Dal governo

I governatori-commissari: ecco cosa ha devastato la sanità del Sud

di Luca Antonini (Ordinario di diritto costituzionale, Università di Padova)

La legge di stabilità per il 2017 abroga la disposizione della legge di stabilità 2015 che vietava la scellerata (e sbagliata) interpretazione del Titolo V della Costituzione per cui ogni volta che una Regione veniva commissariata sulla sanità, il commissario doveva essere il presidente della Regione stessa.
La prassi dei governatori-commissari è stata quella che ha devastato la sanità del Sud: dare poteri di commissario a chi è stato l'autore dello sfascio dei conti pubblici e della qualità del sistema sanitario regionale ha provocato danni enormi. L'attuale, immenso divario tra la sanità del Nord e quella del Sud, molto è dipeso da quella infelice prassi. Basti pensare che nel 2007 Bassolino aveva dichiarato un debito sulla sanità per 1,2 miliardi di euro e solo un'inchiesta aperta dal Consiglio regionale riuscì a fare emergere che il debito pregresso era, invece, di 7,9 miliardi. Miliardi che poi furono ripianati a spese di tutti i contribuenti italiani da Prodi nel 2008.
Rendere commissario l'autore del dissesto vuol dire assurdamente esentarlo dal controllo del Consiglio regionale, a danno dei conti pubblici e a danno della salute dei cittadini. Con molta fatica, anche per le continue denunce del sottoscritto in tutte le sedi, si era riusciti a fare superare la prassi dei Governatori commissari, che con il Titolo V e con il federalismo, in realtà non c'entrava nulla e anzi li contraddiceva pienamente.
Ma ora si ritorna li.
È veramente paradossale che il Governo giustifichi la ricentralizzazione operata dalla riforma costituzionale anche sulla sanità - data la clausola di supremazia che la permette – proprio motivando sul dovario esistente tra Nord e Sud e poi approvi disposizioni di questo tipo.
Secondo la riforma costituzionale, infatti, l'inefficiente centralismo italiano (che non è quello francese e che già Luigi Sturzo criticava nel 1949) viene imposto anche alle regioni virtuose: questo provocherà costi incalcolabili. I modelli di organizzazione della sanità (la sanità rappresenta l'80% della spesa regionale) di Veneto, Lombardia, Emila Romagna e Toscana sono eccellenze mondiali. Lo dimostrano i dati Ocse che li pongono ai vertici assoluti nel rapporto tra qualità e costo del servizio. Il punto di forza di questi sistemi è la differenziazione: il modello lombardo è diversissimo da quello toscano, quello veneto da quello emiliano e così via. Ma la semplice tutela dell'interesse nazionale, vale a dire dell'indirizzo politico della maggioranza, potrà consentire, attraverso l'esercizio della clausola di supremazia, di riaccentrare in modo egualitario tutta l'organizzazione sanitaria. I costi derivanti dallo smantellamento di questi sistemi potranno essere enormi (sulla sanità ogni anno impegniamo 110 miliardi). Andrà così? Facile prevederlo, vendendo già, a costituzione vigente, alcune soluzioni imposte dalla riforma Madia, come la centralizzazione della nomina dei dirigenti della Sanità, sottratta alle regioni.
Questa ricetta rischia di trasformare il Veneto o l'Emilia Romagna come la Calabria o la Campania, non viceversa. E il danno sarà enorme per tutti: quelle 250 mila persone che oggi dal Sud vengono a farsi curare al Nord, rimborsate dal servizio sanitario regionale non avranno altra alternativa che farsi curare dalla sanità privata a pagamento. Altro che eguaglianza!
L'unico rimedio per la sanità del Sud - lo vado ripentendo da anni - è un serio commissariamento, perché qui lo stato dovrebbe essere forte: invece sarà assente sia in Calabria che in Campania con De Luca e Oliviero Commissari.
Non si fa quello che sarebbe ragionevole e in prospettiva la riforma costituzionale conferma il paradosso di uno Stato invasivo al Nord e assente al Sud. La nuova disposizione della legge di stabilità per il 2017 sui Governatori Commissari prefigura adeguatamente lo scenario cui andiamo incontro. In sintesi: i cittadini sia del Nord che del Sud sappiano chi dovranno ringraziare dell'infelicissimo risultato cui stiamo andando incontro.


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