia linfatica acuta B oltre i 25 anni di età. Tutte queste indicazioni saranno, per ora, in fase avanzata di malattia. Deve essere citato che molte se non tutte queste indicazioni sono oggi attive in altri paesi.
La ricerca va avanti e si ha la chiara sensazione di essere solo all’inizio di una nuova era. Tanti sono gli sviluppi in corso: utilizzo di altre cellule oltre i linfociti T, costruzione di recettori per altri bersagli e per bersagli multipli in modo da estendere le indicazioni, utilizzo di cellule da donatore per accorciare i tempi di preparazione, processi di velocizzazione della produzione e tanti altri che non è possibile citare qui.
Ovviamente questa forma di terapia personalizzata porta anche a problematiche economiche. Se da un conto il valore è ben chiaro e aumenterà con il progresso tecnico e clinico e il costo deve tenere conto di anni di ricerca infruttuosa e della personalizzazione il prezzo rimane un rilevante problema per la sostenibilità del sistema specie in considerazione dell’espansione dei numeri che seguirà alle nuove indicazioni. Oggi questi prodotti di terapie cellulare hanno un prezzo di base che supera i 300mila euro a prodotto. Un altro aspetto rivoluzionario con cui le aziende sanitarie dovranno confrontarsi sono le nuove forme di pagamento che proprio in questa occasione sono state introdotte. Il prodotto viene rimborsato con meccanismi definiti “by result” o “at result” cioè frazionato in varie tempistiche a seconda del risultato ottenuto. Nonostante questa innovazione il tema del prezzo e della disponibilità delle risorse dovrà essere affrontato e sarà un’ulteriore grande sfida per avere nel prossimo futuro una larga ed equa disponibilità di queste fantastiche e nuove terapie.

* Direttore Centro Trapianti di cellule staminali dell'Ospedale Policlinico San Martino - Irccs


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