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Bimba morta di malaria. Galli (Simit): «Caso eccezionale, no ad allarmismi privi di fondamento»

di Lucilla Vazza

Di sicuro c’è solo che la piccola Sofia Zago, 4 anni di Trento, è morta. Ed è morta di malaria nel 2017. Scomodando il vecchio incipit del grande giornalista dell’Europeo, Tommaso Besozzi all’indomani della misteriosa morte del bandito Giuliano nella Sicilia del 1950, di questa vicenda che rimanda a un’Italia prebellica, a chinini di Stato e zanzare fameliche nelle paludi non bonificate, abbiamo ancora pochi elementi certi. E tra questi c’è che la bambina morta agli Spedali di Brescia, dopo un doppio ricovero prima a Portogruaro e poi a Trento, non aveva mai visitato Paesi malarici, che la malattia si trasmette solo attraverso il sangue e che la ministra Beatrice Lorenzin ha mandato a Trento una task force di esperti a fare chiarezza sui fatti.

Rischio isteria
Perché nell’Italia degli isterismi collettivi no vax, delle paure irrazionali e della furia anti migranti, un caso eccezionale e doloroso come questo può diventare altro che un fatto di cronaca. Perché la malaria puzza di povertà, di paludi e periferie degradate, di umidi tristi tropici. E se una bambina come tante, una piccola italiana in vacanza a Bibione, s’infetta, è come se ci scoprissimo d’improvviso tutti vulnerabili. Quella bambina con la frangetta, sorridente con la famigliola siamo noi. E sapere, come ha chiarito Paolo Bordon, direttore generale dell'Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari del Trentino), che a Trento, contemporaneamente al ricovero della bambina c’erano altri due piccoli ricoverati di ritorno dal Burkina Faso, anch’essi colpiti da malaria e poi tranquillamente guariti, fa pensare che bisogna fare molta attenzione a non sottovalutare la situazione. Senza farsi prendere da ansie irrazionali, possibilmente. Perché quando è arrivata all’ospedale Santa Chiara, Sofia stava già male, aveva con tutta probabilità incubato il virus e i due piccoli africani di lì a poco sarebbero stati dimessi. E ci sarebbe dovuta essere una zanzara vettore, non una qualsiasi delle nostre dunque, in grado di pungere i bimbi malarici, aggirarsi per le corsie senza pungere nessun’altro (visto che non sono stati registrati altri casi), e volare nella stanza della bimba per pungerla.
Bordon ha spiegato «che Sofia e i due malati di malaria erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate tutte con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni. L a malaria non è trasmissibile da uomo a uomo e nessun altro paziente ha avuto dei sintomi riconducibili alla malaria». Comunque tutto l’ospedale trentino è sottoposto a disinfestazione e disinfezione.

L’anofele nostrana, vettore del plasmodio della malaria
Sappiamo bene che la malattia è diffusa prevalentemente nell'Africa Sub-sahariana, in Asia, nell’America centrale e meridionale. E, come ci ha spiegato Massimo Galli, vicepresidente della Società di medicina infettiva e tropicale, professore ordinario di Malattie Infettive all'Università di Milano, un caso del genere va inquadrato in quello che è: «Un’eccezione, particolarmente dolorosa, perché la piccola ha contratto la forma cerebrale che soprattutto nei bambini può portare alla morte». Si potrebbe trattare di un caso di malaria autoctono e trasmesso da zanzare “nostrane” anopheles, poco diffuse ma ancora presenti, soprattutto nei tratti costieri. Sarebbe il primo caso dal 1998, quando si presentò a Grosseto un caso di contagio autoctono. La piccola è stata colpita dal plasmodio di tipo falciparum, comunissima forma malarica nei paesi tropicali. Ma le nostre zanzare comuni non sono in grado di provocare la malattia.

Bassa, ma non improbabile, secondo lo specialista, la probabilità che si possa trattare di contagio “da valigia”, cioè portata da persone infettate dal plasmodio di ritorno da Paesi dove ancora la malattia è presente. In pratica, un’anofele autoctona avrebbe prima punto la persona infetta di ritorno dal paese tropicale e, successivamente, la piccola Sofia. Se fosse così si tratterebbe di una combinazione di circostanze eccezionalmente sfortunate. E tutto può essere. Al momento non si può escludere che si sia trattato veramente di fatalità.

«Bisogna andare a fondo con le indagini. Ogni tanto la malattia compare anche da noi in Europa, ma da qui a parlare di ritorno della malaria ce ne passa», chiude il professor Galli che di epidemie e di malaria killer non vuole proprio sentir parlare.


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