Dal governo

Intramoenia sull’altalena: incassi e costi in lieve discesa ma l’Italia è un puzzle

di Barbara Gobbi

Anteprima. Le cure in intramoenia costano un po’ meno di anno in anno, ma confermano anche per la libera professione intramuraria l’estrema variabilità dell’Italia quando si guarda all’assistenza. La spesa media per i cittadini, registrata insieme al check degli adempimenti del governo aziendale della libera professione nella Relazione su dati 2015 inviata al Parlamento dal ministero della Salute - che Sanità24 è in grado di anticipare - scende dai 18,8 euro pro capite del 2014 ai 18,4 euro dell’anno successivo. Con una forbice che oscilla tra i picchi dell’Emilia Romagna e della Toscana - rispettivamente 30 e 29,3 euro l’anno) ai minimi di Calabria (4,9 euro l’anno) e Bolzano (5,2 euro l’anno).

Resta sostanzialmente stabile, registrando solo un lievissimo calo, il numero dei medici che esercitano la libera professione intramuraria: nel 2014 erano il 48%, pari a 53.000 unità e a44% dei dirigenti medici Ssn; nel 2015 sono il 47,8%, 51.95o unità, pari al 43,8% del totale dei dirigenti medici. Ma anche qui, l’ultima rilevazione conferma l’estrema variabilità regionale, con punte del 58% in Valle d’Aosta, Marche, Liguria, Piemonte e Lazio, e valori ai minimi in Sardegna (29%), Sicilia (31%), Calabria (33%) e Pa di Bolzano (16%). In generale, si legge nella Relazione, al di sotto della media nazionale si collocano il Sud e le isole. Importante però è il trend in decrescita registrato dal 2012, con un decremento di circa il 12 per cento.

Le voci economiche. In costante calo, le voci strettamente economiche: gli incassi complessivi sono stati pari, nel 2015, a 1,118 miliardi contro i 1,143 miliardi del 2014. La quota dei medici è stata di 890 milioni a fronte dei 926,5 milioni dell’anno prima, mentre al Ssn sono rimasti 228 milioni, contro i 216,8 della precedente rilevazione. Nel complesso, si legge nella Relazione, tra 2010 e 2015 si assiste a una contrazione dei ricavi dell’11,6% e a una più che proporzionale variazione del -19,1% dei costi. Con la conseguenza che il saldo per prestazioni intramoenia aumenta del 39% nell’intero periodo 2010-2015 e, dopo la lieve flessione registrata tra 2013 e 2014, torna a mostrare un +5,2% tra 2010 e 2015.

Ogni medico in Alpi ha guadagnato in media 17.100 euro l’anno (erano 17.448 nel 2014): la riduzione registrata in termini assoluti della voce “compartecipazione personale” nei conti economici delle aziende, è dovuta essenzialmente al calo del numero dei medici che esercitano la libera professione intramuraria negli ultimi quattro anni. Ma anche qui l’oscillazione è ampia: un medico in Alpi guadagna 23.705 euro l’anno in Emilia Romagna, mentre non arriva a 6mila euro in Calabria.

La prevalenza. Testa di ponte è l’area della specialistica, che totalizza il 68% dei ricavi delle prestazioni in intramoenia, in crescita rispetto al 2014 (67,4%) e rispetto agli anni precedenti. Perde ancora “peso” l’ospedale (ricavi complessivi 217.316 euro, pari al 19,4%), mentre resta stabile la parte relativa a sanità pubblica e consulenze.

Gli universitari. Per la prima volta, la Relazione al Parlamento 2015 monitora il dato su professori e ricercatori universitari medici, dipendenti dall’Università, che erogano cure in azienda in intramuraria: sono 3.837 unità, pari al 61% del totale d universitari operanti presso le strutture aziendali.

Adempimenti avanti piano. Migliorano con lentezza e decisamente in ordine sparso le performance di Regioni e aziende sotto il profilo degli adempimenti rischiesti nel governo dell’intramuraria. Tre criticità emblematiche: il progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime libero professionale, dove si attende da zero a 10 giorni a fronte di mesi interi per ricevere una cura o una diagnosi decisiva in ambito Ssn “puro” (basti pensare agli oltre tre mesi per una mammografia registrati dal Tdm); la trattenuta del 5% del compenso del professionista, da destinare alla prevenzione o al contrasto delle liste d’attesa (solo in 10 Regioni); la determinazione con i singoli o con le équipe, dei volumi di attività libero-professionale. L’indicatore, quest’ultimo, che presenta i livelli più critici: solo quattro Regioni (Basilicata, Pa Trento, Umbria e Valle d’Aosta) hanno adempiuto in tutte le aziende.


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