Dal governo

Violenza donne, Piano tra le polemiche

di Barbara Gobbi

Ha incassato il via libera della Conferenza Unificata tra le polemiche il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere , messo a punto dal Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio. Sul Piano così com’è stato presentato oggi a Roma dalla delegata del premier Matteo Renzi, Giovanna Martelli, si sono scatenate le polemiche delle associazioni. Secondo i rappresentanti di DiRe (Donne in Rete contro la Violenza), Telefono Rosa Onlus, Unione Donne Italiane, Fondazione Pangea e Maschile Plurale, il «governo perde un’occasione storica di combattere con azioni specifiche, coordinate ed efficaci, la violenza maschile contro le donne attraverso un Piano che affronti le esigenze tassative poste dalla Convenzione di Istanbul per proteggere».
Martelli ha ereditato la gestione del documento dal governo Letta, quando la allora viceministra Cecilia Guerra creò una task force interministeriale che, in piena sinergia con le associazioni e i centri anti-violenza, arrivò a un passo dal realizzare il Piano. Che rispetto alla prima versione è oggi estremamente modificato.

Le associazioni - cui Martelli ha promesso un «confronto aperto» a partire da domani, quando ormai sarà stato tratto il dado dell’Intesa in Conferenza unificata - lamentano di essere state estromesse dall’elaborazione e stesura del documento, reso noto prima dell’approvazione «senza possibilità di cambiamento». «Attendiamo questo invito, sperando che questa volta i nostri contributi vengano presi seriamente in considerazione»: è dunque il commento di Gabriella Moscatelli, presidente nazionale di Telefono Rosa.

Ma «questo Piano - puntano ancora il dito le associazioni - non è stato nemmeno sottoposto alla task force governativa in materia, il cui lavoro di due anni, sia pure a volte discutibile, è stato in gran parte del tutto vanificato». Il sistema di governance disegnato dal documento è definito «caotico», con le grandi città, le province e le città metropolitane che «rischiano che, sul territorio, si creino più reti con gli stessi soggetti istituzionali che si sovrappongono tra loro, come Asl, Procura e Prefettura».
I centri anti violenza, che sono il cuore della presa in carico delle vittime, malgrado le premesse iniziali sono relegati a un ruolo del tutto marginale», aggiunge Titti Carrano (DiRe). Ma le associazioni fanno le pulci pure al capitolo risorse: distribuzione frammentata e senza regìa, nessuna ricaduta sul reale sostegno dei percorsi di autonomia delle donne, maxi finanziamento sbilanciato a favore della Banca dati, quando «sarebbe bastato dar seguito al progetto di monitoraggio continuo dei dati presentato da Istat ai tempi della gestione Guerra. Ora, invece, entrerà in scena un ingiustificato appalto ai privati».
Infine, l’attacco sul “genere”: «Non c’è la declinazione al femminile - è l’affondo tranchant - nemmeno quando si parla di figure professionali femminili».


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