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D’Urso (Fiaso): via i “test ghigliottina”, facilitare l’accesso alle facoltà di medicina

di Paolo Castiglia

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24 Esclusivo per Sanità24

"La grave carenza di medici nella sanità pubblica, sempre più preoccupante sotto il profilo qualitativo e quantitativo, ci obbliga ad una riflessione importante e ad un’azione decisa: i numeri degli accessi alle facoltà di medicina, alle lauree di area sanitaria, alle scuole di specializzazione e ai corsi di medicina generale deve essere reso adeguato al fabbisogno reale del sistema sanitario nazionale".
Sono parole di Antonio D’Urso, direttore generale della ASL Toscana Sud-Est e vicepresidente nazione della FIASO (Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere). "Mai come negli ultimi due anni – sostiene D’Urso – è risultato evidente lo scollamento tra il numero di medici, ma anche di tutto il personale sanitario (infermieri, tecnici di laboratorio, di radiologia, fisioterapisti, tecnici della prevenzione...) rispetto alla disponibilità effettiva di personale. I fattori che portano a questa carenza sono fondamentalmente il blocco dell turn-over, il numero dei pensionamenti e livelli retributivi non più adeguati in relazione al forte impegno professionale richiesto quotidianamente nell’assistenza, anche a fronte di un mercato sempre più competitivo per la presenza del privato".
Questo fenomeno, tiene a precisare D’Urso "non nasce direttamente - ma è stato senz’altro reso più evidente - dalla pandemia. Stiamo all’inizio di un nuovo corso della sanità difficilissimo ma ricco di opportunità per definire e concretizzare il nuovo modo di fare sanità. Modelli organizzativi dell’assistenza che non possono essere la riproposizione delle situazioni pre-covid. Parallelamente è indispensabile la revisione dei percorsi formativi della professione medico chirurgica e per le professioni sanitarie. In questo ambito un primo punto potrebbe essere la rivalutazione dei criteri utilizzati per la definizione del numero degli studenti ammessi al primo anno, il cui contingente deve essere in rapporto all’effettivo fabbisogno di quel preciso numero di figure professionali e non in riferimento (come è adesso) a quanti posti l’università può mettere a disposizione".
Ma secondo D’Urso vi è di più: "E’ opportuno rivedere i criteri di accesso, superando l’attuale modello che prevede ill test di sbarramento iniziale, in modo tale da consentire ad un maggior numero di studenti volenterosi la possibilità di frequentare le facoltà di area medica. Un’opzione è indubbiamente rappresentato dal modello francese che non prevede un test iniziale, ma un percorso di valutazione con sbarramento al primo anno per gli studenti che non hanno superato una soglia predefinita di rendimento. Un altro elemento da attenzionare è l’accesso alle scuole di specializzazione, dove da qualche anno si è registrato un aumento del numero dei posti disponibili e questo è sicuramente positivo. Probabilmente va implementato il ruolo delle strutture ASL all’interno dei percorsi formativi universitari per l’apporto di esperienza sul campo dei medici che operano nel SSN e va incentivata l’iscrizione alle scuole di specializzazione a minore valore attrattivo per i giovani medici".
In particolare la situazione è sempre più difficile per le emergenze: secondo il Centro studi e
ricerche Simeu, della Società Italiana di Medicina d’urgenza, oggi mancano all’appello circa 4.000 medici, che rappresentano più o meno il 30% della struttura organica necessaria per far funzionare adeguatamente i pronto soccorso. Solo negli ultimi due anni, dall’inizio della pandemia, la perdita netta complessiva è stata di circa 2.000 medici. In realtà il depauperamento degli organici di pronto soccorso viaggia oggi – sempre secondo la rilevazione del Centro studi - a un ritmo ancor più veloce. I dati a disposizione per ora indicano che ogni due professionisti che abbandonano la medicina viene trovata una sostituzione solo per uno di essi.
"Ecco quindi - commenta alla fine D’Urso - che occorre assolutamente procedere rapidamente ad una ristrutturazione del sistema formativo, per assicurare un adeguato numero di specialisti, in particolare sul fronte delle emergenza".


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