Dal governo

Autismo, personale assente nella metà delle Uo. Servizi dimezzati al Sud

Un'Italia divisa, con le carenze che si concentrano soprattutto al Mezzogiorno e che riguardano tutti gli ambiti, dal personale all'offerta di strutture residenziali. Questo il quadro sull'assistenza ai minori con disturbi dello spettro autistico che emerge dalla prima ricognizione nazionale condotta dall' Istituto Superiore di Sanità sulle Unità operative (Uo) di NeuroPsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza (Npia), terminale sanitario dell'utenza con autismo dei Sistemi Sanitari Regionali (Ssr).
In Italia, si stimano tra 300-400 mila persone con un disturbo dello spettro autistico, tra bambini, adolescenti e adulti. Ogni UO di NPIA in media è composta da 2 NeuroPsichiatri Infantili (NPI), 2,5 psicologi, 1,5 Terapisti della Neuro-Psicomotricità dell'Età Evolutiva (TNPEE), 2,5 logopedisti, 1,5 educatori, 1 infermiere e 0,5 assistente sociale. «Purtroppo – spiega Aldina Venerosi, la curatrice dell'indagine – questo dato presenta una altissima variabilità tra le regioni e tra le Aziende sanitarie, che si evidenzia dall'analisi delle distribuzioni mediane del numero di operatori per ciascuna regione; esistono infatti più del 50% delle UO dove i profili potenzialmente coinvolti nel trattamento o sono assenti (educatori) o sono presenti in part-time (TNPEE, assistenti sociali, infermieri)”.

Anche dal punto di vista della capacità di erogare sia diagnosi che intervento ci sono forti differenze. La percentuale di UO che dichiarano è dell'83% nel Nord, del 69% nel Centro, del 61% nelle Isole e del 51% nel Sud, evidenziando che la capacità di erogare i livelli essenziali di assistenza previsti presenta per l'autismo una forte eterogeneità geografica.
Per valutare il livello di organizzazione di processo in relazione all'autismo si è indagato sulla presenza di protocolli formalizzati. L'adesione a uno specifico protocollo diagnostico appare fortemente disomogenea nelle diverse macroaree geografiche. Mentre al Nord circa l'80% di UO dichiarano di possedere un protocollo di diagnosi, la percentuale si abbassa al 60% al Centro e scende sotto il 50% nel Sud e nelle Isole. Una carenza di formalizzazione dell'assistenza per l'autismo è stata riscontrata anche per quanto riguarda i percorsi a garanzia della transizione tra i servizi per i minori e quelli per gli adulti che sono risultati presenti in non più del 30% delle Uo.
«In sintesi – conclude Venerosi – a fronte di un disturbo molto complesso e diversificato, che richiede interventi multipli e personalizzati per tutto l'arco di vita dell'individuo, si denota uno scarso livello di “operazionalizzazione” dei percorsi da parte delle singole regioni. Le Linee di indirizzo, siglate da tutte le regioni, la recente legge sull'autismo e il fondo ad essa vincolato sono un importante stimolo affinché si aprano i tavoli regionali per l'individuazione di strumenti e metodologie condivise, e i tavoli aziendali per la creazione di percorsi individuali integrati. Infatti, oltre all'attivazione di programmi di formazione e aggiornamento continuo dedicati all'autismo, che rappresentano un intervento prioritario per ottimizzare le risorse disponibili e per ottenere un'armonizzazione dell'offerta», i risultati dell'indagine suggeriscono alcuni indicatori utili per monitorare in futuro la qualità e l'appropriatezza dell'assistenza per l'autismo e per altri disturbi del neurosviluppo di cui l'autismo rappresenta un esempio paradigmatico, come il livello di condivisione dei protocolli di diagnosi e intervento tra le aree distrettuali e Aziendali; la costituzione di percorsi di transizione verso l'età adulta; la condivisione di protocolli di intervento con l'area della riabilitazione accreditata; la formalizzazione di Pdta.


© RIPRODUZIONE RISERVATA