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Meridiano Sanità: Rotta su prevenzione e innovazione ma il rapporto spesa/Pil deve tendere al 9%. Pnrr occasione unica. Sullo sfondo gli effetti della pandemia, la guerra e la One Health. Gemmato: rivedere anche il riparto del Fsn

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Quattro direzioni specifiche sintetizzate in "Proposte" ai decisori pubblici per rilanciare il sistema sanitario in Italia. A indicare la strategia è il XVII Rapporto Meridiano Sanità, presentato a Roma da The European House Ambrosetti. Si parte dalle risorse: occorre secondo il Rapporto "continuare a investire nella Salute con un approccio intersettoriale e aumentare in maniera strutturale le risorse economiche per la sanità portandole, nel breve periodo, almeno al 7% del Pil e arrivando a investire fino al 9% nel medio-lungo termine, pari all’incidenza media della spesa sanitaria su Pil di Germania, Francia e Spagna". Secondo punto: va data piena attuazione ai progetti della Missione Salute del Piano nazionale di ripresa e resilienza per "rendere il sistema sanitario più resiliente, accompagnando il rafforzamento infrastrutturale con il potenziamento dell’organico del Ssn e con la transizione digitale". Seconda e terza proposta: adottare programmi e strategie che permettano all’Italia di affrontare e vincere le sfide di salute che si prospettano puntando su prevenzione primaria e secondaria - da un lato - e infine promuovere il principio della "Salute in tutte le politiche", considerando gli impatti diretti e indiretti che i determinanti socio-economici e ambientali hanno sulla salute degli individui, favorendo prima di tutto la convergenza tra la politica sanitaria e la politica industriale del Paese.
Un piano di lavoro condiviso dalla parte politica, rappresentata dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, alla sua prima "uscita pubblica". E anche Gemmato si focalizza - accanto alla critica sulle problematiche di gestione della pandemia, sulla visione della Sanità come investimento e sulla revisione di una serie di criteri, a cominciare dal riparto del Fsn, «Esiste un problema di dimensionamento del Fondo sanitario nazionale ed esiste anche un problema di suddivisione del Fondo sanitario stesso - avvisa -: è evidente che alcune Regioni sono penalizzate dalla suddivisione fatta esclusivamente tenendo presente l'anzianità di popolazione, perché in alcune si continua a fare figli e questo le penalizza creando sperequazioni con le Regioni del Nord che alimentano tra l'altro la mobilità sanitaria passiva». La svolta necessaria deve passare a suo avviso per una differente visione, rispetto a quanto attuato fino a oggi, perché «gli incrementi degli ultimi anni sono stati dettati essenzialmente dall'emergenza pandemica». E allora «i quattrini spesi nella sanità fungono da investimento - sottolinea il neo sottosegretario -. Ci dev'essere sinergia tra politica sanitaria e politica industriale di questo Paese e registro che l'Italia è prima con 34 miliardi di euro per l'industria farmaceutica e questo dovrebbe essere un vanto. Ma esiste un tema di difesa di tutto questo e soprattutto di percezione diversa, in cui si attivano volani utili di sviluppo». Secondo Gemmato occorre contrastare il "presentismo" che «per ottenere risparmi immediati rischia di provocare danni enormi al cittadino e spese sanitarie aggiuntive. Abbiamo vissuto questa politica dal fiato corto, mi auguro che la nostra parte possa inaugurare una visione di orizzonte lungo, che guardi non solo agli effetti immediati ma ai benefici a lungo termine».
Poi, la sintesi sul Covid-19. «L'Italia per larga parte della pandemia è stata prima per mortalità e terza per letalità - ha affermato Gemmato - e nonostante lo straordinario sforzo dei nostri operatori sanitari vi è stato un ridimensionamento della nostra sanità territoriale che non ha saputo rispondere. La riforma del Titolo V e quindi la regionalizzazione sanitaria è stato il primo elemento negativo, il secondo è stato il Dm70 del 2015 che ha portato alla razionalizzazione e chiusura degli ospedali a cui non è corrisposta un'assistenza territoriale adeguata, il terzo è il definanziamento per 37 miliardi in 10 anni: questi gli elementi negativi che caratterizzavano l'Italia quando è stata investita dal Covid. In questo contesto il piano pandemico in Italia non esisteva perché era bloccato al 2006 - ha aggiunto Gemmato -. Siamo stati costretti a portare in giudizio un ministro della Repubblica e segnatamente il ministro della Salute Speranza: un atto più politico che giudiziario ma che ci racconta della disattenzione che negli anni si è avuta da parte della politica in generale da parte della Sanità, legata al fatto che la sanità viene sempre vista come un costo e mai come un investimento».
A sottolineare l'importanza cruciale di una difesa strenua del Ssn e della ricerca anche impegnata in partnership pubblico-private - ma in questo caso nel ruolo di primi attori anche nella gestione della pandemia con i Governi precedenti all'attuale di destra-centro - il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e del Cosniglio superiore di sanità, Franco Locatelli. «Abbiamo una grande eredità e una grande responsabilità: è il Servizio sanitario nazionale che è un bene molto prezioso in cui tutti crediamo e a noi come generazione spetta il compito di rafforzarlo, adeguarlo e migliorarlo per lasciarlo ai nostri successori, sempre valido, importante, appropriato e scientificamente solido nel dare le risposte ai bisogni di salute degli individui e delle comunità», ha affermato Brusaferro soffermandosi in particolare sulle politiche One Health e di Planetary Health. «Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, gli Sdg - ha continuato - sono gli indicatori che ci mostrano se stiamo andando verso l'obiettivo di Salute e benessere che si proponiamo. Per questo dobbiamo sfruttare tutti i "venti a favore" - ha affermato ancora - che significa utilizzare il vento estremamente favorevole del Pnrr ma anche tutti gli altri venti favorevoli».Per Franco Locatelli, «non c'è dubbio che con i fondi del Pnrr noi stiamo vivendo una sorta di Piano Marshall della ricerca: abbiamo un'occasione di finanziamento unica e probabilmente irripetibile. Sprecare questa opportunità sarebbe colpevole anche rispetto alle future generazioni perché vorrebbe dire non creare investimenti ma un debito. È fondamentale non sprecare questa opportunità - ha precisato - anche perché siamo in un periodo di rivoluzioni biotecnologiche fondamentali. Tra questi, le Car-T cell che sono farmaci viventi, approcci di terapia genica su cui per l'Italia è determinante investire, integrando le varie opportunità che ci sono, i fondi del Pnrr e quelli del Piano complementare piuttosto che i Progetti operativi salute, evitando ridondanze e creando una Anagrafe della ricerca. Questo senza dimenticare altri grandi finanziatori come l'Airc che dà un contributo imprescindibile alla ricerca sul cancro o come Telethon per le malattie rare. Bisogna costruire un circuito accademico integrato che non vuol essere competitivo con l'industria farmaceutica ma complementare: vanno sviluppati modelli "win-win" con le imprese, che tanto successo hanno avuto in altri Paesi e che nel nostro - ha sottolineato Locatelli - devono essere ancora sviluppati. Le Car-T per il trattamento delle leucemie linfoblastiche acute e dei linfomi hanno avuto lo sviluppo concettuale nelle grandi università americane e poi sono state traslate sul larga scala dall'industria».

Il Report in sintesi. Nel corso della giornata di confronto e dibattito, esperti e responsabili del governo della sanità regionale e nazionale si sono confrontati sulle principali sfide di salute che attendono il nostro Paese. Sullo sfondo lo scenario di estrema incertezza che contraddistingue questo periodo storico, con l’inasprimento delle tensioni geopolitiche, le conseguenze del conflitto russo-ucraino e gli effetti della pandemia sull’economia, che si stima avranno un impatto significativo sullo stato di salute della popolazione, quantificabile, a livello globale, in 2,1 anni di vita persi.
Dal Report, realizzato con il contributo non condizionante di Amgen, bioMérieux, MSD, Pfizer e Sanofi, emerge prima di tutto come la salute sia il risultato di una combinazione di una molteplicità di elementi sociali, politici ed economici (ad esempio luogo in cui si vive, qualità dell’ambiente circostante, genetica, stile di vita, reddito e livello di istruzione).
Tra i determinanti, quelli ambientali stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore a cominciare dall’inquinamento e il cambiamento climatico. Ad esempio, nell’ambito dei SDGs del 2030, la cattiva qualità dell’aria rappresenta un punto particolarmente critico per il nostro Paese all’interno del contesto europeo: secondo le ultime stime della European Environmental Agency, infatti, il 17% dei decessi per inquinamento in Europa si verifica in Italia (1 su 6).
Nell’analisi di Meridiano Sanità sul posizionamento del nostro Paese nel percorso verso il progresso sostenibile rispetto agli Obiettivi delle Nazioni Unite dell’Agenda 2030, emerge tuttavia come rispetto all’Obiettivo 3 ("Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età"), si registra un andamento medio nazionale positivo nella maggior parte degli indicatori analizzati, frutto anche delle diverse iniziative intraprese dal Ministero della Salute nell’ultimo anno e della centralità data al tema della salute durante l’emergenza pandemica. È tuttavia necessario segnalare come, per alcune dimensioni, siano ancora presenti forti disomogeneità territoriali, con alcune Regioni in progressione rispetto ai target e altre in maggiore difficoltà.
Per quanto riguarda gli altri Obiettivi dell’Agenda 2030 correlati al miglioramento della buona salute, il quadro che emerge è di una situazione parzialmente stabile, con alcuni indicatori in miglioramento e al tempo stesso la persistenza di diverse criticità. A titolo di esempio: l’Italia, rispetto agli altri paesi europei, registra il più alto divario tra gli impatti negativi di potenziali eventi avversi, quali terremoti, alluvioni, incendi, e gli investimenti necessari a prevenirli.
La spesa in Ricerca e Sviluppo, leva fondamentale per la crescita nel lungo periodo, si attesta all’1,53% del Pil nel 2020 rispetto al 2,31% della media europea.
Guardando alle persone a rischio povertà ed esclusione sociale, nel 2021 l’Italia si posiziona tra i primi 6 Paesi per popolazione a rischio, con 1 cittadino su 4 che vive al di sotto del 60% del "reddito mediano", preceduta solo da Romania, Bulgaria, Grecia, Spagna e Lettonia.
La rilevanza dei fattori di contesto ha portato a una revisione del Meridiano Sanità Index (con una valutazione multidimensionale della performance del sistema sanitario italiano nel confronto europeo e dei sistemi sanitari regionali nel contesto nazionale). Inoltre all’Indice dello Stato di Salute (che si pone l’obiettivo di valutare i risultati in termini di salute che i diversi Paesi hanno fino a oggi garantito ai propri cittadini) e all’Indice del Mantenimento dello stato di salute (il cui scopo è quello di fornire una valutazione di merito sulle capacità dei sistemi di mantenere o migliorare nel prossimo futuro i risultati di salute raggiunti finora), è stato affiancato l’Indice dei Determinanti di salute che si pone l’obiettivo di valutare gli impatti dei fattori individuali, socio-economici e ambientali sullo stato di salute della popolazione e da cui emerge una fotografia dell’Italia in chiaroscuro, con aspetti critici in tutte le aree analizzate che si traducono in un posizionamento molto negativo rispetto alla media europea in 8 ambiti su 11. Gli aspetti più critici riguardano l’invecchiamento demografico, i fattori di rischio per la salute di bambini e adolescenti (in primis sedentarietà e obesità), le disuguaglianze di reddito e il livello di istruzione della popolazione.
Per quanto riguarda l’Indice dello Stato di Salute della popolazione, l’Italia ottiene risultati migliori della media europea per tutti gli indicatori analizzati, eccezion fatta per la prevalenza standardizzata delle patologie croniche ad alto impatto, strettamente legate all’invecchiamento demografico e ai fattori di rischio per la salute.
Con riferimento all’Indice di Mantenimento dello Stato di Salute, l’Italia ottiene un risultato complessivo in linea con la media europea: va meglio della media nell’ambito dell’efficacia, efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria (ricoveri evitabili, efficacia delle cure, qualità delle cure); è in linea con la media per quanto riguarda la capacità di risposta dei sistemi ai bisogni di salute (coperture vaccinali e screening); continua ad essere critico il tema delle risorse economiche per il comparto sanità.
Mettendo in relazione i 3 Indici, i Paesi del Mediterraneo, tra cui l’Italia, presentano valori per gli Indici dei Determinanti di salute e di Mantenimento dello stato di salute più bassi della media con potenziali impatti negativi nel medio-lungo periodo sullo stato di salute dei cittadini. Tale scenario dovrebbe stimolare, già nell’immediato, azioni di politica sanitaria e non solo, secondo l’approccio “Health in all policies”, per cercare di invertire questa tendenza. A livello regionale, invece, il quadro generale restituisce un forte divario tra Nord-Centro e Sud del Paese.
Per quanto riguarda le risorse economiche per la sanità, continuano a essere insufficienti. «Il modello previsionale della spesa sanitaria del nostro 17esimo rapporto Meridiano Sanità - ha affermato Valerio De Molli Ceo di The European House – Ambrosetti - ha stimato che l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Pil al 2050 sarà pari al 9,5%, valore di gran lunga superiore all’incidenza attuale ma ancora inferiore rispetto a Paesi quali Germania e Francia (7,2% dell’Italia vs l’11% della Germania e il 10,3% della Francia). Siamo indietro anche considerando la spesa sanitaria pubblica pro capite a parità di potere d’acquisto che per l’Italia è pari a 2.580 euro vs 5.370 euro della Germania e 3.916 euro della Francia. La spesa sanitaria pubblica, cresciuta significativamente durante la pandemia e pari a 127,8 miliardi di euro nel 2021, dovrebbe raggiungere il suo picco nel 2022 (134 miliardi di euro) secondo le ultime stime contenute della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza di novembre 2022 per poi diminuire a partire dal 2023. L’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Pil al 2025 è data al 6%, con risorse in valore assoluto insufficienti per recuperare il gap di spesa nei confronti dei principali Paesi competitor. La spesa sanitaria pubblica risulta al momento incompatibile con lo scenario di invecchiamento demografico e di calo della natalità che porta con sé la riduzione del numero di occupati che, con i loro redditi da lavoro, sono i principali contributori alla spesa sanitaria. Le simulazioni elaborate da Meridiano Sanità mettono in luce come l’azione congiunta su 5 leve quali la pressione fiscale, i flussi migratori, l’età pensionabile, la forza lavoro potenziale e il tasso di occupazione, permette di rendere sostenibile questo scenario».
Secondo il Report le risorse del Pnrr, in particolare quelle assegnate al raggiungimento degli obiettivi della Missione 6 dedicata alla Salute, rappresentano una grande opportunità per “mettere in sicurezza” il sistema, dal momento che mirano non solo a rispondere alle vulnerabilità emerse durante l’emergenza pandemica ma anche a risolvere le criticità preesistenti attraverso il rafforzamento delle infrastrutture e la digitalizzazione dei servizi sanitari. Dei 18,51 miliardi di euro previsti dal Pnrr e dal Fondo complementare nella Missione 6, ben 16,53 miliardi di euro (89,3%) sono territorializzabili, a testimonianza del ruolo centrale delle Regioni nel processo di rafforzamento della prevenzione e dei servizi sanitari, della modernizzazione e della digitalizzazione degli stessi.Le attività di promozione e prevenzione (primaria e secondaria) risultano fondamentali per aumentare gli anni vissuti in buona salute. Interventi sulla riduzione dei fattori di rischio e il miglioramento della diagnosi precoce permettono di ridurre il peso delle malattie non trasmissibili (in primis tumori e patologie cardiovascolari e cerebrovascolari), responsabili oggi del 93,3% dei decessi e del 90,2% dei DALY.I vaccini, strumento di prevenzione che presenta il miglior rapporto costo-efficacia, consentono di prevenire molte malattie infettive che causano oggi il 2,6% dei decessi e il 3% dei DALY; per quanto riguarda i tassi di copertura vaccinale, per nessuna vaccinazione viene raggiunta la soglia del 95% (target fissato dall’Oms): per la vaccinazione anti-Hpv, strumento chiave per contrastare anche i tumori Hpv-correlati, non si raggiunge neanche il 35% del cluster dei dodicenni (32,2% nelle femmine e 26,8% nei maschi). Le azioni di antimicrobial e diagnostic stewardship permettono di contrastare efficacemente l’antimicrobico-resistenza che vede ancora oggi l’Italia primeggiare tra i Paesi Ocse per decessi, DALY e costi associati a questo fenomeno.Secondo l’"equazione" di Meridiano Sanità, Prevenzione e Innovazione sono i due capisaldi in grado di generare Valore per i cittadini e per il sistema, oggi e in futuro. L’innovazione farmacologica e medicale ha contribuito in maniera significativa al miglioramento della qualità di vita dei cittadini: l’attività di ricerca delle oltre 5.400 aziende impegnate nello sviluppo di nuove molecole nel mondo conta nel 2022 oltre 20.000 terapie (valore quadruplicato rispetto al 2001), di cui 7.772 riguardano l’area oncologica, 3.301 quella neurologica e quasi 2.800 quella infettivologica. I settori farmaceutico e medicale si contraddistinguono per un elevato valore aggiunto, alte produttività e intensità di ricerca e sviluppo e know-how distintivo. A questo si aggiunge la presenza di un ecosistema della ricerca fortemente integrato, che oggi posiziona l’Italia 1° nel mondo per numero di pubblicazioni per ricercatore e 1° nell’Unione Europea per citazioni di pubblicazioni in ambito Life Sciences. In quest’ottica, l’Italia ha tutte le qualità per candidarsi a diventare un ecosistema delle Life Sciences attrattivo, orientato alla ricerca, all’innovazione e alla manifattura avanzata a livello europeo, ma deve risolvere alcuni limiti a partire dalla mancanza di una visione strategica di sviluppo dei settori e una governance complessa (ad esempio: meccanismi dei tetti di spesa farmaceutica e dei dispositivi medici e il payback) che penalizza l’innovazione.


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