Dal governo

Legge di Bilancio/ Garavaglia: «Priorità a contratti ed edilizia sanitaria». Ma il Fsn deve aumentare di almeno altri 600 milioni

di Barbara Gobbi

Esclusiva. L’incontro a Palazzo Chigi con il premier Paolo Gentiloni, la sottosegretaria Maria Elena Boschi e Gianclaudio Bressa per gli Affari regionali, è servito almeno a impostare il lavoro in vista della legge di Bilancio, che ormai sta entrando nel vivo. Le Regioni - presenti il presidente dei governatori Stefano Bonaccini, Giovanni Toti per la Liguria e il coordinatore degli assessori alle Finanze Massimo Garavaglia - è stato definito di «piena apertura». «Quindi nessun braccio di ferro in vista - ha affermato Bonaccini - anche se la strada da fare per arrivare a un accordo è ancora lunga e non priva di ostacoli».
Ora partiranno tavoli di confronto e incontri in sede tecnica, cui seguirà già forse la prossima settimana un nuovo incontro politico. A spiegare i temi sul piatto, che per la Sanità sono essenzialmente i rinnovi contrattuali, è in questa intervista esclusiva Massimo Garavaglia.

Assessore, quali sono le partite da non perdere in manovra, quest’anno, sul fronte Sanità?
Per la Sanità abbiamo un tema fondamentale, che dall’esito dell’incontro di oggi pare stia a cuore anche al Governo, ed è quello dei rinnovi. Siccome ci sono tutte le condizioni per chiudere una fase contrattuale dopo anni e anni di stop, va assolutamente garantita la sostenibilità di questa operazione.

Una partita che ammonta a quanto?
Stimiamo in circa 600 milioni di euro il costo del rinnovo contrattuale, per la medicina convenzionata e per il comparto, che vanno “chiusi” insieme. Condurre in porto un rinnovo e non l’altro, non avrebbe senso. A voler essere precisi, questa cifra dovrebbe essere aggiuntiva rispetto al miliardo di aumento previsto per il Fondo quest’anno. E anche su questo fronte bisogna leggere bene le cifre effettive.

Cioè?
Si parla di un miliardo di aumento del Fsn nel 2018, ma questa cifra è di fatto “sterilizzata” dalla spada di Damocle che è già calata sulle Regioni a statuto ordinario, chiamate a pagare il contributo alla finanza pubblica per 604 milioni, che le amministrazioni “speciali” non hanno voluto versare. Il Mef ha di fatto già ridotto il Fsn dell’anno venturo, quindi, portandone l’incremento reale a 390 milioni di euro. Un quadro di cui abbiamo chiesto al governo di tenere conto...

In che misura?
Se le risorse effettive dovessero restare queste, rinnovare i contratti significherebbe arretrare decisamente, con il rischio più che concreto di non riuscire più a garantire i nuovi Livelli essenziali di assistenza. Che, lo ricordo, sono stati finanziati nella scorsa legge di Bilancio con 800 milioni, sempre a valere però sul Fondo sanitario nazionale. Sta alle Regioni, in pratica, attingere al budget complessivo della Sanità anche per sostenere i nuovi Lea. A ciò si aggiunga che anche nel 2017, all’incremento del Fondo sempre per un miliardo, come Regioni a statuto ordinario abbiamo dovuto sottrarre i 420 milioni pagati al posto delle “speciali”.

In questo quadro, su quale importo del Fondo, come Regioni, accettate di attestarvi?
Il Fondo sanitario effettivo è pari a 113,396 miliardi: arrivare a 114 miliardi reali, cioè aggiungere almeno i 600 milioni di euro che ci consentirebbero di fare i contratti, sarebbe il minimo indispensabile. Poi però c’è anche il tema del personale, perché “fare cose in più” con risorse umane in calo sta diventando sempre più complicato. Cominciare a sbloccare il turnover è necessario, almeno in alcune realtà. In definitiva, per fare un buon lavoro servirebbero minimo 750-800 milioni di euro.

Che tipo di apertura avete trovato, nel Governo?
Abbiamo fatto un ragionamento molto sereno, carte in mano. Del resto, abbiamo anche fatto presente che guardando ai conti reali, considerando i tagli effettivi per i contributi versati al posto delle Regioni a statuto speciale e l’aumento del Prodotto interno lordo, il rapporto spesa/Pil è già quest’anno sotto il 6,5%, la soglia minima indicata dall’Oms. Quanto annunciato nella Nota di aggiornamento al Def, a partire dal 2019-2020, è già realtà.

Proprio presentando l’integrazione alla Nota di aggiornamento al Def, il ministro dell’Economia Padoan ha annunciato di voler puntare molto sugli investimenti. Vi rientrerà anche l’edilizia sanitaria?
Anche questa è una partita cruciale, largo all’edilizia sanitaria. Ma se le Regioni ci devono mettere 2,7 miliardi di tasca loro, rischia di saltare anche questa partita... Per noi rientra tra le priorità, ma se ci tagliano tutti i trasferimenti, tagliano anche l’ossigeno per l’edilizia sanitaria


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