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Maternità, Sin: «Per tutelare l'allattamento servono sei mesi di congedo dopo il parto»

di Rosanna Magnano

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24 Esclusivo per Sanità24

Allungare il congedo di maternità per garantire un allattamento al seno esclusivo di sei mesi. È questo l'appello della Società italiana di neonatologia. Che guarda con favore le novità in manovra sulla maternità, ma non le ritiene sufficienti. La legge di Bilancio, all'esame del Senato, come noto potrebbe cambiare il congedo per le neomamme lavoratrici e chi vorrà (con via libera del medico) potrà lavorare fino al nono mese, in modo da utilizzare l'intero periodo di astensione di 5 mesi dopo il parto. Ma può bastare per tutelare l'allattamento al seno? Secondo il presidente della Società Italiana di Neonatologia (Sin) Fabio Mosca - direttore U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - si tratta sicuramente di una chance in più, ma che non garantisce tutte le mamme lavoratrici e non assicura la vicinanza mamma-neonato per un tempo sufficiente «a favorire l’allattamento esclusivo al seno e tutelare maggiormente i neonati, in particolare i prematuri e i nati con gravi patologie». «Sono necessari almeno 6 mesi di congedo», afferma il neonatologo. Il presidente della Sin sposta infatti il problema sulla tutela del neonato e dell’allattamento materno.

Il vero problema non è la ripartizione dei 5 mesi previsti attualmente per il congedo di maternità, ma «garantire alla donna e ai genitori, anche con il congedo di paternità, esteso con la nuova legge a 5 giorni, il giusto supporto affinché i neonati possano essere seguiti adeguatamente nei primi mesi di vita, tenendo conto che il ruolo sociale della donna è radicalmente cambiato. Dobbiamo mettere in campo tutte le risorse per creare ed incentivare condizioni che permettano alle mamme di continuare ad allattare al seno almeno nei primi sei mesi di vita».

«Dal punto di vista scientifico - ricorda Mosca - se una gravidanza è fisiologica, il lavoro può continuare fino al termine della gravidanza e molte donne che non svolgono un lavoro dipendente già lo fanno. Ovviamente serve buon senso e la tutela della donna la garantisce il ginecologo, ovvero il medico competente che attesta che l'opzione di prolungare il lavoro non arrechi danni alla salute della gestante e del nascituro. Quindi l'emendamento introdotto nella legge di bilancio chiarisce che non si tratta un automatismo, ma di un'opzione in più, che dipende anche dal lavoro che la mamma svolge».

Quindi bene. La normativa consente però solo in alcuni casi selezionati di usufruire dei cinque mesi di congedo dopo il parto. «A me servirebbe che il congedo di maternità sia più lungo dopo il parto. Se vogliamo garantire l'allattamento al seno esclusivo per sei mesi, che è il periodo minimo stabilito dall'Organizzazione mondiale della Sanità , non si può certo far tornare la mamma a lavorare dopo tre mesi, o quattro. Se la donna torna al lavoro dopo i tre mesi di congedo ha difficoltà ad allattare. Al di là delle tutele previste - e l'Italia è tra i Paesi più tutelanti, anche sul bambino che nasce pre termine - resta il tema che dovremmo fare uno sforzo in più. E allungare il congedo di maternità. Le opzioni attuali non sono sufficienti. Se tutti conveniamo sull'utilità dell'allattamento al seno, allora nei primi sei mesi di vita del bambino la mamma deve allattare. Il suo mestiere è quello. Io chiedo che il congedo maternità, che ha un periodo pre e un periodo post nascita, tuteli a sufficienza l'allattamento al seno. Che è l'aspetto meno garantito, nonostante sia conveniente anche da un punto di vista economico: la mamma più allatta e meno è esposta a tumori al seno, il neonato è meno esposto a infezioni e ci sono meno ricoveri. Quindi l'allattamento è vantaggioso per la società: sono più i vantaggi di un allattamento esclusivo di cinque-sei mesi piuttosto che i risparmi che si generano facendo tornare la donna a lavorare».

L'aspetto del congedo non è ininfluente sull'allattamento: all'uscita dall'ospedale il 90% delle mamme allatta, ma a partire dai quattro mesi l'allattamento esclusivo crolla al 31 per cento. A sei mesi solo il 10% dlle mamme lavoratrici riesce ad allattare. «Se fosse più lungo il congedo dopo il parto ci sarebbe meno necessità per le mamme di lavorare fino all'ultimo. Quello ottimale sarebbe due più sei. Ma basterebbe anche due più cinque».


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