Dal governo

Lorenzin: «Condivisione e cammino insieme con i medici». Altri tagli? «La sanità ha già dato. Anzi servono risorse per i dipendenti e per la farmaceutica ospedaliera»

di Roberto Turno

La parola magica ripetuta più volte è «condivisione». Con l’aggiunta, tanto per rafforzare il concetto e cercare di accorciare ancora di più le distanze di mesi e mesi di non (o raro) dialogo reale: «La sanità cammina sulle gambe di chi ci lavora». Fino ad aggiungere un tassello - i soldi, i soldi - sul tema di fondo cui tutti guardano con preoccupazione: «La lettera di Bruxelles? La sanità ha già dato tantissimo in questi anni, e ancora sta dando. La spending sta funzionando. Anzi, abbiamo necessità di risorse: per il personale, per la farmaceutica ospedaliera. Io sono ottimista. Se l’economia conferma i progressi, poi...».

Ventiquattr’ore dopo il vertice del «dialogo» e della «sanità nell’agenda di tutto il Governo, non solo della mia, che è scontato», Beatrice Lorenzin spalanca le porte alla trattativa serrata con i medici. E con tutti gli operatori della sanità. Quasi a voler inaugurare (segno di difficoltà?) una nuova stagione di rapporti con le categorie e i sindacati che le rappresentano. Lo fa con una certa cautela, è ovvio. Ma mostra di crederci. E del resto, a leggerla e rileggerla, quell’agenda delle incompiute sanitarie, non si saprebbe neppure da che parte prenderla. Quale ordine di importanza dare ai vari temi in gioco. Certo, punto di partenza è il «Patto». Che nelle parti più delicate non esiste ancora. E dunque: contratti e convenzioni, competenze, ruolo e valorizzazione della professione medica, rapporti con le altre professioni sanitarie, formazione, rapporti con l’Università, percorsi professionali. E sblocco del turn over, ingresso dei precari. Ce ne sarebbe da far gelare il sangue. Però si parte. Sessanta giorni di tempo per portarsi avanti con il lavoro. Per evitare scioperi tra maggio e giugno. Per trovare tante - troppe? - quadre. Per ora è tregua tra medici e Governo. Se davvero scoppierà la pace, lo potremo dire tra due mesi. Circa.

Beatrice Lorenzin è soddisfatta della decisione dei medici di sospendere gli scioperi? I sindacati hanno accolto con favore il segnale di attenzione del Governo che ha affermato di voler porre la sanità nella sua agenda.

Certo, mi fa davvero molto piacere. Le richieste e il ragionamento fatti dai sindacati sono condivisibili. Richiedono anzitutto un metodo. A partire dal fatto che la sanità è non solo al centro dell’agenda per il ministro della Salute, che è scontato. Ma lo è per tutto il Governo.

Vuol dire?

Che dev’essere decisiva la condivisione sui temi più sentiti e importanti nel prossimo periodo per garantire la sostenibilità del Ssn, insieme a un corretto “funzionamento” delle professioni sanitarie. D’altra parte non dimentichiamo mai che la sanità cammina sulle gambe di chi la porta avanti, di chi la sostiene, perché questo è un fatto incontrovertibile.

Lei ha detto di essere in una posizione di “ascolto”: cosa vuol dire, fino a dove può portare questo “ascolto”?

Io spero che porti a risolvere i temi in sospeso. Contratto, comparto dedicato su cui la collega Madia ha dimostrato una grande apertura, l’articolo 22 su accesso alla professione, qualificazione professionale. E poi altri temi che mi sono da sempre a cuore, come i percorsi di valorizzazione del merito e delle competenze, dei singoli medici e degli operatori sanitari, al di là della solita carriera. Questi temi si possono davvero risolvere con l’attenzione e la cura da parte di tutti.

Di mezzo, se non bastasse, ci sarebbero anche il blocco del turn over e il dramma del precariato.

Esattamente. Io parlavo della professionalizzazione e dell’accesso alla formazione. Poi sicuramente c’è il capitolo dello sblocco del turn over e quello della programmazione dei medici per i prossimi anni. Non vogliamo lasciare niente di incompiuto. Vogliamo affrontare tutto il possibile. Con cura. E infatti dall’incontro è emersa la consapevolezza dell’importanza di questi argomenti da parte di tutti. Forse non faremo tutto insieme, in alcuni casi ci vorrà più tempo. Ma l’importante - lo ripeto perché è decisivo - è che ci sia un metodo di lavoro da seguire insieme con l’impegno e la consapevolezza da parte di tutti di cogliere e individuare ogni argomento e i percorsi di soluzione possibili.

Il contratto - come le convenzioni - è per i medici un vulnus che scotta. Certo, l’argomento fa capo alla ministra Madia. Però anche la Salute può dire la sua...

Certo, infatti, come le dicevo, ne abbiamo parlato. E confermo che è un argomento in discussione.

I dottori reclamano un ruolo centrale. Anche in questo caso, se ne può parlare?

Certo. L’importante è che ci sia un premio per le competenze e che nei processi si affrontino le sfide dei modelli organizzativi. I medici devono essere in prima linea in questo dibattito e nelle decisioni.

Ma quando partono i tavoli e quando si concluderanno?

Sono già tutti processi in atto. Dobbiamo darci un modello di confronto e di arrivo, con una road map precisa e sicura. Un metodo di viaggio su condivisioni, tempistica. Intanto è positivo che tutti - Governo e medici - abbiamo lo stesso obiettivo.

Ministro, quando arriva la circolare sull’appropriatezza dopo che la prima bozza è stata rimandata indietro dalla Fnom?

Arriverà prestissimo. Ho incaricato gli uffici di realizzarla per correggere alcune cose che si sono dimostrate inefficaci e anche alcuni errori strutturali. Non c’è nessuna sanzione per i medici in questo momento. E io spero che comunque non ci sia bisogno di prevedere un meccanismo sanzionatorio. Ma un meccanismo nel quale i medici ci aiutino a camminare insieme per l’appropriatezza delle prestazioni.

Con i Lea risolverete qualcosa anche sull’appropriatezza?

Credo proprio di sì. Nei Lea c’è tanto sull’appropriatezza. Senza scordare il nuovo Nomenclatore.

Da sempre nelle trattative qualcosa si concede, ma anche qualcosa si chiede in cambio. Cosa chiede Lei ai medici?

Io chiedo soltanto la loro partecipazione attiva, che ci aiutino nella valorizzazione delle competenze e del merito. Che si assumano anche la responsabilità nei confronti di chi non applica le regole condivise insieme. Altrimenti non riusciremo mai a far funzionare questa macchina, che deve camminare insieme a loro. Senza, sarebbe impossibile.

Per farcela servono però anche bei soldoni: ci sono? Li concederà l’Economia?

Io penso che le risorse ci siano. Soprattutto se l’andamento dell’economia e del Pil continuano a segnare “più” in previsione dei prossimi anni. Credo che da questo punto di vista possiamo lavorare con ottimismo.

Nessuna preoccupazione per la lettera e gli eventuali cartellini gialli di Bruxelles? Non è che la sanità sarà chiamata ancora una volta a fare la sua parte, a tagliare?

In questi anni abbiamo dovuto lavorare con le preoccupazioni perché la situazione non era facile. Ma voglio essere ottimista, senza ottimismo non si fa mai alcuna sfida, magari aspettando sempre tempi miglior. I tempi non migliorano mai da soli, dobbiamo farli migliorare noi.

Insomma, niente sanità bancomat o bad bank dei risparmi?

La sanità ha già dato, e parecchio, in questi anni. E sta dando ancora parecchio. Stiamo lavorando alla spending review, che sta producendo ottimi risultati, con l’obiettivo di reinvestire i risparmi. Detto questo, come ministro della Salute aggiungo che abbiamo necessità di risorse per il personale e per la spesa farmaceutica ospedaliera


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