Aziende e regioni

Regioni: il vulnus delle leggi copia e incolla e dei trasferimenti senza provvedimento di riconoscimento costitutivo

di Enrico Caterini e Ettore Jorio*

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24 Esclusivo per Sanità24

Primo punto. Con la previsione costituzionale del novellato art. 117 della Costituzione è divenuto naturale ma più complicato pretendere una più attenta redazione delle leggi e una particolare cura nell’assumersi la competenza di approvarle. La legislazione concorrente (comma 3) richiede una particolare attenzione nella circoscrizione fattuale dei limiti spettanti all’esercizio del potere legislativo dello Stato e delle Regioni/Province autonome. Una considerazione che rintraccia tutta la sua verità nell’enorme contenzioso instauratosi, dal 2001 in poi, avanti la Corte costituzionale e nelle numerose sentenze della stessa intese a ripristinare la situazione quo ante garante di un corretto esercizio della potestas legislativa violata. Questo è quanto tenere nel giusto valore per determinare, nel consistente elenco delle diciannove materie, nelle quali spetta allo Stato l’adozione dei principi fondamentali e alle Regioni/Province autonome la regolazione di dettaglio.

Secondo punto. Non solo. Vi è necessità, allorquando la competenza legislativa venga rispettata, di forgiare leggi di qualità. Eh già, perché da come si scrivono le leggi dipende il loro esito applicativo, ma anche la consapevolezza di chi deve ricorrervi per esigere ovvero tutelare verso terzi un proprio diritto, di chi deve applicarle per dovere di ufficio e di chi deve giudicare sulla loro corretta applicazione e sulle rivendicazioni relative nell’ipotesi di una loro violazione.

Terzo punto. Nella sanità si verifica da un po’ di tempo quanto mai accaduto nei decenni trascorsi, ove la materia della salute veniva trattata e sancita da attenti giuristi, che si accingevano a scrivere la sua regolazione con le dovute attenzioni anche terminologiche. Basti pensare, per esempio, al rumore che fece, nel 1968, l’avere attribuita la titolarità della farmacia mediante rilascio di una apposita autorizzazione e non già di un provvedimento di concessione. Decenni spesi da dottrina e giurisprudenza per riconoscere, infine, la ragione alla natura concessoria del provvedimento di riconoscimento di titolarità di una farmacia, in quanto tale esercente la sua attività spettante ai pubblici poteri, tant’è che in caso di nuove aperture su di esse incombe il diritto di prelazione dei Comuni interessati.

Quarto punto. E’ stato davvero un peccato svalutare questo antico pregio di scrivere bene e in modo comprensibile le leggi, cui ha contribuito tuttavia una nutrita rincorsa alle modifiche di precetti esistenti, tanto numerose da consentire nelle loro pieghe, specie nelle cosiddette milleproroghe, l’inserimento di norme ad personam, allo scopo di soddisfare esigenze più politiche che di utilità pubblica e sociale.

Il giuspositivismo e la sempre più raffinata interpretazione giurisdizionale delle leggi esigono rispetto dei principi e giuristi esperti che sappiano coniugare il fatto con la norma.

Quinto punto. Tutto questo bailamme ha portato le Regioni, soprattutto quelle abituate a tagliare e incollare i propri provvedimenti legislativi da quei Consigli regionali riconosciuti come imitabili, ad assumere il brutto vizio di approvare acriticamente le proprie leggi, senza spesso neppure sapere di cosa si legiferasse. Una abitudine tanto consolidata da lasciare residuare, per assurdo, nei propri testi indicazioni geografiche appartenenti alla regione titolare delle leggi riprodotte testualmente.

Un esempio sintomatico del reiterato ricorso al “taglia e incolla” è rinvenibile con le leggi istitutive di Azienda zero, ove le “disattenzioni” presenti nell’originale sono state ricalcate nelle imitazioni. Ciò è accaduto, per esempio, quanto: a non attribuzione della prescritta autonomia imprenditoriale, alla previsione di impropri visti di congruità sui bilanci preventivi e consuntivi della GSA e consolidati da apporre da parte della burocrazia regionale, all’esproprio in favore della dirigenza del più importante atto politico, per l’appunto,del decisore politico rinvenibile nella formazione dei bilanci preventivi consolidati dei rispettivi Ssr - con le leggi istitutive di Azienda zero, ove le “disattenzioni” presenti nell’originale sono state ricalcate nelle imitazioni.

Sesto punto. Uno degli eventi che ha inquinato tutta la lettera normativa regionale in materia sociosanitaria è quello che afferisce al trasferimento, inter vivos e mortis causa, delle autorizzazioni e dell’accreditamento di cui agli artt. 8 ter e quater del vigente d.lgs. 502/92. Al riguardo, è stata prevista ovunque per il perfezionamento dell’evento - sia sotto il profilo amministrativo che civilistico-fiscale - la formazione di un atto di voltura della titolarità della struttura interessata, con provvedimenti amministrativi al seguito, sia autorizzativi che di accreditamento.

In proposito, è appena il caso di ricordare che, essendo due provvedimenti amministrativi condizionati al possesso di requisiti, rispettivamente minimi e ulteriori, organizzativi, strutturali e tecnologici, una loro qualsivoglia modificazione, riferibile agli originari destinatari componenti la più solita compagine sociale ovvero direzionale, debba essere fatta con un omologo provvedimento preceduto dalla conferma del possesso dei requisiti richiesti dalla normativa.

Un qualsivoglia atto di natura civilistica, intervenuto per regolare l’atto di cessione tra vivi ovvero per prendere atto e completare gli effetti di una successione mortis causa, va certamente a comportare quantomeno la modifica dei requisiti organizzativi, comprendendo in questi la presenza di soggetti aventi causa diversi, come identità personale, dai loro dante causa, il cambio di eventuali direttori responsabili e di soggetti professionali in essi impegnati in posizioni lavorative fondamentali per l’erogazione di servizi e prestazioni essenziali.

Una attività, questa, che richiede all’ente regolatore, la Regione, in presenza della regolarità dell’atto traslativo e della idoneità dei requisiti posseduti, di adottare un provvedimento, seppure non discrezionale, di riconoscimento della legittimità dell’intervenuto avveramento della causa del titolo negoziale di trasferimento (testamento e successione, atto di cessione di un diritto reale a qualsiasi titolo riconosciuto dall’ordinamento). Con esso, previo l’ineludibile accertamento della documentazione di aggiornamento del possesso dei requisiti in capo ai soggetti legittimamente subentranti, determinare l’efficacia costitutiva della nuova titolarità aziendale, sancendo l’intervenuto trasferimento di titolarità con provvedimento autorizzatorio, ma di natura concessoria, che riconosce in capo al soggetto avente causa l’intervenuto possesso del titolo giuridico che ne determina la nuova titolarità e proprietà.

D’altronde, il mancato riconoscimento da parte della Regione dell’intervenuto trasferimento civilistico, proprio perché condizionato all’avverarsi del suo rilascio, rende l’atto di cessione invalido e dunque privo di ogni effetto civilistico e fiscale.

Settimo punto. Viceversa la voltura, cui l’ordinamento fa esplicito e diffuso riferimento in tutte (o quasi) le leggi regionali regolative nel dettaglio del sistema del cosiddetto «3A», non è attributiva di alcuna efficacia costitutiva bensì dichiarativa. In quanto tale non affatto generativa di alcun riconoscimento dell’intervenuta cessione a qualsiasi titolo civilistico. Essa rappresenta, infatti, un mero atto amministrativo di natura reale, attraverso il quale l’autorità competente non dà luogo ad un nuovo provvedimento sostitutivo del precedente bensì si limita a novellare l’intestazione soggettiva di un rapporto oggettivo esistente (per esempio, un permesso di costruire) in un apposito registro, istituito ad hoc. Per l’appunto, quello degli accreditati, ove vengono rappresentati – al fine di favorire la conoscenza dei terzi - tutti coloro i quali sono da considerarsi tali, perché destinatari di un provvedimento amministrativo di riconoscimento dell’intervenuto trasferimento, mortis causa ovvero inter vivos, della struttura già accreditata in capo al loro dante causa, esclusivamente generativo del passaggio di titolarità. E non già, limitandosi, come avviene oggi (quasi) ovunque, ad accertare l’intervenuto subingresso di un nuovo soggetto e a prenderne semplicemente atto così come si fa, a seguito di una cessione di azienda commerciale avvenuta, a volturare l’autorizzazione comunale alla vendita dei prodotti, per esempio, alimentari.

Con una tale consolidata abitudine non è difficile immaginare - trattandosi di soggetti per lo più già operanti in regime di prestazioni a carico del SSN in forza della stipulazione dei contratti conclusi con le rispettive aziende sanitarie ex 8-quinquies del vigente d.lgs. 502/92 - quante difficoltà vengono a porsi, a causa della mancata adozione di un provvedimento amministrativo previsto dall’ordinamento in tema di perfezionamento di atti di natura concessoria conseguenti ad un intervenuta cessione aziendale, in termini di rispetto delle norme poste a tutela del riciclaggio e della lotta ai fenomeni mafiosi.

*Laboratorio permanente per gli studi e la ricerca nel settore del diritto e dell’economia sanitaria dell’Università della Calabria


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