Dal governo

Performance o eccellenze? Non facciamo confusione

di Giulia Grillo (Capogruppo Movimento 5 Stelle, Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati)

S
24 Esclusivo per Sanità24

Gentile Direttore,
Nella speranza di far cosa gradita volevo condividere con lei ed i suoi lettori alcune riflessioni riguardo le performance del nostro Ssn. Per farlo mi servo di alcune delle vostre recenti pubblicazioni tra cui l'articolo riguardo l'invio degli ispettori della Lorenzin sulle morti per parto “si salva solo un ospedale su quattro”, nonché quello relativo alla presentazione del rapporto Crea Sanità.
Come giustamente riporta il documento dell'Università Tor Vergata, in Italia sono disponibili diversi sistemi di monitoraggio ma, sostanzialmente, seppur con alcune differenziazioni, forniscono tutte lo stesso esito: l'eccellenza del Ssn abita al Nord (riprendendo il titolo del pezzo).
Personalmente farei a meno di utilizzare la parola eccellenza. Credo che, sebbene vi siano strutture che offrono servizi all'avanguardia e di grande qualità (vedi Piano Nazionale Esiti), anche le regioni del Nord arrancano non poco nel garantire ai cittadini «un accesso universale all'erogazione equa delle prestazioni sanitarie» (Fonte: Ministero della Salute).
Ad esempio, a mio giudizio, l'esito del monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), attraverso i 31 indicatori suddivisi nei tre livelli di assistenza (prevenzione, distrettuale e ospedaliera), non descrive in modo esaustivo quanto accade all'interno del nostro Ssn.
Mi chiedo, infatti, come sia possibile che nell'ultima relazione del Comitato permanente di verifica Lea (dati 2013), tutte le regioni risultino «adempienti» o «adempienti con impegno rispetto ad alcuni indicatori» ma poi, ogni qual volta si effettuano verifiche “fuori sacco”, emergono sempre gravi manchevolezze. Ritengo inquietante leggere, rispetto alle morti per parto, che in tre delle quattro strutture ospedaliere, collocate in regioni con valutazioni Lea decisamente favorevoli, siano state individuate pesanti lacune in ambito «di comunicazione, valutazione e gestione del rischio, appropriatezza e collegamento ospedale-territorio».

Rimanendo all'assistenza ospedaliera, quanto sopra indicato va a braccetto con le criticità di questo periodo - che si ripetono tutti gli anni - riguardo gli affollamenti dei Pronto soccorso. In questo caso le difficoltà non fanno distinzioni geografiche e riguardano tutte le regioni. Si passa da pazienti curati su materassi adagiati in terra nei pronto soccorso della Capitale, fino agli esposti in procura per via delle “condizioni indecorose, indegne e incivili” riservate a coloro che si rivolgono all'ospedale San Giovanni Bosco di Torino.
Recentemente l'Anaao Giovani ha reso pubblici i dati di un proprio sondaggio dal quale emerge che, tra i medici intervistati, 7 su 10 ritengono che il Ssn sia molto peggiorato negli ultimi cinque-sei anni con la quasi totalità che prevede un futuro in cui le cose andranno ancora peggio. Non solo, il 40% dichiara di aver dimesso i malati non perché guariti ma per ragioni “politiche o organizzative”.

Notizie poco liete anche sul fronte dell'assistenza distrettuale a cui il riparto del Fondo sanitario nazionale (Fsn) assegna la maggioranza delle risorse (51%). Dico ciò soprattutto in considerazione di quanto (non) sta accadendo in merito alla riorganizzazione della rete. Eloquenti alcuni contenuti presenti nell'articolo “Cinture allacciate con 111 mld”, pubblicato sul numero 1/2016 della vostra rivista, che riporta come «risulti tra le grandi incompiute del Patto il riordino del territorio, indicato universalmente come tassello cruciale del puzzle di appropriatezza e revisione della spesa...».
La musica non cambia anche rispetto al sistema della prevenzione. In questo caso, per descrivere la situazione, prendo a prestito alcune parole del Prof. Spandonaro: “nota in qualche modo dolente è quella che vede, anche in questa edizione trovare conferma, una poca attenzione effettiva verso la prevenzione...probabilmente è il segno di un sistema in affanno, che a fronte di una fase di risorse fortemente limitate, pur riconoscendo teoricamente l'importanza della prevenzione, rimanda gli investimenti, concentrandosi sulla gestione corrente”.
A supporto della mia tesi, e cioè che i dati del Ministero sulla valutazione dei Lea siano spesso un esercizio burocratico più che la fotografia dello stato attuale dei Ssr, viene anche il Focus Tematico N. 9, del 21 dicembre scorso, a cura dell'Ufficio Parlamentare del Bilancio. Quest'ultimo, tra i tanti dati, esprime chiaramente come le rinunce alle visite mediche da parte dei pazienti “non emergono chiaramente dagli indicatori utilizzati per il monitoraggio dei Lea...”.
La legge di Stabilità richiede alle Aziende ospedaliere - dal 2017 anche tutte le altre - la presentazione di un piano di rientro nel caso in cui non si rispettino i parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure (comma 524 lettera b). Speriamo che i criteri, che dovranno essere indicati a breve con decreto del ministro della Salute, non siano solo quelli relativi al monitoraggio della griglia Lea, ma tengano in considerazione la realtà che tutti noi dobbiamo affrontare quotidianamente. Per quest'anno i risultati Pne possono fornire un'utile supporto, ma in relazione alle Aziende sanitarie i dubbi restano.
Infine, non posso certo esprimere soddisfazione per quanto previsto rispetto la Commissione per l'aggiornamento dei LEA (Comma 553 e seguenti), che prevede le nomine tutte all'interno delle istituzioni (Ministro della salute, ISS, AGENAS e AIFA), senza prendere in considerazione alcun ente in rappresentanza dei cittadini/pazienti. Si tratta di un evidente limite sia in ambito di trasparenza che di reale collaborazione con i cittadini, soprattutto in considerazione degli esiti del Rapporto Pit Salute 2015 a cura di CittadinanzAttiva.
Auguriamoci che anche questa legge di Stabilità non sia altro che una degna rappresentazione del film di Luchino Visconti il Gattopardo. Io sono siciliana e l'ho già visto troppe volte.


© RIPRODUZIONE RISERVATA