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Accesso alle cure farmacologiche: verso un nuovo modello con la Raccomandazione civica promossa da Cittadinanzattiva

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Contribuire a definire delle linee guida per un accesso alle cure e ai farmaci più agile, efficiente ed efficace, partendo dalle soluzioni sperimentate durante la pandemia da Covid-19: questo l’obiettivo con cui Cittadinanzattiva, insieme ad associazioni di pazienti, medici, farmacisti e società scientifiche, sta mettendo a punto una Raccomandazione civica sull’accesso alle cure farmacologiche che sarà presentata in un evento pubblico a Roma il 30 maggio. La Raccomandazione si cala in uno scenario nazionale e mondiale ancora oggi interessato dal Covid e tiene conto delle nuove opportunità terapeutiche e tecnologiche che la pandemia ha permesso di implementare nel sistema sanitario, puntando a semplificare e migliorare la qualità di vita dei pazienti, soprattutto i più fragili, e di chi li assiste. Il documento - assieme a una indagine civica che fotografa anche l’accesso agli antivirali per la cura del Sars-CoV2/Covid-19 negli ultimi 12 mesi - è parte integrante del progetto "Verso un nuovo modello di accesso alle cure farmacologiche", realizzato con il contributo non condizionante di Pfizer.
All'indagine hanno partecipato 6 presidenti di Associazioni dei pazienti del Cnamc (Aisc - Alice - Bpco - Europa Donna - Respiriamo Insieme - Walce), 23 Presidenti di Federazioni e Società dei medici di medicina generale (Fimmg e Simg), 46 Presidenti degli Ordini dei Farmacisti (Federfarma e Fofi) e 46 Presidenti di società scientifiche (Aiom – Cipomo - Sic - Sid - Sip - Irs - Siti - Card).
I dati della indagine, che sarà presentata nella sua interezza sempre il 30 maggio, rivelano che, negli ultimi 12 mesi, la misura maggiormente implementata durante la pandemia - rispetto al periodo pre Covid - è stata la ricetta dematerializzata (lo afferma l’82,6% dei medici di medicina generale, l’84,8% dei rappresentanti delle società scientifiche e il 93,5% dei farmacisti). Riguardo i programmi di telemedicina, solo 1 su 2 dei medici di medicina generale ha dichiarato che il loro utilizzo è stato implementato rispetto al periodo pre Covid, mentre più incoraggianti risultano i dati ricevuti dagli altri professionisti della salute (sì per l’82,6% delle società scientifiche; sì per il 76,1% dei farmacisti). Anche le associazioni di pazienti confermano i dati rispetto all’utilizzo della ricetta dematerializzata e delle applicazioni di telemedicina che è cresciuto rispetto al periodo pre Covid. Altri strumenti di digital health (app di prenotazione di esami/visite, di vaccinazioni) risultano implementati per il 69,6% dei medici di medicina generale, il 71,7% delle società scientifiche, il 69,6% dei farmacisti.
Una delle procedure maggiormente attivate sul territorio risulta essere la prenotazione di visite ed esami tramite Cup (per il 78,3% dei medici di medicina generale, l’84,8% delle Società scientifiche e il 78,3% dei farmacisti).
Tra gli strumenti digitali, il Fascicolo sanitario elettronico stenta ancora a decollare, sia per quanto concerne la sua attivazione (lo dice il 56,5% dei medici di medicina generale, il 47,8% dei farmacisti e il 67,6% dei rappresentanti di società scientifiche), sia rispetto all’utilizzo quotidiano (47,8% per i medici di medicina generale, 63% per i farmacisti, 56,5% per le società scientifiche). Il rinnovo automatico del Piano terapeutico è la misura meno implementata rispetto al periodo pre pandemico secondo il 69,6% dei medici di medicina generale, il 54,3% delle società scientifiche e per il 52,2% dei farmacisti.
La consegna di farmaci e di dispositivi al domicilio del paziente, secondo quanto afferma il 69,6% dei medici di medicina generale, non risulta decollata rispetto al periodo antecedente alla pandemia. Anche per le società scientifiche la consegna risulta implementata solo per il 30,1% dei rispondenti. Non sono dello stesso avviso i farmacisti che ritengono sia stata implementata (84%) rispetto al passato.
«I dati – commenta Valeria Fava, Responsabile coordinamento politiche per la salute di Cittadinanzattiva - ci dicono che è indispensabile far crescere la digitalizzazione dei servizi e lavorare per eliminare la burocrazia inutile. Tra le prime soluzioni: arrivare in breve tempo ad un fascicolo sanitario elettronico diffuso, accessibile ed efficace, rendere la ricetta elettronica permanente e non più soggetta a proroghe continue, rivedere la normativa sui piani terapeutici rendendo la procedura meno burocratica per medici e pazienti, implementare l’utilizzo della telemedicina favorendo programmi di formazione a cittadini/caregiver e operatori sanitari, favorire l’accessibilità al farmaco attraverso modelli di distribuzione più prossimi al paziente e la consegna al domicilio».
In riferimento alle cure per il Covid-19, l’indagine evidenzia – con il 65,2% dei medici di medicina generale intervistati, il 42,3% di specialisti e il 43,8% di farmacisti - che negli ultimi 12 mesi alcune terapie hanno subito una sovra-sotto prescrizione rispetto all’appropriatezza: sovra-prescrizione di farmaci antibiotici, antinfiammatori, cortisonici e integratori per il sistema immunitario; sotto-prescrizione, invece, per i farmaci antivirali per il Covid-19 per i pazienti non in regime di ricovero. In riferimento a questi ultimi farmaci, medici, società scientifiche e farmacisti (rispettivamente nelle percentuali del 65,2%, del 50% e del 45,7%) individuano la principale criticità nella mancata comunicazione nei tempi previsti dello stato di positività al Covid-19 da parte del paziente; così come le difficoltà di erogazione delle stesse terapie antivirali sono da rintracciarsi nei tempi ristretti tra l’accertamento della positività e quelli previsti per l’avvio della terapia (per il 47,8% dei medici di medicina generale, il 41,3% delle società scientifiche e il 54,3% dei farmacisti).
Le società scientifiche e i farmacisti segnalano (rispettivamente tra il 30% e il 40% circa) poca conoscenza riguardo tali farmaci e a proposito della prescrizione di alternative terapeutiche; problema, questo, meno segnalato dai medici di medicina generale. Rispetto agli ultimi 12 mesi, i programmi di formazione sono stati diretti ad accrescere le competenze dei professionisti sulle terapie per il Covid-19, come confermano i medici di medicina generale (73,9%) e i farmacisti (63%). La maggior parte dei medici (80%) e dei farmacisti (61%) dichiara che i pazienti a cui è stata prescritta la terapia farmacologica antivirale si fida della proposta fatta dal medico e la assume, anche se permane un certo timore degli effetti collaterali (lo dichiara il 52,2% dei medici di medicina generale, il 28,3% degli specialisti e il 56,5% dei farmacisti).
«Il contrasto al covid è una battaglia ancora in corso e non dobbiamo abbassare la guardia. I dati emersi dalla survey suggeriscono che per assicurare l’accesso alle cure per il covid-19, è necessario lavorare ancora molto sull’informazione e sulla consapevolezza dei cittadini rispetto ai rischi del covid sulla salute e quindi sensibilizzare sui comportamenti da adottare per favorire al massimo la tempestività nella presa in carico da parte dei medici e l’avvio delle terapie più appropriate nei tempi utili. Dall’altra è importante lavorare sulla formazione dei medici e dei farmacisti per accrescere le competenze su queste terapie e favorire così la garanzia dell’accesso alle cure», conclude Valeria Fava.


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