Dal governo

Lorenzin spiega all’Ocse dove va l’Italia della salute

di Red.San.

Dai livelli essenziali di assistenza ai sistemi regionali, dalla ripartizione dei fondi all’invecchiamento della popolazione fino alle eccellenze il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha spiegato all’Ocse la direzione intrapresa dall’Italia della salute. La ministra è stata ospite d'onore del "comitato salute" dell'Ocse, e ha incontrato il suo segretario generale Angel Gurria, che ha confermato quanto l'organizzazione guardi con interesse al processo complessivo di riforme in atto in Italia. Inclusa la sanità, naturalmente.

L'intervento della ministra

Un intervento ad ampio raggio quello della ministra a Parigi, dove il ministro ha reso omaggio (foto) alle vittime del terrorismo davanti al Bataclan. Un intervento nel corso del quale ha posto l'accento sui due assi portanti del suo ministero: la razionalizzazione e l'innovazione devono guidare qualsiasi intervento in cantiere. Con un accento particolare sul tema della nutrizione, cruciale nell'ottica della prevenzione e della buona salute.

È l’universalità delSsn, ha spiegato LOrenzin all'Ocse, «che garantisce a tutti cure e assistenza gratuite indipendentemente dal reddito», con i tre livelli generali su cui è fondato: nazionale (indirizzi generali, programmazione sanitaria, amministrazione risorse), regionale (organizzazione e gestione del sistema attraverso le Asl), territoriale attraverso le Asl.

Il dibattito in Parlamento

«E’ in corso un dibattito nel nostro Parlamento - ha detto la ministra - per migliorare e chiarire gli assetti e le competenze istituzionali anche per superare la frammentare del Ssn e superare le tensioni in atto tra Stato e Regioni tra riparto fondi e nuovi bisogni di salute anche alla luce dell’invecchiamento della popolazione».
L’Italia, secondo il rapporto Health at Glance, è terza, dopo Giappone e Spagna-Svizzera, per aspettativa di vita: un italiano vive in media 82.8 anni, solo pochi mesi in meno rispetto alla popolazione più longeva al mondo (cioè il Giappone).

L'Italia, invecchiamento e stato di salute

Tuttavia, tra i Paesi Ocse, l’Italia è uno dei Paesi con l’età media più alta: nel 2050, un terzo (33%) degli abitanti avrà oltre 65 anni e circa il 15% oltre 80 anni. A livello Ocse, le medie saranno rispettivamente del 27% e del 10%. «Queste sono cifre - ha sottolineato Lorenzin - sono realmente preoccupanti e chiedono risposte concrete e innovative sul piano organizzativo».

Sempre secondo il rapporto Health at Glance, in Italia, il totale di anni attesi in condizioni di buona salute, a partire dai 65 anni, è per le donne pari a 7, mentre è 8 per gli uomini. La media Ocse è pari a 9 anni mentre in Europa i valori più alti si osservano nei Paesi del Nord, con il massimo (15 anni) registrato in Norvegia. Inoltre secondo l'Istat nel 2013 il 48,7% delle persone dai 65 ai 74 anni ed il 68,1% di quelle dai 75 anni in su ha dichiarato di essere affetto da almeno due malattie croniche. Così i costi sanitari per invecchiamento e cronicità assorbono il 70-80% della spesa pubblica totale.

Il presupposto fondamentale per la gestione efficace della cronicità, secondo Lorenzin, deve partire da una nuova cultura che dovrà impregnare tutte le scelte di politica sanitaria, le strategie assistenziali, la tipologia dell'organizzazione, l'assetto operativo delle strutture, l'offerta dei servizi.

Una sfida con 5 obiettivi

La sfida dovrà quindi essere finalizzata al raggiungimento di cinque grandi obiettivi:
•assicurare collegamenti con disegni di prevenzione primaria e diagnosi precoce;
•ottenere e mantenere nel tempo un buon controllo della malattia;
•prevenire e curare le complicanze, le comorbosità e le disabilità;
•garantire la qualità di vita, anche attraverso modelli di welfare di comunità;
•ottimizzare le risorse disponibili (economiche, umane, strutturali, organizzative).

In tale concezione la definizione dei Percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta), «possono rappresenta uno strumento per metter a punto e valutare il sistema che integra gli attori dell'assistenza primaria con quelli della specialistica, sia territoriale che ospedaliera, e, in una prospettiva più ampia, anche le risorse della comunità (welfare di comunità)».



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