Dal governo

Italicum, Consulta: salta il ballottaggio, resta il premio. Legge subito applicabile

Bocciato il ballottaggio, via libera al premio di maggioranza. Illegittima anche la disposizione dell'Italicum che consentiva al capolista bloccato eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione. È la sintesi della sentenza dei 13 giudici della Consulta sulla legge elettorale per la Camera dei deputati, il cosiddetto Italicum. Una decisione presa dopo una lunga camera di Consiglio, riaperta stamattina alle 9.30, dopo un paio di ore in serata che non sono bastate per trovare un accordo. La Corte Costituzionale ha dichiarato che «all'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione».

Non opta candidato, vale il sorteggio
Bocciata la possibilità di opzione per il capolista eletto in più collegi, residua il criterio del sorteggio. «A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità - si legge nel comunicato della Corte - sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall'ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione».
Saltano ballottaggio e pluricandidature, ok a premio maggioranza. Sul ballottaggio sembrava esserci già un orientamento di massima della Corte (nella pre-camera di consiglio di lunedì) nel senso della sua abolizione e così anche sulle candidature multiple dei capilista (troppi 10 collegi in cui è possibile presentarsi: se il Parlamento vorrà reintrodurle dovrà abbassare il numero). Confermate anche le indiscrezioni della vigilia sul premio di maggioranza (per la lista che supera il 40% al primo turno), confermato proprio in base alla sentenza n. 1/2014 sul Porcellum, che lo eliminò perché non era agganciato a una soglia di voti. Ieri, durante l'udienza pubblica, una folta schiera di avvocati anti-Italicim aveva chiesto di cancellarlo, in base al principio per cui la legge elettorale in vigore «se ne infischia della rappresentatività e si preoccupa solo della governabilità». Sembra passata invece la tesi della Avvocatura generale dello Stato, «la Costituzione non vincola il legislatore in modo totale al proporzionale puro» ed è «arduo ritenere irragionevole la soglia del 40% prevista per far scattare il premio (tale da garantire il 55% dei seggi, pari a 340)».

Le motivazioni a febbraio
Ieri l l'udienza pubblica è durata oltre quattro ore, prima che iniziasse la maratona della camera di consiglio.
I 13 giudici costituzionali (ne mancano due per le dimissioni di Giuseppe Frigo, non ancora sostituito dal Parlamento, e per l'assenza per ragioni di salute di Alessandro Criscuolo) si sono chiusi in conclave alle 17 e ne sono usciti dopo un paio d'ore, dandosi appuntamento a stamattina per confezionare il comunicato stampa con un verdetto che non crei vuoti normativi ma, anzi, sia «autoapplicativo». Le motivazioni complete della sentenza - affidata al relatore Niccolò Zanon - arriveranno a metà febbraio. E conterranno certamente anche importanti indicazioni al legislatore.


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