Dal governo

Corte dei conti: ancora ampi margini per la spending review, sfoltire gli enti della Pa

di Roberto Turno (da Il Sole 24 Ore di oggi)

L’effetto spending review tra il 2010 e il 2015 è stato «assai severo» e ha colpito soprattutto le spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche e «i servizi resi ai cittadini». Colpendo con l'accetta i redditi da lavoro dipendente, che nel frattempo sono crollati in valore assoluto di 10 miliardi. Nel tradizionale giudizio di parificazione del bilancio dello Stato del 2015, la Corte dei conti ribadisce le perplessità già espresse di recente nel «Rapporto di coordinamento della finanza pubblica», a partire dagli errori e dagli effetti negativi dei tagli lineari. Ma al tempo stesso mette in guardia: per la spending review ci sono ancora ampi margini di miglioramento, mentre gli investimenti pubblici stanno soffrendo le penalizzazioni delle politiche di rientro. Ma non solo, aggiunge la magistratura contabile: serve una decisa potatura degli «ipertrofici » enti della Pa così come anche delle Authority, tanto più mentre la stessa riorganizzazione della macchina pubblica continua a procedere in maniera «defatigante e disordinata».
La politica di spending review, almeno in termini di risultati assoluti, viene promossa nella relazione di ieri del presidente Raffaele Squitieri, che a giorni andrà in pensione. Ma non senza importanti distinguo da parte del presidente della Corte: perché, ha aggiunto Squitieri, sono state colpite «soprattutto le spese che più incidono sul funzionamento delle amministrazioni e sui servizi resi ai cittadini». Con un effetto a valanga sui redditi dei dipendenti pubblici, ma anche con risparmi «molto rilevanti» della spesa per interessi sul debito. Le classiche due facce della stessa medaglia.
Anche se, ha tenuto a sottolineare a sua volta il presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti, Angelo Buscema, per i risparmi derivanti dalla spending review esistono ancora «ulteriori margini di miglioramento». Abbandonata la strada impervia e per tanti versi dannosa dei tagli lineari, ha spiegato Buscema, la revisione selettiva della spesa dei ministeri «non ha inciso sui livelli». E per questo, Buscema ha ancora una volta rilanciato la posizione già più volte espressa dalla magistraura contabile almeno negli ultimi due anni: la necessità di rivedere quanto può restare ancora a carico dello Stato e quanto invece va “eliminato”. Ma, ha aggiunto con una evidente sottolineatura, facendo bene attenzione «a non incidere negativamente sul potenziale di crescita». Una nuova revisione della tax expenditures, insomma, ma implicitamente anche una possibile rivisatazione del perimetro di intervento della “mano pubblica” nei servizi.
Il capitolo della revisione della macchina pubblica e del disboscamento di poteri, di enti inutili e costosi, è stata del resto al centro anche della relazione del Procuratore generale presso la Corte dei conti, Martino Colella. Che da una parte ha giudicato ancora timida e disordinata la riforma della Pa. E, dall'altra, non ha esitato a sollecitare un ridimensionamento dell'«ipertrofia» tipica degli enti e delle strutture “aggregate” della Pa. Così come del resto, vale per le Authority indipendenti.
«Urge uno sfoltimento» di enti e organismi inutili o sovrabbondanti, è insomma la parola d'ordine della Corte dei conti. E questo perché, ha spiegato senza peli sulla lingua il Procuratore generale, il sovradimensionamento e l'ingrossarsi degli enti statali o parastatali non può più essere eluso, o solo falsamente perseguito e annunciato. Per farcela è invece indispensabile, «più che l'avvicendarsi di generiche, e spesso contraddittorie previsioni di riduzione o razionalizzazione, la cui attuazione è sostanzialmente lasciata alla mera discrezionalità se non all'arbitrio delle amministrazioni centrali o locali interessate», una «concreta attività di sfoltimento». Fatti, non più solo parole e promesse. A cominciare «dai casi in cui è più evidente la duplicazione delle competenze e la sostanziale mancanza di un interesse pubblico attuale alla loro esistenza».


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