Dal governo

Ricciardi: «La priorità del nuovo Iss? Mantenere vitale il Servizio sanitario nazionale. Per la metà dei precari soluzione nel Milleproroghe»

di Barbara Gobbi

Contribuire a sostenere e a promuovere, per rilanciarne il ruolo a livello nazionale, europeo e internazionale, un Servizio sanitario pubblico in affanno. Questa la mission indicata dal presidente dell’Istituto superiore di Sanità Walter Ricciardi, in questa intervista di presentazione del braccio tecnico-scientifico del ministero della Salute rinnovato. Un percorso partito da lontano, quando Ricciardi fu chiamato da commissario a mettere ordine nei conti e a svecchiare l’Iss.

Fatta la riorganizzazione, partirete con la programmazione triennale…
Esattamente. Nei prossimi tre anni, in linea con il decreto Madia, ci impegneremo ad aiutare il Paese a mantenere un Ssn. Sono convinto che un Paese civile non possa privarsi di una struttura tecnico-scientifica forte, di un grande istituto di ricerca e di sanità pubblica, con un ruolo terzo e autorevole. Il nostro obiettivo è contribuire a far sì che l’Italia affianchi la Germania nel “primo nucleo” di Paesi europei, secondo il progetto che con ogni probabilità sarà sancito a Roma ad aprile.

Come vi siete mossi per ridisegnare il profilo dell’Iss?
Il lavoro di riorganizzazione, dopo la messa in sicurezza dei conti chiesta a suo tempo dal Governo, si è concentrato negli ultimi 18 mesi, quando abbiamo varato il nuovo regolamento e il nuovo statuto e abbiamo fatto le selezioni per i nuovi dipartimenti e centri. Un’impresa titanica, per una struttura pubblica. Prima abbiamo fatto un’analisi sulle urgenze e i sui bisogni del Paese, di natura sia epidemiologica che organizzativa e gestionale, per poi riorganizzare l’Istituto sulla base dei talenti, interni ed esterni, che potevano ambire alla posizione di direttori, con una struttura organizzativa molto più piatta e coordinata.

Quali soluzioni per affrontare la magagna del precariato?
Delle 2.500 persone impegnate nell’attività di squadra che caratterizza e che caratterizzerà sempre più l’Iss, sono 530 i precari. Ci tengo a sottolineare che per noi sono professionalità assolutamente stimabili come le altre: alcuni sono in Istituto da 15 anni e oggi sono responsabili di servizi cruciali. Finalmente, con l’emendamento bipartisan al decreto Milleproroghe che dovrebbe andare in questi giorni al Senato, sostenuto all’unanimità dalla commissione Igiene e Sanità del Senato, una soluzione per circa la metà di queste persone è a portata di mano. I 12 milioni “trovati” dalle ministre Lorenzin e Madia e “bollinati” dal Mef, consentiranno la stabilizzazione dei primi 230 precari. Poi, grazie al decreto sugli enti di riordino che ci consentirà l’acquisizione stabile di attività e progetti, avremo la possibilità di assorbire gradualmente tutti gli altri lavoratori ancora in ballo.

Da dove arriveranno le risorse necessarie?
Le stiamo già acquisendo: ad esempio, siamo passati da 4 a 40 milioni di progetti internazionali e questo dato può senz’altro aumentare la nostra capacità assunzionale. Il decreto Madia applicato agli enti pubblici di ricerca consente strategie assunzionale in funzione dei progetti che prendono, non solo dei finanziamento dello Stato. I lavoratori precari assunti potranno lavorare anche su alcune delle tematiche che ci vedono coinvolti con responsabilità formali: si pensi ai disturbi dello spettro autistico o al coordinamento di tutti gli screening neonatali. Ancora, se passerà la legge sulla responsabilità professionale degli operatori sanitari, spetterà all’Iss la certificazione del sistema nazionale delle linee guida.

Il Grant Office è già attivo?
Sì, e anch’esso è frutto della riorganizzazione. Abbiamo creato 2 servizi. Il primo, per il coordinamento della ricerca nazionale e cioè per aiutare il sistema Paese a fare ricerca: ne sono frutto una serie di accordi con i più importanti Irccs italiani che coordiniamo noi nella ricerca traslazionale. Poi abbiamo attivato il Grant office Technology transfer, per curare al meglio tutto l’aspetto brevettuale. Perché i nostri 53 brevetti vanno sfruttati anche commercialmente.

Le sinergie pubblico-privato come si inseriscono in questo ridisegno?
Abbiamo attivato un gruppo di lavoro interno, che alla luce del nuovo Codice etico le sta incoraggiando e gestendo, con un’estrema attenzione a conflitti d’interesse e trasparenza. Del resto, la stessa Europa ci sollecita alleanze pubblico-privato: ricordo che abbiamo vinto 15 progetti Horizon 2020 e che il programma prescrive, oltre all’eccellenza scientifica, la presentazione di alleanze miste. Altrimenti i fondi non arrivano.

Può fare qualche esempio?
Con le industrie stiamo sviluppando progetti su nuovi vaccini e su tecnologie innovative. Ma diamo anche “una mano” ai grandi gruppi: è in piedi un accordo per supportare Eni, quando si fanno trivellazioni all’estero, nel proteggere la salute degli operatori e dei cittadini dei Paesi di destinazione.


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