Dal governo

Una piattaforma a 4 pilastri per il nuovo welfare

di Massimiliano Valerii (direttore generale Censis)

Il 50° Rapporto Censis (s.veda capitolo «Welfare» ) certifica una verità semplice: la ridefinizione delle coperture del sistema di welfare non potrà avvenire automaticamente con la fine della crisi e la ripresa economica, che pure stenta ad arrivare. Perché è in atto non solo una contrazione delle risorse disponibili legata ai tagli di questi anni. I fenomeni sociali che hanno caratterizzato l'ultimo periodo: dalle persistenti difficoltà nella creazione di nuovo lavoro all'evidente blocco della mobilità sociale, alle crescenti disuguaglianze, stanno determinando un attacco fatale al welfare italiano su due fronti: dal lato del finanziamento, perché l'assottigliamento della base dei lavoratori porta a meno redditi da tassare e quindi a meno risorse da destinare alle prestazioni sociali; e dal lato della domanda, perché crescono i bisogni dei disoccupati, delle persone senza reddito e anche dei nuovi lavoratori “on demand” con guadagni molto ridotti.

Il nostro welfare è prigioniero, in realtà, di criticità sistemiche legate alla dinamica dell'economia, che si muove lenta e non crea più abbastanza lavoro in grado di assicurare a tutti redditi adeguati.
Il carattere sistemico delle difficoltà del welfare spiega alcuni dati choc, come il numero di italiani che rinviano le prestazioni sanitarie (11 milioni nell'ultimo anno) o degli occupati in condizione di povertà pur avendo un impiego. E spiega anche perché il sistema di welfare, nato come moderatore delle disuguaglianze sociali, oggi troppo spesso ne diventa l'amplificatore. I tagli di questi anni, quindi, hanno solo reso più evidente una crisi strutturale di lungo periodo.
Il Rapporto Censis testimonia, poi, che la scure non potrà guarire né la nostra sanità, né tantomeno il welfare italiano nel suo insieme, ma che allo stesso tempo del welfare gli italiani non possono e non vogliono fare a meno. Invece ci si è abituati a fare del contenimento delle risorse pubbliche per il welfare l'unica strategia operativa, senza affiancare ad esso una ridefinizione sostanziale dell'allocazione e dell'uso delle decrescenti disponibilità finanziarie. Così, alcuni bisogni sociali si patologizzano nella solitudine delle persone e delle famiglie: fare figli diventa una sfida controcorrente per genitori alle prese con la difficile conciliazione dei tempi di lavoro con quelli da dedicare alla cura familiare; la disabilità e la non autosufficienza si abbattono come macigni sulle spalle dei familiari delle persone coinvolte.

I cittadini però hanno accettato queste sfide, persino sul piano finanziario, mettendo in campo, ad esempio, una elevata spesa privata destinata ai servizi sanitari e all'assistenza socio-sanitaria, aggiungendo alle risorse economiche anche un elevato impegno diretto nella produzione di care (in modo particolare le donne). E “curando” l'incertezza con la corsa al risparmio cash cautelativo, pronto all'uso per far fronte a ogni evenienza. In fondo, da tempo il Censis rileva che gli italiani non vivono l'illusione di un ritorno a una copertura sociale totale pubblica e gratuita (o quasi). Sono consapevoli che occorre altro, resi edotti dalla concreta esperienza quotidiana del peso delle spese per il welfare che gravano sui bilanci familiari.
Il welfare deve certamente essere sostenibile sul piano economico, ma non può non fornire una copertura che vinca l'incertezza diffusa rispetto ad ambiti decisivi della vita delle persone: salute, futuro dei figli, vecchiaia. E parlare di welfare vuol dire anche parlare di sviluppo. L'individualizzazione di quei rischi sociali che un tempo erano coperti dal welfare pubblico impatta sulle scelte di vita (fare o non fare i figli?) e, sul piano economico, spiega la decrescente propensione all'imprenditorialità: fare impresa oggi significa fare una scommessa in assenza della rete di protezione di ultima istanza del passato.
Per il nuovo welfare serve allora una iniziativa di lunga durata che conduca verso un sistema a più pilastri: pubblico, privato, mutualità, sanitario integrativo. Un sistema multipilastro che non lasci soli i cittadini laddove il pubblico non riesce più a coprire i loro bisogni, ma punti a valorizzare le risorse che già oggi i cittadini spendono, facendo leva su economie di scala e logiche da gruppi d'acquisto. In tal modo l'articolazione dei soggetti di offerta, dei meccanismi di finanziamento, delle procedure di intermediazione e di erogazione dei servizi consentirà alla copertura del welfare di tornare ad ampliarsi, per ricucire le distanze e le fratture sociali. Così il welfare potrà tornare ad essere anche un motore di sviluppo: perché garantire protezione sociale significa far lievitare la propensione al rischio imprenditoriale (come nella tradizione italiana) e di qui favorire la creazione di lavoro di qualità e di redditi adeguati.


© RIPRODUZIONE RISERVATA