Dal governo

Manovra 2016, serve una bussola per tutelare i più fragili

di Roberto Turno (da il Sole-24 Ore del 16 ottobre)

Bene l'attenzione per i giovani medici specializzandi, sperando che le logiche baronali siano messe all'angolo una volta per tutte e che anche in Italia possano vincere sempre i migliori. Male il balletto sui finanziamenti e l'aver dato la sensazione che la matematica sia un'opinione: dove 1 (miliardo) in più non è la stessa cosa di 2 (miliardi) in meno. Bene (come per i giovani dottori che ce la faranno) pensare di premiare la virtù, o meglio la capacità di mezza Italia di spendere meglio e con qualità di cure e assistenza, anche se poi talvolta, come nel recente caso della Lombardia, la virtù acceca ed è preferibile verificarla fino in fondo. Bene procedere sulla strada dei “buoni acquisti” purché senza ambiguità e operazioni non trasparenti e altrettanto bene pensare a centrali uniche d'acquisto sotto l'egida della Consip. Male i mezzi passi e l'incapacità di gestire di comune accordo tra Stato e regioni una partita delicata e così importante come quella farmaceutica, dove all'obbligo di trasparenza va accompagnata tutta la giusta attenzione verso un settore vitale per l'economia e per l'occupazione.

Naviga tra sufficienze, voti discreti ma anche non poche insufficienze – e con capacità mediatiche di vecchio profilo – la manovra sanitaria che ieri il Governo ci ha presentato. Anche se solo in parte, a spizzichi e bocconi come si dice in gergo. Fatto sta che nell'insieme non sembra dare il segno di una direzione di marcia: dove realmente si vuole arrivare e in che modo con l'assistenza sanitaria pubblica. Quale strada imboccare per preservare quanto più si può dell'universalismo che resta, come affrontare la sfida dell'innovazione e della sostenibilità di un sistema sanitario che come in tutto l'Occidente è sotto scacco: della medicina che ci fa vivere di più ma costa sempre di più, della crisi delle finanze pubbliche nella grande tempesta di questi lunghi anni di buio. E della povertà e delle fragilità che crescono come una valanga che rotola a valle.

Ecco, serve una bussola per dare una rotta alla sanità pubblica. Una rotta sicura e navigabile. Serve il coraggio delle scelte unito al coraggio di comunicarle. Serve la voglia di unire il meglio del pubblico (ed è tanto) al meglio del privato. Senza per questo dover parlare di privatizzazione o di “sistema all'americana”, che tanto non avrebbe mai sponda. Serve “fare”. Non camminare più o meno a vista, mettere veti da parte di tutti. Cambiare tutto per restare i gattopardi di sempre. Serve la voglia, quella vera, di tutelare i più deboli, che sono tanti e sempre di più


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