Aziende e regioni

Nell'agenda del sistema sanitario un giusto equilibrio tra pubblico e privato per la tutela del paziente

di Mario Del Vecchio*

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24 Esclusivo per Sanità24

Se si guarda al sistema sanitario in una prospettiva complessiva di medio periodo, superando visioni focalizzate sul solo SSN e sul solo presente, è evidente come il tema delle risorse destinate alla sanità non possa essere ridotto ai pochi miliardi di euro che ogni ministro della sanità tenta di strappare nella competizione che regolarmente si accende sulle risorse “disponibili in finanziaria”.
Il medio periodo impone di ragionare non in miliardi di euro, ma in termini di punti di PIL che la collettività intende o riesce a destinare al soddisfacimento dei bisogni di salute e la riflessione non può limitarsi alle sole risorse pubbliche. Da una parte, è sul PIL che si modulano domanda e attese di una collettività, dall’altra, in tutti i sistemi il loro soddisfacimento è sorretto da un complesso mix di risorse pubbliche e private, in cui il pubblico gioca ovunque un ruolo centrale impegnando all’incirca tra il 70 e l’80 percento delle risorse complessive.
L’Italia nel 2019 investiva nella tutela pubblica della salute il 6,4% del PIL (meno di noi solo Portogallo, Grecia e Irlanda), mentre due nostri riferimenti in Europa, Germania e Francia, investivano rispettivamente il 9,8% e il 9,3% del PIL. Anche se si considera la spesa totale (pubblica e privata), in Italia pari a 8,7% del PIL nel 2019, solo Grecia e Irlanda facevano meno di noi (rispettivamente 7,8% e 6,7%) mentre il Portogallo ci superava di quasi un punto (9,5%), per non parlare di Germania (11,7) e Francia (11,1).
Tale posizionamento non può che riflettersi sui livelli di copertura dei bisogni e sugli standard assistenziali effettivamente assicurati e diventa, in prospettiva, ancora più critico considerando le peculiari dinamiche demografiche che caratterizzano il nostro Paese. In questo contesto non è difficile immaginare che nel medio periodo il settore della sanità dovrà guadagnare, e in ogni caso guadagnerà, di importanza rispetto al PIL. Tra dinamiche demografiche, evoluzioni scientifiche e tecnologiche, spinte della società e delle sue preferenze, si può prudentemente ipotizzare tra un punto e un punto e mezzo di PIL.
Considerando realisticamente i meccanismi di formazione delle scelte collettive e la netta preferenza accordata ai trasferimenti monetari e agli sgravi fiscali, in un quadro di spesa pubblica tornato, dopo la pandemia, ai vincoli consueti, è difficile pensare che l’onere di un necessario aumento possa essere sopportato dal sistema pubblico. E’ sufficiente ricordare come le previsioni del DEF proiettino nel 2025 la spesa sanitaria pubblica al 6% del PIL, quando nel 2010 eravamo al 7% circa e nel 2019 al 6,4%.
Senza smettere di sottolineare la centralità del sistema pubblico e il suo ruolo insostituibile nel garantire anche equità e coesione sociale, così come la necessità che le risorse del SSN siano decisamente aumentate, lo scenario fin qui delineato suggerisce tre grandi temi all’agenda del Paese.
Il primo è un indispensabile riequilibrio nel campo pubblico tra le risorse messe a disposizione e le attese. Una certa tensione è inevitabile e positiva, spingendo sistema e aziende a migliorare i propri livelli di efficienza ed efficacia. Quando le attese dell’opinione pubblica, spesso alimentate da un sistema politico alla ricerca di facili consensi e sorrette da istituzioni che dovrebbero interpretarne i bisogni, sono drammaticamente lontane da ciò che il sistema è potenzialmente in grado di offrire, le emergenze si moltiplicano, le risposte, a quel punto obbligate, perdono di efficienza e minano la razionalità complessiva dell’azione, viene a mancare ogni spazio per il management e la sua funzione. Il razionamento, implicito e casuale, mina, inoltre, quell’equità che dovrebbe caratterizzare l’intervento pubblico. Un ridisegno realistico dei confini e un deflazionamento delle attese è una responsabilità che dovrebbe accumunare tutti i soggetti che hanno a cuore la tutela pubblica della salute: politica, istituzioni, management e professionisti
Il secondo è la presa d’atto che una parte dei bisogni di salute trova risposta in consumi alimentati da risorse private. Si tratta di circa un quarto della spesa totale che non è, nel suo complesso, prevalentemente ascrivibile al malfunzionamento del sistema pubblico: in parte sono consumi esclusi per disegno dalla copertura pubblica (es. odontoiatria, farmaci non in fascia A), in parte sono consumi in cui esiste una offerta pubblica, ma per i quali esiste una disponibilità a pagare per alcuni attributi assenti dalle prestazioni pubbliche (es. scelta del professionista o della sede di erogazione). In un contesto nel quale, anche per motivi strutturali (es. cronicità) i percorsi del paziente sono sempre più ibridi (consumi alimentati da un mix di risorse: pubbliche, private out of pocket, private intermediate), il sistema dovrebbe favorire le sinergie. Il sistema pubblico, in particolare, non dovrebbe ignorare ciò che avviene al di là dei propri confini e utilizzare meglio per la realizzazione dei propri obiettivi ciò che soggetti fanno privatamente per tutelare la propria salute
L’ultimo tema è il più delicato. Se la spesa e i consumi sanitari sono destinati ad aumentare (ed è bene che aumentino), mentre il taxpayer non vuole o non è in grado (perché ha altre priorità) di sostenerne la crescita, sarà il consumatore a farlo. Una scelta responsabile sarebbe di accompagnare e governare tale crescita dell’apporto privato attraverso politiche che riducano le inevitabili iniquità collegate ai meccanismi di mercato e tutelino il consumatore su un terreno in cui è oggettivamente debole ed esposto alle priorità dell’offerta.
La sola alternativa possibile alla agenda qui proposta è quella di continuare a ignorare le dinamiche reali, prendere ex post atto di quanto sarà avvenuto e constatare come l’intensità del razionamento implicito imposto al funzionamento del SSN, l’arroccamento del sistema pubblico nei propri confini e le dinamiche spontanee tipiche di una economia di mercato avranno prodotto un sistema sanitario che cura meno di quanto avrebbe potuto le persone, aumentando a dismisura le iniquità.

*Osservatorio consumi privati in sanità, SDA Bocconi


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