Dal governo

«Un utile programma di lavoro ma manca la tabella di marcia e l’associazionismo è imbrigliato»

di Tonino Aceti (coordinatore nazionaledel Tdm e resp.le CnAMC -Cittadinanzattiva)

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24 Esclusivo per Sanità24

Con la prossima approvazione del Piano nazionale della cronicità, una delle proposte più importanti del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC)-Cittadinanzattiva diventerà realtà. Il Piano fornisce all’Italia una strategia, una visione e un programma di lavoro unitario sulle patologie croniche e lo fa attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni di cittadini e pazienti - seppur non su tutto il documento e migliorabile nella modalità - nonché individuando linee di intervento, obiettivi, risultati attesi, indicatori di monitoraggio e messaggi chiave di politica sanitaria.
Finalmente si passa dalla medicina di attesa alla medicina d’iniziativa, si punta alla presa in carico integrata della persona, si fa espresso riferimento al Chronic Care Model, si prevede l’adozione di Pdta nazionali, l’istituzione dei registri di patologia, oltre che la promozione di Piani di cura personalizzati e Patti di cura. Si punta sul modello ad intensità di cura, sull’educazione terapeutica, sull’empowerment e sulla sanità digitale. Particolarmente apprezzabile è l’evoluzione del concetto di esito, non più da intendersi solo dal punto di vista clinico ma anche rispetto alla qualità di vita. Positiva la previsione dell’attività di valutazione e umanizzazione delle cure.
Persistono però anche alcune ombre. Innanzitutto il ritardo; secondo il Patto per la salute il Piano andava approvato entro dicembre 2014. Non è previsto uno specifico finanziamento, nonostante il Piano elenchi una serie di azioni ad impatto sulla spesa: la sanità digitale, i registri di patologia, i cambiamenti nell’organizzazione dei servizi e nelle funzioni/gestione del personale sanitario. Il Piano è stato redatto senza coinvolgere il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nonostante il richiamo al superamento dei “confini tra servizi sanitari e sociali”. Si continuano a considerare obiettivi da raggiungere l’implementazione di importanti misure previste dal Patto Salute 2014-2016, ormai quasi 2 anni fa, sulla riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Il Piano non fa riferimento ad alcun arco temporale e questo potrebbe avere un impatto negativo sulla sua concreta e tempestiva attuazione. Non è prevista una tempistica precisa per linee d’intervento, obiettivi e risultati individuati, né rispetto al monitoraggio sull’attuazione del Piano.
Le organizzazioni di cittadini e pazienti non sono menzionate tra gli “attori” del Piano. Particolarmente grave il fatto che la sezione sul “ruolo delle associazioni dei pazienti e delle loro famiglie” sia stata scritta e pensata senza il confronto e il coinvolgimento delle organizzazioni di cittadini e pazienti che hanno collaborato alle altre parti del documento, disattendendo il principio del “Nulla su di noi senza di noi”: si delinea un’idea di associazionismo amministrato e ingabbiato e si istituisce la figura del volontario “efficiente, affidabile, etico, professionale”!
La garanzia dell’equità di accesso alle prestazioni sanitarie su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai farmaci anche innovativi, meriterebbe una maggiore sottolineatura. Non è affrontato il tema del superamento degli attuali ostacoli alla mobilità dei malati cronici sul territorio nazionale. Andrebbe poi richiamata l’attenzione su sistemi di remunerazione delle prestazioni più funzionali agli obiettivi clinici, mettendo fine ad esempio ai tanti casi di interruzione di cicli di riabilitazione per esaurimento del budget.
Ci aspettiamo in definitiva che il Piano sia migliorato dal ministero, prima dell’invio alla Conferenza Stato-Regioni.

Tonino Aceti

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