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Malattie rare, dal 5° Rapporto Ossfor 5 proposte per l'impiego del Pnrr

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Dare suggerimenti per una messa a terra del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che tenga conto dei bisogni dei malati rari, supportati da stime attendibili sul numero appunto dei malati rari in Italia, della loro distribuzione per sesso, età e gruppi di patologia, dei trend di spesa per farmaci e prestazioni, tenendo in considerazione anche l’impatto della pandemia: queste le principali direttrici seguite nel 5° Rapporto Annuale di Osservatorio Farmaci Orfani-Ossfor, il primo centro studi e think-tank dedicato allo sviluppo delle policies per la governance e la sostenibilità nel settore delle malattie rare nato da una iniziativa del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità) e della testata Osservatorio Malattie Rare (Omar).
Stando al Rapporto, e considerando i dati disponibili per gli anni 2018-2020 riferiti a Lazio, Lombardia e Toscana, si può stimare una prevalenza di soggetti portatori di almeno una esenzione per malattia rara, compresa tra lo 0,65% e lo 0,76% della popolazione, con la Regione Lombardia sull’estremo superiore: in totale circa 400.000 pazienti esenti per malattia rara in Italia. Si tratta di una cifra che pur non essendo esaustiva di tutti i malati rari – perché alcuni di questi privi di codice di esenzioni, privi di diagnosi definitiva o, magari, già esenti per reddito – rapporto dopo rapporto si avvicina sempre di più al reale, grazie anche all’ampliamento della lista delle malattie rare esenti operato a livello nazionale.
Le malattie rare colpiscono in misura superiore le donne, con una prevalenza dello 0,81% rispetto al 0,69% degli uomini, anche se i dati dimostrano che ad assorbire maggiori risorse economiche sono, invece, gli uomini che assorbono il 53,7% delle risorse contro il 46,3% delle donne. Per quanto riguarda la distribuzione per età si osserva una regolarità tra le Regioni analizzate con un primo picco in età adolescenziale (10 19 anni), un successivo picco nella quinta decade e poi un generale aumento in età anziane quando alla malattia rara si associano altre comorbidità: fanno però eccezione le malattie ultra rare, che sono per lo più caratterizzate da esordio infantile e spesso senza alcuna terapia e con esito infausto, e quindi con un picco assoluto nei primi anni di vita.
«Facendo un confronto con le elaborazioni degli anni passati, si conferma la loro attendibilità – ha spiegato Barbara Polistena, Responsabile Scientifico e Consigliere di Amministrazione C.R.E.A. Sanità – questo dovrebbe ormai consentire di fare una programmazione, della spesa e dei carichi assistenziali, sempre più precisa e gestibile: le malattie rare non possono più essere, dal punto di vista delle politiche sanitarie, qualcosa di inatteso e di difficilmente gestibile».
Il quadro generale delle malattie rare, insomma, ha delle tinte sempre più definite ed è ora possibile pensare alla programmazione del futuro, a partire dall’impiego delle risorse del Pnrr lungo linee progettuali che siano davvero in grado di produrre effetti reali e positivi. Per questo nel 5° Rapporto Ossfor si fa una puntuale analisi del Pnrr, delle criticità ma anche, e soprattutto, delle opportunità che questo può rappresentare. «Purtroppo – ha sottolineato Federico Spandonaro, Università Telematica San Raffaele Roma e Presidente del Comitato Scientifico di C.R.E.A. Sanità – le malattie rare, nel Pnrr, sono citate soltanto nella linea di investimento denominata ‘Valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del Ssn’: 200 milioni per malattie e tumori rari, da spendere fra il 2023 e il 2025 dopo avere espletato le relative gare. Si tratta di una cifra significativa ma, di per sé, certo non risolutiva. Nel Pnrr inoltre l’aspetto sanitario (missione 6) e quello sociale (missione 5) sono stati tenuti separati, eppure da tanti anni si parla di integrazione e sarebbe bene, nei concreti progetti di ‘messa a terra’, che questa integrazione avvenga veramente. Da valutare poi bene se alcuni strumenti proposti siano davvero utili ai malati rari: le case di comunità, ad esempio, potrebbero rivelarsi un livello intermedio tra medico di medicina generale e centro di riferimento che, se non ben delineato nelle sue funzioni, potrebbe anche rappresentare una complicanza o, peggio, un carico burocratico aggiuntivo laddove invece sarebbe estremamente importante snellire e semplificare». Al di là delle criticità però nel Rapporto sono proposti 5 suggerimenti affinché il Pnrr venga calato sulle specifiche esigenze dei mali rari e rari e si adatti ai piccoli numeri.
1. Per quanto riguarda lo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico, si propone di considerare una integrazione che lo renda sempre più un omnicomprensivo, includendo indicazioni per la gestione dell’emergenza nonché il piano terapeutico del paziente “raro”. Questo potrebbe anche renderei il Piano Terapeutico Individuale automaticamente autorizzativo e contribuire a snellire la burocrazia a carico delle famiglie. Il Fse dovrebbe insomma diventare sempre più “individualizzato” e poter dire più cose possibili su tutto il percorso del paziente.
2. Ai fini di una migliore programmazione nazionale e regionale si propone di fare un utilizzo puntuale dei dati, ormai molto completi, contenuti nei database e nei registri regionali, mettendoli tutti in comunicazione tra loro ed evitando di costruire nuove sovrastrutture a sé stanti.
3. Per quanto riguarda l’utilizzo dei Fondi individuati nel Pnrr per la ricerca, che dovranno essere allocati tramite gare, la richiesta è quella di prevedere delle procedure semplificate, sulla scorta della esperienza delle procedure in deroga messe in campo durante la pandemia, affinché questi fondi possano essere utilizzati entro il 2025 in modo efficiente e tempestivo. A tal fine sarebbe anche utile promuovere una maggiore partecipazione del mondo delle malattie rare (professionisti e pazienti in primo luogo) e della rappresentanza civica nella valutazione dei progetti. In modo particolare per la ricerca, ma in generale per l’attuazione della maggior parte dei progetti, si fa notare che non sono previste misure di integrazione tra pubblico e privato, che invece genererebbero un effetto leva finanziaria e garantirebbero sulle reali prospettive di “rendimento” degli investimenti.
4. Una particolare attenzione è posta dal Rapporto al tema dell’Assistenza domiciliare, al quale viene dedicato un intero capitolo frutto di uno studio posto in essere su 15 diverse Regioni dal Tavolo Interregionale Malattie Rare. Se l’obiettivo è quello di mantenere le persone per quanto più possibile in una condizione di autonomia, e quindi al di fuori dell’ospedale, è necessario rendere l’assistenza domiciliare sempre più forte – seguendo il trend cominciato con la pandemia – e magari far sì che anche il domicilio venga adeguato alle esigenze, anche attingendo ai fondi per l’edilizia stabiliti dal Pnrr, sia per l’adeguamento delle private abitazioni che per la costruzione di spazi di housing sociale. Questo però prevede che vi sia fin dall’inizio la volontà e capacità di mettere insieme interventi di tipo sociale (missione 5) e sanitario (missione 6). Connesso all’assistenza domiciliare è il tema del potenziamento del teleconsulto in funzione della continuità assistenziale, l’integrazione dei servizi di prossimità con il monitoraggio dei Centri di riferimento ed anche qui l’integrazione tra pubblico e privato.
5.Grazie al Pnrr sarebbe poi possibile anche procedere a un adeguamento del parco tecnologico sia prevedendo l’acquisto di attrezzature per le Advanced Therapies e comunque di altissima specialità, che di attrezzature “mobili” oltre che sviluppare la telemedicina e le pratiche di teleconsulto, che a questo punto dovrebbero anche diventare una voce di rilievo nei Pdta.


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