Dal governo

Commissariamenti, si volta pagina. Per le riforme non bastano decreti “ad acta” ma leggi regionali

di Ettore Jorio (Università della Calabria)

Tanto tuonò che piovve sul super commissario ad acta cui i Governi che si sono succeduti negli ultimi sei anni hanno assegnato la cura della sanità calabrese. E piovve tanta kryptonite da bocciare sonoramente i pretesi superpoteri e i superdecreti, rispettivamente, fatti propri e assunti dall'attuale commissario Massimo Scura. Questi ultimi idealizzati per procedere alla fusione delle due aziende ospedaliere di Catanzaro. Al riguardo, era così naturale che occorresse una legge per modificare l'altra legge che le costituiva (lo abbiamo scritto ripetutamente su Sanità24 del Sole-24Ore , da ultimo il 6 maggio scorso anche in relazione al DCA 30/2016 ) tanto da fare sembrare la decisione, assunta nell'ultimo Tavolo Adduce (19 aprile scorso), come la scoperta dell'acqua calda. Così come sono apparse scontate le altre cose ivi definite e la condivisione delle ragioni commissariali di pretendere la necessaria collaborazione della burocrazia regionale.

Allo stesso modo, in una Regione ove l'anormalità è la regola, sono sembrati eccessivamente scontati:
a) gli auspici interministeriali che la sanità calabrese debba avere un decisore unico, nel caso di specie il commissario ad acta, sotto il profilo gestionale;
b) in controtendenza con quanto precedentemente sostenuto a sostegno dei superpoteri, l'affermazione che le leggi debbano essere approvate esclusivamente dall'organo regionale cui la Costituzione assegna, ineludibilmente, l'esercizio del relativo potere: il Consiglio.

Quindi, a nulla valgono i provvedimenti assunti sino ad oggi dai commissari ad acta volti a stravolgere l'organizzazione della salute in Calabria, prima fra tutte quella ospedaliera. Un assunto che vale, ovviamente, per tutte le Regioni commissariate (Abruzzo e Molise) ove si era proceduto a sancire, con legge, la programmazione sanitaria (Corte Costituzionale dixit).
In buona sostanza, nella decisione concretizzatasi ad esito dei lavori dell'anzidetto tavolo romano vi è un'altra importante verità. Essa risiede nel prescrivere (dopo aver glissato sull'argomento per circa due mesi) un'apposita legge regionale per perfezionare la prevista aggregazione ospedaliera catanzarese, nell'implicito riconoscimento della illegittimità del DCA n. 30 del 3 marzo 2016. Quel decreto commissariale che, assurdamente, avrebbe la pretesa di riorganizzare tutta la rete assistenziale ospedaliera calabrese, impugnato al Tar della Calabria dai Comuni più sensibili alla tutela della salute delle loro collettività e non solo.
Se è vero, infatti, che per modificare la legge regionale n. 11/2004 (meglio il Piano sanitario regionale che la stessa ha approvato), in relazione alla fusione delle due aziende ospedaliere in esso previste (AO Pugliese-Ciaccio e AOU Mater Domini) occorre un'altra legge regionale è anche vero che se si ha voglia di riorganizzare ivi l'intero sistema ospedaliero occorre un medesimo strumento, di spessore legislativo. Un provvedimento del massimo Consesso regionale, perfezionato a seguito nei necessari confronti interistituzionali e categoriali.
Non farlo, contravviene alla Costituzione e offende i calabresi, anche in relazione all'esercizio della delega elettorale dai medesimi affidata ai consiglieri regionali.

Dunque, dal tavolo Adduce arrivano:
- una precisa indicazione al giudice amministrativo calabrese a ben decidere sui ricorsi posti al suo esame da tanti Comuni calabresi (tra gli altri, Corigliano Calabro, San Giovanni in Fiore, Cetraro, Acri e Mormanno), i più attenti a tutelare i loro cittadini contro tutti gli atti diretti ad impedire la corretta esigibilità dei diritti sociali;
- ma soprattutto, un preciso mandato al Consiglio regionale della Calabria. Esso riguarda l'attenta valutazione complessiva dell'assistenza ospedaliera, con conseguente programmazione di quella territoriale. Quella species assistenziale che non è mai esistita e nei confronti della quale mai alcun governo regionale ha garantito la dovuta attenzione.
Un adempimento ineludibile, quello del Consiglio regionale di riprendersi l'esercizio del proprio più importante ruolo istituzionale e, dunque, di disegnare bene il sistema sanitario calabrese. Un modo per farlo passare dal peggiore esistente nel Paese - detentore del record di mobilità passiva che, nel 2015, ha travalicato la soglia annua di 300milioni - ad un modello accettabile, nel breve, e dunque (finalmente) efficiente.
Un risultato politicamente e istituzionalmente doveroso conseguibile a condizione che ciascuno sappia e voglia fare ciò che si deve alla Costituzione e ai cittadini, orfani dei diritti fondamentali altrove percepiti.


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