Dal governo

Innovazione sostenibile, le chance del «payment by results». Pani (Aifa): «Ssn unico modello vincente, le assicurazioni non possono reggere»

di Rosanna Magnano

La parola d’ordine per la nuova governance del farmaco è «payment by results», la rimborsabilità dei farmaci dal Ssn all'industria solo per quei pazienti che rispondono alla terapia. L’ha ribadito la ministra della Salute Beatrice Lorenzin questa mattina nel corso dell’incontro organizzato da Aifa su «Innovazione sostenibile, dal paziente al sistema», durante il quale è stata presentata una pubblicazione Aifa sull’argomento. E lo ha sottolineato ancora una volta il direttore generale dell’Agenzia regolatoria del farmaco, Luca Pani: «Dobbiamo abbandonare i sistemi di cost sharing e risk sharing - ha spiegato - perché a noi non convengono più, lo dico francamente. Puntare tutto sul payment by results, perché ormai le medicine funzionano e funzionano parecchio e negoziare in modo feroce i valori che riusciamo a ottenere da questi risultati. Tenendo conto che siamo il pagatore unico. Perché è facile raccontare cosa fanno la Francia, la Germania, l’Inghilterra, dove ci sono altri pagatori o altri modelli. Non ho niente contro il profitto, anzi. Ma il Sistema sanitario nazionale è un valore per l’intera filiera, anche per lo sviluppo economico e gli investimenti». Il punto fermo, per Pani, deve restare la difesa del Ssn. «Lo dico alle aziende presenti: non fatevi ingannare o illudere dal fatto che i pagatori privati , cioè le assicurazioni, possano reggere questo tipo di modellistica che sta arrivando adesso. Certo troverete dei pagatori che vi pagheranno le terapie generiche, con dei premi di assicurazione pesanti. Ma non troverete un pagatore che vi prende tutto il ventaglio, dalla Furosemide generica fino alla terapia genica. L’unico negoziatore-pagatore che può fare questo è il Servizio sanitario nazionale. Questo è un modello vincente anche per innovare e per garantire l’accesso alle cure ai cittadini e ai pazienti».

Insomma il mantra che emerge dalla mattinata di lavori è che l’età del bronzo per i farmaci è finita, siamo ormai in piena età dell’oro e gli strumenti di governance della spesa utilizzati finora sono ormai del tutto inadeguati. Via i tetti, via i silos. I prodotti innovativi già arrivati o in arrivo sono una sfida per la sostenibilità dei sistemi sanitari mai affrontata finora. «Il sistema va ripensato - spiega la ministra Lorenzin in un intervento fiume - perché ancora trattiamo l’oro come se fosse un’eccezione, ma presto sarà la regola. Abbiamo creato il fondo per l’Epatite C. La mia idea è di ampliarlo anche agli oncologici. Stiamo sperimentando nuove vie. Un banco di prova globale per l’assistenza sanitaria che sta impegnando soprattutto Italia, Stati Uniti e Germania».

In arrivo c’è in effetti uno tsunami di innovazione: immunoterapia, endotossine batteriche, sensori collegati a sistemi di delivery, terapie legate all’autoimmunità.

Il problema, come noto, sono i costi. La percezione comune è che i farmaci innovativi «costano troppo». Ma i conti devono tornare. «Se il prezzo non è sostenibile - sottolinea la ministra - il circuito va in tilt. L’Epatite C ci è costata un miliardo, ma quanti trapianti di fegato abbiamo evitato e costi legati alla gestione della cronicità?». Il quadro è in movimento, anche da un punto di vista delle competenze, con la riforma del Titolo V della Costituzione. E una cosa è certa, ribadisce con forza Lorenzin: questa è una partita epocale che va gestita da persone che hanno le giuste conoscenze. E «chi si occupa di sanità nelle Regioni, che impegna l’80% dei budget, deve conoscere a fondo le problematiche ed essere adeguatamente formato».

Per il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, per la sostenibilità del sistema serve il Pil. E l’industria farmaceutica, «il suo grande contributo lo ha dato». Ma bisogna anche mettere a fuoco la sostenibilità della ricerca, che ora costa molto più di prima: «Servono 10-15 anni per portare un nuovo prodotto in fabbrica - spiega Scaccabarozzi - e almeno un paio di miliardi di investimenti. Le percentuali di successo dopo la fase I è del 4 per cento e solo un farmaco su 10mila arriva sul mercato. È quindi ovvio che questi medicinali costino di più, ma chiediamoci anche che impatto producono. Bisogna riconoscere l’oro. E aiutare la ricerca. Per farla, serve una mole incredibile di dati. In Italia abbiamo i registri. Se fosse possibile per l’industria accedervi, risparmieremmo sui costi della ricerca».

Il nodo è la nuova governance, in stallo da troppo tempo. «Il tavolo sulla farmaceutica, mi riferisco a quello in piedi da qualche anno, la soluzione l'ha già trovata. C'è stata una proposta presentata dall'allora viceministro e oggi ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Era un'ipotesi che, derivando da quel tavolo, ha visto la partecipazione di tutti: Regioni, Aifa, Economia, Salute, Sviluppo economico, associazioni di categoria, aziende. Non vedo perché non si debba procedere. Il tavolo ha dato, ora bisogna rendere operativa quella proposta in tempi brevi: abbiamo già perso il 2015, quasi tutto il 2016. Mi auguro che per il 2017 la situazione non sia ancora stagnante».

«La proposta fu presentata a San Francisco durante un meeting Jp Morgan - ha ricordato Scaccabarozzi - quando Calenda fece un incontro con tutte le industrie, con il partenariato americano. Si è prospettata questa nuova governance dicendo che la spesa farmaceutica territoriale doveva essere mantenuta perché sotto controllo e che sull'ospedaliera si poteva cominciare a spostare al di fuori dal tetto programmato un paio di categorie di farmaci, che sono ben identificate e strettamente monitorate dall'Aifa, con una spesa assolutamente controllata, per metterle all'interno di una valutazione di Health Technology Assessment ospedaliero. Spesso questi farmaci fanno risparmiare su altre voci di spesa o, perlomeno in ospedale, ormai il medicinale è parte integrante di una cura allargata e non può essere considerato un `silos´. L'idea era di provare con un paio di aree terapeutiche e di vedere come andava. A noi l'idea era piaciuta, perché quando si fanno test pilota si può vedere concretamente se è il caso di estendere l'esperimento. Io mi auguro che la proposta venga ritirata fuori e portata avanti. Ci vuole una governance completamente nuova, altrimenti non andiamo da nessuna parte».


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