Aziende e regioni

Con la sentenza del Consiglio di Stato sulla gara di Estar Toscana nuovi scenari per la governance del mercato dei farmaci biologici

di Claudio Marinai *

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24 Esclusivo per Sanità24

I farmaci biologici con brevetto scaduto (biosimilari) rappresentano senza dubbio una delle novità più rilevanti dell’ultimo decennio nel mercato farmaceutico europeo e italiano. Si tratta di prodotti i cui originatori sono stati proposti sul mercato con prezzi in genere rilevanti per terapie quasi sempre specialistiche. Questi farmaci, una volta venuta meno la protezione brevettuale, soprattutto se ancora attuali dal punto di vista clinico, vedono un moltiplicarsi di Produttori sul mercato con una contemporanea caduta dei prezzi di acquisto (soprattutto se le terapie sono di esclusiva pertinenza ospedaliera e quindi con acquisti sottoposti a gare).
L’altra particolarità che contraddistingue questi prodotti è la non sostituibilità automatica al momento della dispensazione (come avviene per i cosiddetti "generici"), lasciando così inalterato il legame tra prescrittore e brand (sia esso originatore o biosimile).
Su questi prodotti ormai da più di 10 anni i tribunali amministrativi hanno emesso decine di sentenze sui vari aspetti che ne condizionano sia gli acquisti (gare) che le prescrizioni. Recentemente il Consiglio di Stato (CdS) ha respinto il ricorso di un produttore escluso da una gara della centrale unica di acquisti della Toscana (Estar) perché l’offerta era superiore alla base d’asta. Questa sentenza ha dato il via ad alcune considerazioni apparse sulle colonne di questa testata sui potenziali effetti negativi sulla concorrenza di un eccessivo ricorso a basi d’asta sempre più sfidanti da parte delle stazioni appaltanti regionali.
Tralasciando il fatto che per il farmaco in questione (adalimumab) Ema ha autorizzato ben 10 biosimilari che si vanno a sommare alla disponibilità del prodotto originatore (evidentemente la dinamica discendente dei prezzi di vendita non sembra frenare gli investimenti produttivi).
In un contesto di prezzi amministrati per le specialità medicinali rimborsabili dal Ssn e con un impedimento alla sostituibilità tra prodotti biosimili in fase di erogazione, il mantenimento di prezzi così distanti tra loro rappresenta a nostro avviso, il vero blocco alla concorrenza. Ciò produce inoltre le differenze tra le Regioni nei consumi di farmaci coperti da brevetto e loro biosimilari. Differenze che oltrepassano decisamente la soglia delle normali dinamiche di variabilità prescrittiva.
Nel tentare di supportare la teoria che prezzi decrescenti limitano la concorrenza, come se le dinamiche ormai planetarie degli investimenti nel Pharma siano condizionate da dinamiche di acquisto regionali, è stata completamente ignorata un’altra affermazione di assoluta novità, contenuta nella sentenza del CdS. I Giudici hanno infatti affermato che «nel caso in cui il medico ritenesse di dover prescrivere un farmaco escluso dalla procedura (di acquisto) opererà lo stesso meccanismo indicato per la libertà prescrittiva, ma senza oneri aggiuntivi a carico del Ssn». Ciò significa, in sostanza, che per i prodotti biotecnologici i bisogni terapeutici sono soddisfatti dall’esito delle aggiudicazioni e - ferma restando la insindacabile libertà prescrittiva del medico - i costi aggiuntivi (per esempio la differenza di prezzo di acquisto tra originatore e biosimilare aggiudicato) non devono ricadere sulla sostenibilità dei Sistemi sanitari regionali.
Questa affermazione, unita alla esclusione, per questi prodotti, della sostituibilità in fase di dispensazione del farmaco, rende particolarmente complessa la risposta alla domanda: chi paga la differenza? Questa secondo noi è la principale riflessione che scaturisce da questo pronunciamento e non presunti futuri oligopoli derivanti da prezzi di mercato in flessione, peraltro a fronte degli attuali investimenti produttivi molto rilevanti, come dimostrano le continue richieste di autorizzazione che pervengono a Ema.
È, quindi, evidente che il pronunciamento in questione apre scenari fino a oggi non immaginabili per medicinali cosiddetti "ospedalieri" con implicazioni per la sostenibilità dei vari Sistemi Sanitari Regionali, in alcuni casi estremamente rilevati (pensiamo a quei contesti dove l’uso del biosimilare rappresenta una frazione esigua dei consumi). Nello stesso momento la affermazione "non a carico del Ssn" impone un ripensamento dell’intera governance dei farmaci biologici a brevetto scaduto nel Servizio sanitario regionale.

* responsabile Politiche del farmaco della Regione Toscana


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