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Rapporto Oasi 2016: «Manager Ssn, il mercato che non c’è»

di Agnese Pirazzoli, Francesco Longo e Raffaella Saporito (Cergas Bocconi)

La recente riforma dei meccanismi di selezione dei Direttori generali della sanità ha riacceso il dibattito su come combinare trasparenza ed efficacia nei processi di reclutamento dei vertici strategici delle aziende sanitarie. In particolare, il Dlgs 171/2016 si basa due principi: effettuare le selezioni sulla base della professionalità e della capacità tecnica e non (solo) sulla base della fiducia politica e, poi, favorire la creazione di un mercato interregionale delle competenze di health-management.

Saranno sufficienti le misure del decreto a stimolare una maggiore mobilità dei manager? Lo studio contenuto nel capitolo 12 del Rapporto Oasi 2016 intende contribuire al dibattito indagando gli ostacoli che hanno impedito fino a oggi l’affermazione di un "mercato" nazionale della dirigenza sanitaria. La ricerca, infatti, esplora il funzionamento del “mercato dei direttori generali” attraverso l’analisi della domanda e dell’offerta in esso presenti: da un lato le aspettative e le strategie di reclutamento messe in atto per selezionare i vertici delle proprie aziende dagli assessorati alla sanità delle Regioni; dall’altro le aspettative, aspirazioni e disponibilità alla mobilità (interregionale e fra settori, ovvero fra pubblico e privato sanitario) dei Dg.

Requisiti e regioni
Secondo la prospettiva degli assessorati regionali alla sanità, basata sugli esiti di interviste semi-strutturate condotte dai ricercatori con una selezione di direttori regionali e di alcuni loro stretti collaboratori, gli ostacoli principali all’attrazione di profili qualificati provenienti da altre Regioni o settori, come il privato sanitario, sono legati a vincoli normativi ed economici, entrambi persistenti alla riforma. I requisiti minimi per la candidatura [coincidenti a quelli definiti all’interno dell’articolo 3-bis del Dlgs 502/1992, ovvero il possesso di: a) diploma di laurea magistrale, b) comprovata esperienza dirigenziale, c) attestato di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria (entro 18 mesi dalla nomina); questi requisiti sono rimasti sostanzialmente inalterati all’interno del Dlgs 171/2016], ad esempio, sono ritenuti inappropriati, in quanto da un lato non permettono di escludere figure dirigenziali con ridotta autonomia e responsabilità di gestione di risorse, e dall’altro tengono fuori dal perimetro dei candidabili figure come consulenti o professionisti con qualificata esperienza di staff ai vertici aziendali, tipicamente più giovani e con potenzialità interessanti. Ulteriore criticità riguarda il tetto alle retribuzioni erogabili (variabile da regione a regione, ma mediamente pari a circa 130mila euro l’anno), per tre ordini di ragioni: non è competitivo con i compensi degli omologhi nei grandi gruppi privati della sanità (mediamente superiori ai 200mila); i compensi sono standard ed è impossibile differenziare sulla base delle dimensioni aziendali o della complessità delle sfide presenti; il sistema di retribuzione tipico della dirigenza pubblica non prevede la possibilità di utilizzare benefit per incentivare i fuori sede.

In relazione invece alla capacità delle Regioni di selezionare i Dg sotto il profilo tecnico, l’analisi condotta evidenzia la diffusione di alcune pratiche “virtuose”: il profilo psico-attitudinale - essenziale per apprezzare ad esempio le capacità e tipologie di leadership - è valutato attraverso test o interviste professionali; i tradizionali Cv sono stati superati da strumenti più raffinati, come i format di candidatura costruiti per rendere comparabile il valore delle esperienze pregresse. L’utilizzo di strumenti avanzati non è però sufficiente per garantire una buona riuscita della selezione: secondo gli intervistati infatti, vista la reticenza della politica nel definire le competenze ricercate per la costituzione della squadra regionale, spetta in genere ai tecnici - tipicamente coinvolti nelle commissioni di valutazione - aiutare i policy maker a esplicitare le aspettative di ruolo. In aggiunta, nella pratica, raramente si è ragionato in termini di competenze specifiche per ogni azienda o per classe di aziende.

La seconda parte della ricerca ha analizzato le aspettative e preferenze di impiego dei Dg, attraverso una survey su 264 destinatari (tasso di risposta 33%), comprensiva anche di un campione di vertici di aziende sanitarie private.

Dai risultati del questionario emerge che sono tre le cose che i Dg della sanità percepiscono come più distanti da come dovrebbero essere nel proprio incarico ideale: le risorse a disposizione per investimenti, i bonus di risultato legati alle sfide gestite e la chiarezza delle strategie sanitarie regionali.

I risultati registrati sull’importanza del prestigio dell’azienda e del sistema sanitario regionale sembrano inoltre suggerire una certa disponibilità a muoversi verso contesti più critici, a patto che restino invariati l’autonomia strategica ed organizzativa e a fronte di una relazione con la parte politica chiara e affidabile.

E i manager del privato? Sono mediamente più soddisfatti rispetto ai colleghi del pubblico delle proprie retribuzioni e benefit, lo stesso vale per il livello di autonomia gestionale. Il prestigio dell’azienda è importante, ma l’aspetto più critico per i manager del privato è la qualità delle relazioni con le istituzioni e in particolar modo la chiarezza delle strategie regionali, a oggi considerata il punto di minore soddisfazione.

In conclusione, per sostenere lo sviluppo di un "mercato nazionale della dirigenza sanitaria", occorre, da un lato, intervenire per supportare la capacità delle Regioni di esprimere una domanda di competenze manageriali qualificata e, dall’altro, rimuovere gli ostacoli che frenano l’offerta di competenze manageriali in ottica interregionale, oltre che intersettoriale.

Sul piano delle riforme di sistema, occorre superare i limiti tipicamente legati ad una selezione formale per titoli e indirizzare la revisione dei contratti verso il riconoscimento ai direttori generali di compensi allineati ai budget a loro affidati. Sul piano delle politiche regionali, per riqualificare le strategie di reclutamento, occorre che ogni processo di selezione sia preceduto da una definizione puntuale del modello di competenze atteso; tale modello deve essere capace di cogliere le attitudini alla leadership, e non solo le capacità tecnico-professionali, e deve essere articolato, se non per ogni azienda, almeno per ciascun gruppo di aziende. Sul fronte dei processi di selezione, l’innovazione negli strumenti può fare la differenza, magari supportata dalla diffusione e sistematizzazione delle pratiche più avanzate già sperimentate. Infine, poiché la capacità di un sistema regionale di attrarre profili manageriali eccellenti dipende non solo dalla qualità del processo di selezione, ma anche dalla credibilità del progetto politico e dalla franchezza e affidabilità della relazione con la politica, il rapporto con i vertici regionali rappresenta un fronte di investimento strategico anche per qualificare le politiche di gestione della squadra dei Dg.


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