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Rapporto Istat 2016: anziani più dinamici, stili di vita migliori ma troppi bimbi obesi e disuguaglianze

di Red. San.

Anziani più dinamici, stili di vita più salutari (alimentazione più sana, più sport, meno tabacco) ma anche sovrappeso da record per i bambini e disuguaglianze di salute, soprattutto tra i maschi, associate a condizioni di svantaggio sociale. Sono questi alcuni dei trend registrati dal Rapporto annuale 2016 dell'Istat.

Anziani baby boomer più dinamici e in migliori condizioni di salute
Le nuove generazioni di anziani sono diverse da quelle del secolo scorso ma anche dalle generazioni di cinquant'anni fa. L'aumento dei livelli di istruzione e di benessere economico, stili di vita via via più salutari, prevenzione e progressi in campo medico hanno migliorato le condizioni di vita della popolazione anziana, con guadagni consistenti non solo nella vita media, ma anche nella qualità della sopravvivenza. La generazione dei baby boomer, cioè coloro che sono nati dal 1946 al 1965, arrivano alla soglia dell'età anziana in condizioni di salute decisamente migliori rispetto alle precedenti, con quote più basse sia di persone affette da limitazioni funzionali sia di chi dichiara di star male. Lo star bene in salute, e ancor più gli elevati tassi d'istruzione delle generazioni che man mano passano nella fase anziana della vita, favoriscono l'invecchiamento attivo, cioè non solo la capacità di essere fisicamente attivi o di partecipare alla forza lavoro, ma anche di partecipare alla vita sociale, economica, culturale e civile. Tra le numerose attività degli anziani in Italia, non bisogna dimenticare quella di nonno. In media, rileva l'Istat, si diventa nonni a 54,8 anni. Anche se non si vive più sotto lo stesso tetto, i rapporti tra nonni e nipoti rimangono ben saldi nel tempo. Cresce anzi il ruolo attivo dei nonni: l'affidamento dei nipoti fino a 13 anni li coinvolge nell'86,9% dei casi

Migliorano gli stili di vita
La diminuzione dei consumi a rischio e la maggiore diffusione di abitudini salutari, ad esempio una vita non sedentaria e una dieta più ricca di frutta e verdura, accomuna tutte le generazioni italiane. L'analisi sugli stili alimentari per generazioni eseguita dall'Istituto su un ventennio mette in luce un aumento consistente del consumo giornaliero di verdure e ortaggi tra il 1995 e il 2015, in particolar modo tra i nati dopo il 1965 (la generazione di transizione e la generazione del millennio). Passando ad analizzare le attività fisiche e la sedentarietà, nel 2015 il 33,5% delle persone di 5 anni e più dichiara di praticare uno o più sport nel tempo libero; il 23,9% si dedica allo sport con regolarità, il 9,6% saltuariamente. Tra le nuove generazioni, i livelli di pratica sono superiori a quelli delle generazioni precedenti. Ulteriore segnale positivo è la progressiva riduzione del consumo di tabacco a partire dagli anni '80.

Sovrappeso e obesità infantile: Italia maglia nera
Sovrappeso e l'obesità si stanno diffondendo rapidamente nell’Unione europea e riguardano ormai una quota importante della popolazione anche in Italia, dove l'eccesso di peso tra gli adulti è però meno diffuso rispetto alle altre nazioni europee. L'andamento è crescente, soprattutto tra i maschi (da 51,2% nel 2001 a 54,8% nel 2015). Ma il fenomeno più preoccupante è quello della diffusione del sovrappeso tra bambini e adolescenti, che invece è tra le più alte in Europa e di considerevole interesse per le ricadute sulla salute pubblica dei prossimi decenni.

Disuguaglianze di salute e svantaggio sociale
Lo svantaggio sociale si associa a rischi più elevati di cattiva salute e di mortalità. L'effetto del titolo di studio sulla speranza di vita è più marcato tra gli uomini. Gli uomini con
basso titolo di studio (al massimo la licenza media) hanno, a 25 anni di età, uno svantaggio
nella speranza di vita di 3,8 anni rispetto ai laureati, mentre tra le donne la differenza è di
2,0 anni. L'effetto del titolo di studio si mantiene rilevante anche tra gli anziani (65 anni),
con un vantaggio per uomini e donne con titolo di studio elevato rispettivamente di 2,0 e 1,2
anni di vita. Ancora più netta la distanza nella speranza di vita a 25 anni tra laureati e persone che hanno conseguito al massimo la licenza elementare: 5,2 anni per gli uomini e 2,7 per le donne.

Spesa sanitaria e ricoveri
La spesa sanitaria pubblica è passata da circa 75 miliardi nel 2001 a 111 mld nel 2014, andamento frutto di una crescita media annua del 5,5% nel periodo 2001-2008 e di una sostanziale stabilità nel 2009-2014. L'andamento della spesa non ha proceduto di pari passo con quello dei ricoveri: nel periodo 2001-2008 il numero di ricoveri ospedalieri è diminuito mediamente a un tasso annuo prossimo all'1%, mentre negli anni successivi (2009-2014) il calo medio annuo è stato all'incirca del 4%. La funzione di spesa che più ha risentito della contrazione osservata nell'ultimo periodo è stata quella ospedaliera: cresciuta dal 2001 al 2008 a un ritmo superiore a quello della spesa sanitaria pubblica totale (+5,7%), è poi diminuita dal 2009 al 2014 di quasi l'1% l'anno. Alla ormai durevole diminuzione dei ricoveri non è quindi corrisposta una proporzionale riduzione della spesa ospedaliera, a conferma della difficoltà che incontra il sistema a fronteggiare i problemi legati ai vincoli di finanza pubblica. Il calo è derivato unicamente dalla componente dei ricoveri per acuti (-29%), di gran lunga la principale (91% dei ricoveri complessivi nel 2014). I ricoveri di lungodegenza, che rappresentano l'1,2%, sono aumentati tra il 2001 e il 2014 del 39%, quelli di riabilitazione (3,7% del totale) del 16,3%. Il processo di deospedalizzazione ha quindi interessato solo la componente `per acuti´, che costituisce la mission del servizio ospedaliero e su cui era possibile intervenire contenendo i ricoveri a rischio di inappropriatezza o che potevano essere gestiti dai servizi territoriali in maniera più efficiente sia per il sistema sanitario sia per il paziente.


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