Dal governo

L’utopia dell’abolizione del ticket

di Roberto Polillo

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24 Esclusivo per Sanità24

Il 14 febbraio scorso nel corso dell'audizione in Commissione Sanità del Senato, dedicata alla discussione sui Lea, il coordinatore degli assessori regionali alle Finanze, Massimo Garavaglia, ha dichiarato che le risorse messe a disposizione a tal scopo dalla legge di stabilità 2016 (800 milioni) sono per le Regioni del tutto insufficienti. «Per noi servirebbero 1,5 miliardi», ha aggiunto, marcando così una netta distanza dal ministero della Salute per il quale, invece, il costo aggiuntivo è di soli 771,8 milioni di euro; un sovracosto, quindi, già integralmente coperto dal finanziamento dello Stato.
La posizione del ministero viene illustrata nel dettaglio nella relazione tecnica di accompagno al provvedimento sui Lea e sintetizzata nella tabella, di seguito riprodotta, con la quantificazione degli oneri aggiuntivi e dei risparmi di spesa, realizzabili con il passaggio di oltre 100 prestazioni dal regime ospedaliero a quello di day hospital e da quello di day hospital a quello ambulatoriale. Per il ministero infatti l’impatto globale dell'aggiornamento dei Lea è riconducibile alla definizione della differenza tra:
a) da un lato, i costi aggiuntivi generati dalla previsione di prestazioni aggiuntive, nella misura in cui generino consumi aggiuntivi (oltre che sostitutivi delle prestazioni eliminate e/o trasferite ad altro setting assistenziale);
b) dall'altro, le economie conseguibili nei diversi ambiti assistenziali e le maggiori entrate connesse alla partecipazione ai costi sulla quota di consumi aggiuntivi di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

Entrando nel dettaglio del rapporto costi/minori spese nei diversi livelli assistenziali per quanto riguarda il Livello dell'assistenza ospedaliera, il saldo netto è un risparmio di 19,8 milioni, frutto della differenza tra maggiori spese di +30 milioni di euro (screening neonatale sordità congenita e screening neonatale malattie metaboliche), minori spese di -50 milioni (trasferimento di prestazioni dal regime ospedaliero a quello ambulatoriale cui 35,8 milioni circa per il settore pubblico e 14,25 milioni per il settore privato).
Per quanto riguarda invece il Livello dell'assistenza distrettuale, limitando la nostra analisi alla specialistica ambulatoriale, il saldo finale derivante dall'aggiornamento del nuovo nomenclatore è invece pari a + 380,8 milioni di nuovi costi, frutto anche esso della differenza tra maggior onere di +445 milioni (maggiori consumi relativi alle nuove prestazioni ambulatoriali), minori oneri per complessivi -64,2 milioni di cui ben 60,5 di nuovi tickets a carico dei cittadini (42 per maggiori consumi nuove prestazioni ambulatoriali e 18,1 per i trasferimenti da DH e DS in ambulatorio).

È dunque evidente che per lo stesso ministero il finanziamento dei Lea è (in parte) una partita di giro (di circa 100 milioni di euro) in cui co-finanziatori sono: le regioni attraverso un abbattimento delle attuali tariffe di rimborso come conseguenza del mutato setting assistenziale e i cittadini con l'imposizione di nuovi e più pesanti ticket per accedere alle novelle prestazioni.

In questo quadro, è comprensibile la riserva con cui le regioni hanno accolto la proposta del ministro Lorenzin di abolire i ticket perché “marginali” rispetto all'importo complessivo del FNS. Un risultato che si potrebbe ottenere semplicemente «portando avanti il processo di spending review del Patto della salute» (ex articolo 8).
Il fatto è che l'importo complessivo dei ticket è pari a 3 miliardi annui e che le reali disponibilità del Fondo Sanitario non sono di 113 miliardi ma di 112,5. E questo causa la presenza di somme già vincolate a specifici capitoli di spesa (1 miliardo per i farmaci innovativi, 400 milioni per il rinnovo dei contratti del personale, 75 milioni per le stabilizzazioni dei precari e 100 milioni per i vaccini) che vengono, in un certo senso, sottratte alla disponibilità delle regioni medesime per spese correnti.
Se le parole del ministro divenissero realtà, le regioni verrebbero a disporre di meno di 110 miliardi: una cifra assolutamente inadeguata anche in considerazione del fatto che per una omogenea applicazione dei Lea su tutto il territorio nazionale la cifra ipotizzata dalle regioni stesse di 1,5 miliardi dovrebbe in realtà essere moltiplicata per due.
È del tutto evidente dunque che, stante l'attuale situazione dei conti pubblici del paese, la proposta Lorenzin non solo non è realizzabile, ma non è neppure ipotizzabile.
Spiace soltanto che ad averla formulata non è stato uno dei diversi segretari di partito, per i quali è lecito gettare il cuore oltre l'ostacolo specie in prossimità della scadenza elettorale, ma il ministro della Sanità che si dovrebbe occupare solo di migliorare le condizioni di salute dei cittadini. E questo indipendentemente da tutto, ivi compresa la fase elettorale.


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