Dal governo

Ogni anno l’Inps «perde» 8 miliardi di contributi

di Matteo Prioschi

Il totale di contributi non versati all'Inps da parte dei datori di lavoro o dagli stessi iscritti quest'anno supererà i 100 miliardi di euro. Un importo elevato, che ha spinto il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'istituto a lanciare l'allarme in occasione dell'approvazione del bilancio preventivo 2016. Si rileva, si legge in un comunicato, «una notevole crescita e consistenza della massa dei crediti contributivi, che rende necessario, tra l'altro, verificare i criteri fissati per la loro iscrizione in bilancio, nonché la sussistenza dei presupposti giuridici e contabili che ne giustificano il mantenimento».

I crediti, in realtà, sono in aumento da anni. Nel 2002, ultimo dato reperibile sul sito internet dell'Inps, ammontavano a 31,6 miliardi; nel 2010 erano quasi raddoppiati a quota 61 miliardi e da allora sono cresciuti di 5-8 miliardi all'anno. L'ultimo dato a consuntivo sono gli 86,6 miliardi del 2014, mentre per il 2015 ne sono stati previsti 94,3 e per il 2016 si dovrebbe arrivare a 104 (si veda la tabella accanto).
Il trend, in realtà, era già stato sottolineato dal presidente dell'Istituto, Tito Boeri, e dal direttore generale, Massimo Cioffi, in un'audizione del 15 dicembre 2015 alla Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori della previdenza. «La lunga crisi - aveva affermato Boeri - ci ha lasciato in eredità più di 50 miliardi di crediti contributivi, che si sono aggiunti ai 35 maturati negli anni precedenti, portando a quasi 87 miliardi il loro totale a consuntivo 2014, saliti a circa 95 miliardi a settembre 2015. Al netto degli accantonamenti al fondo svalutazione crediti, abbiamo oggi a bilancio quasi 45 miliardi di crediti contributivi». Boeri aveva anche auspicato la possibilità di ricorrere al concordato previdenziale «che ci permetterebbe almeno di recuperare parte dei contributi ed evitare il fallimento di alcune aziende e il ricorso agli ammortizzatori sociali».
Il problema, per il bilancio dell'Inps, è che parte di questi crediti probabilmente non verrà recuperata, per cui, a differenza di quanto avvenuto in passato, i vertici dell'Istituto vogliono effettuare una cancellazione delle partite effettivamente inesigibili dal bilancio. Tuttavia su questo fronte la situazione non è semplice. «Equitalia - ha affermato Cioffi - dice che esistono 28,3 miliardi di crediti in capo a soggetti falliti, deceduti o cessati che, allo stato attuale, non possono essere definiti inesigibili anche se la probabilità di riscossione è assai bassa». L'Inps sta lavorando per capire quanti crediti sono effettivamente inesigibili e da considerare come perdite.
Fatto sta che non è solo il totale a crescere, ma anche l'importo annuale. Da 4-5 miliardi si è passati a circa 6 nel biennio 2012-2013, per poi arrivare a sfiorare gli 8 miliardi nel 2014-2015 e, se le previsioni sono esatte, quest'anno si arriverà quasi a 10 miliardi. Il trend, dunque, non accenna a calare, anzi.
La gran parte dello stock accumulato riguarda il fondo lavoratori dipendenti, con 43,6 miliardi di crediti a fine 2014, cresciuti di 3,8 miliardi nell'anno a fronte di entrate contributive per 95 miliardi. Ma ben 15,8 miliardi di crediti sono ascritti alla gestione esercenti attività commerciali, con un incremento di 1,9 miliardi in un anno a fronte di un “gettito” da 10 miliardi. Gli artigiani, a loro volta, hanno arretrati per 12,3 miliardi (+1,1 miliardi) ed entrate contributive annuali per 8,1 miliardi.


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