Aziende e regioni

Direttore assistenziale: la governance si può rafforzare ma senza scorciatoie

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

In Emilia-Romagna alla fine dello scorso anno è stata approvata la legge regionale n. 17 del 26.11.2021 con la quale si prevede che al Direttore generale, ai Direttori sanitario, socio sanitario (nelle ASL territoriali) e amministrativo si unisca anche il Direttore assistenziale. Secondo i proponenti della legge lo scopo è quello di rafforzare la governance dei processi organizzativi, garantendo una più compiuta visione d’insieme, capace di valorizzare tutte le professionalità presenti, generando una maggior capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini. Nell’articolo pubblicato sul sito l’11 luglio scorso , si segnalava che l’innovazione, naturalmente, è stata accolta con grande entusiasmo dagli infermieri e dai tecnici sanitari attraverso gli OPI provinciali e i sindacati di categoria. Meno positiva è stata la reazione dei sindacati medici.

In applicazione di quanto previsto dalla legge, è stato pubblicato sul sito istituzionale della Regione un bando relativo alla manifestazione di interesse per l’inserimento nell’elenco degli idonei alla carica di direttore assistenziale. I requisiti prescritti nel bando erano:

a. laurea magistrale nelle classi di laurea delle professioni sanitarie;

b. attestato di frequenza al corso di formazione programmato per il conferimento dell’incarico di direttore generale, o attestato di formazione manageriale abilitante alle funzioni di direzione delle strutture complesse di cui agli artt. 15 e 16-quinques del D.Lgs. n. 502/1992 e all’art. 7 del D.P.R. n. 484/1997, o attestato di partecipazione ad altro corso di formazione manageriale di durata almeno pari ad ore 120;

c. non aver compiuto il sessantacinquesimo anno di età;

d. esperienza almeno triennale di qualificata attività di direzione, con gestione di persone e risorse, svolta in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.

I contenuti del bando hanno generato alcune polemiche, ma non mi voglio assolutamente soffermare su quelle relative alla valutazione del servizio prestato nel comparto come esperienza direzionale. Per analizzare, invece, in modo oggettivo la tematica, occorre premettere che non esiste una norma legislativa vincolante e inequivocabile perché nel decreto 502/1992 la figura del direttore assistenziale non è, ovviamente, presente e nella stessa LR n. 17/2021 la questione è alquanto flessibile. Si legge infatti nella novella apportata all’art. 3, comma 5, ultimo periodo, della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 29 che “il Direttore generale nomina il Direttore assistenziale attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inconferibilità ed incompatibilità.”. Tutto qui per quanto attiene ai requisiti generali mentre la norma prosegue precisando che “la Giunta regionale emana specifiche linee guida per definire gli ambiti di competenza e il ruolo che tali figure sono chiamate a svolgere nell'atto aziendale di cui al comma 1.” Allora, qual è la disposizione legislativa di riferimento per definire i requisiti specifici, atteso che i primi tre di quelli sopra ricordati sono identici a quelli prescritti dall’art. 3, comma 7, del decreto 502, mentre quello ex lettera d) è ben diverso sia per la quantificazione dell’esperienza maturata, sia per l’inciso “con gestione di persone e risorse” ? La norma non esiste, perché i quattro requisiti richiesti sono definiti direttamente dall’avviso pubblico approvato dalla deliberazione di Giunta regionale n. 73 del 24.1.2022. Dunque non è la legge – nazionale o regionale che sia – a definire i requisiti bensì un atto amministrativo, dacché si potrebbe dire che esigere tre soli anni di direzione non appare contra legem, semmai praeter legem.

Ma quello che voglio sottolineare - a prescindere dalla legittimità del bando che, come detto, non metto in discussione – è la valutazione strategica fatta dalla Regione Emilia-Romagna. L’art. 7 della legge 251/2000 istituì per la prima volta la figura dirigenziale e la stessa legge con l’art. 6 delegò il Governo ad adottare la disciplina concorsuale “per l’accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario”, normativa che venne definita con il DPCM 25 gennaio 2008 fissando requisiti analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza professionale, tecnica e amministrativa. Moltissime aziende nel periodo intermedio hanno reclutato i nuovi dirigenti mediante l’art. 15-septies del decreto 502/1992, ai sensi del citato art. 7. Pertanto, la riduzione dell’esperienza richiesta a soli tre anni non può essere motivata dalla ridotta platea dei candidati - all’avviso pubblico hanno risposto, comunque, 72 candidati -, perché da almeno venti anni costoro potevano aver acquisito la qualifica dirigenziale. Detto questo, torno a ripetere che la scelta appare legittima ma costituisce una sorta di vulnus alla credibilità stessa della nuova figura di Direttore aziendale perché l’aver previsto uno “sconto” di esperienza direzionale potrebbe costituire una formidabile arma di polemica per chi non ha condiviso dall’inizio la scelta politica della Giunta regionale. Gli infermieri e i tecnici sanitari da più di trent’anni cercano di affrancarsi dalle diatribe del passato imponendo la propria professionalità e il loro percorso universitario, unitamente alla loro conseguente, indiscutibile, necessaria presenza ai vertici aziendali: ma predisporre scorciatoie non favorisce la piena e inattaccabile affermazione del loro ruolo.


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