Aziende e regioni

Un provvedimento che taglia diritti, non soltanto farmaci

di Anna Lisa Mandorino *

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24 Esclusivo per Sanità24

Negli scorsi giorni, in un provvedimento avente a oggetto urgenti misure di razionalizzazione della spesa farmaceutica, la Regione Umbria ha messo nero su bianco misure e moniti che, per il modo in cui sono formulati e per la sostanza stessa, appaiono preoccupanti, alcuni probabilmente illegittimi, e, perciò, meritano molta attenzione. Altre Regioni potrebbero essere tentate di andare nella stessa direzione, per contenere la spesa farmaceutica, e giova allora ricordare alcuni diritti fondamentali, inclusi quelli rivendicabili per legge, per cui quanto scritto dalla Regione rappresenta senz’altro una cattiva pratica.
Il primo è il diritto all’informazione: i provvedimenti in questione, finalizzati a fornire una risposta allo sforamento della spesa farmaceutica diretta nella Regione certificata dalla Corte dei Conti umbra, rispondono a colpi di accetta e senza mettere a conoscenza i cittadini umbri del problema stesso e, tantomeno, della soluzione messa in campo. Questa è presto detta: tagli lineari e ricorso ai farmaci a più basso costo terapia. Si cancellano così tre anni di acquisizioni collettive e di ripetute dichiarazioni pubbliche, sulla necessità di superare la logica dei tetti di spesa a favore di una finalizzata al valore complessivo delle cure e delle terapie. Il richiamo stesso alla appropriatezza prescrittiva viene utilizzato come sinonimo di rispetto degli obiettivi di spesa aziendali e regionali assegnati, scostandosi dai quali gli operatori sono minacciati di danno erariale. Nel caso dei medici specialisti si arriva a prevedere la revoca dell’autorizzazione a prescrivere. In altre parole si impedisce al medico di adempiere ai suoi doveri professionali. Davanti a provvedimenti così netti, correrebbe l’obbligo dell’informazione: i cittadini dovrebbero essere messi al corrente delle misure messe in campo, e, se proprio la Regione li reputa come provvedimenti evidentemente ineludibili, sapere quanto meno cosa li aspetta.
Ma, sempre per quello che la pandemia ci ha insegnato, sarebbe obbligatorio in caso di misure di politica sanitaria così pesanti che le istituzioni garantissero il diritto alla partecipazione e alla cooperazione. Intanto, da parte di chi deve attuare questi provvedimenti, su cui si agisce con la leva della minaccia di contestazioni e addebiti, e non con la leva della corresponsabilità e del coinvolgimento. Ma soprattutto, dal nostro punto di vista e dando continuità all’Atto di indirizzo sulla partecipazione adottato dal ministero della Salute , nei confronti delle associazioni dei pazienti che si sarebbe dovuto chiamare a confrontarsi sia sul problema sia sulla soluzione. Sarebbe stato utile, per esempio, acquisire il punto di vista delle associazioni che si occupano di reumatologia, dermatologia, gastroenterologia e nefrologia e che vedono la spesa media per paziente trattato nel 2021 ridotta in Umbria del 25 per cento.
Ancora, diritto all’efficacia delle cure e all’uso dei dati: come è possibile che i dati siano citati soltanto laddove riferiti "agli obiettivi aziendali e regionali, agli eventuali scostamenti in modo da evidenziare i principi attivi da sottoporre a valutazioni approfondite nonché favorire le prescrizioni dei farmaci a più basso costo terapia a parità di indicazioni terapeutiche"? I dati presi in considerazione sono ancora una volta quelli di natura economica, e soltanto in senso aritmetico, senza alcuna attenzione al valore dell’innovazione. A parità di indicazioni terapeutiche, un cittadino umbro si trova ad avere un farmaco di vecchia generazione a confronto di un altro più innovativo. Lo stesso principio vige nella parte di provvedimento riferito alle gare per i dispositivi medici, anche qui la parola d’ordine è omogeneizzazione dei prodotti da utilizzare, senza alcun riferimento all’efficacia dei dispositivi né a una valutazione personalizzata dei bisogni.
In chiusura, poi, viene espressamente ribadita l’indicazione di limitare la prescrizione dei farmaci a più alto costo, e di sospendere l’uso di farmaci ad alto costo che non presentano una efficacia terapeutica dimostrata. La domanda è: come farà la Regione Umbria a stabilire se un farmaco riconosciuto efficace dall’Agenzia nazionale competente non abbia i requisiti di efficacia necessari?
Infine, nessuna via di fuga è concessa ai cittadini umbri: le Asl anzi sono tenute ad adottare provvedimenti volti a ridurre la mobilità passiva farmaceutica e le prescrizioni extra-regionali e ad adeguare (sic!) le attività specialistiche che sono causa della mobilità passiva e/o delle prescrizioni extra-regionali. Qualcuno ha avvertito la Regione Umbria che è ancora costituzionalmente previsto che un cittadino possa spostarsi liberamente su tutto il territorio nazionale per usufruire delle cure dove desidera e che altre Regioni hanno già provato a comprimere il diritto alla mobilità, risultando soccombenti anche in sede giudiziaria?

* Segretaria generale di Cittadinanzattiva


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