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Mortalità perinatale, 1.800 casi ogni anno. Sud in affanno per presidi inappropriati e gap nel trasporto

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Rimane ancora alto il numero di bambini morti prima di nascere o entro la prima settimana di vita. I primi risultati del progetto SPItOSS, infatti, che si è concluso dopo tre anni di lavoro e che ha coinvolto tre regioni italiane, rilevano che ogni 1000 bambini nati si registrano 4 morti in Sicilia, 3,5 in Lombardia e 2,9 in Toscana. Rispetto alla mortalità materna si tratta di un evento di gran lunga più frequente: 1800 morti perinatali contro 40 morti materne per anno.
I dati sono stati diffusi oggi nell’ambito del convegno "SPItOSS: risultati e valutazione di fattibilità di un progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale in Italia".
Il Progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale è stato coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del ministero della Salute.
I dati raccolti dal 2017 al 2019 hanno permesso di confermare il tasso di mortalità perinatale prodotto dall’Istat, pari a circa 4 decessi ogni 1000 nati, valore che ci colloca in linea con Paesi, come la Francia e il Regno Unito, che hanno sistemi socio-sanitari analoghi al nostro. I dati evidenziano una variabilità per area geografica che penalizza il Sud del Paese.
La sorveglianza dell’Iss ha individuato le condizioni associate a un maggior rischio di morte perinatale: la cittadinanza straniera, la gravidanza multipla e il parto prima di 32 settimane di gestazione. Le morti avvenute durante il travaglio e il parto, in oltre la metà dei casi, sono attribuibili a eventi acuti come il distacco della placenta. Tra le morti avvenute dopo la nascita una su cinque è riconducibile ad analoghi eventi acuti intrapartum, ma le cause più frequenti delle morti neonatali entro i primi 7 giorni di vita sono i disturbi respiratori e cardiovascolari del neonato seguiti, per frequenza, dalle infezioni e dalle malformazioni congenite.
«Questa sorveglianza pilota – dice Serena Donati, direttore del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva e responsabile scientifico del progetto - è nata con l’obiettivo di raccogliere i dati necessari a identificare e monitorare i casi di morte perinatale e per descriverne le cause e i fattori di rischio al fine di migliorare la qualità dell’assistenza alla madre e al neonato e contribuire a ridurre le morti perinatali evitabili».

Come funziona il sistema di sorveglianza
Nelle tre regioni partecipanti al progetto pilota – Lombardia, Toscana e Sicilia- è stata costruita una rete di referenti che coinvolge tutti i presidi sanitari dove nascono o vengono assistiti i neonati in modo da garantire la segnalazione di ogni nuovo caso di morte perinatale. La quasi totalità dei decessi segnalati al sistema di sorveglianza sono stati sottoposti a una procedura di audit all’interno dei presidi, coinvolgendo tutti i professionisti sanitari. A livello nazionale e regionale sono stati istituiti dei comitati multidisciplinari di esperti indipendenti che hanno revisionato una parte dei casi passando in rassegna l’intera documentazione clinica disponibile mediante indagini confidenziali, al fine di attribuire la causa di morte e valutare la loro evitabilità. L’Iss, oltre a coordinare l’intera rete della sorveglianza, ha provveduto a predisporre e condividere i protocolli e i materiali di lavoro, ha adottato il sistema di classificazione delle cause di morte ICD-PM raccomandato dall’Oms, ha curato la formazione dei professionisti sanitari coinvolti nel progetto e ha eseguito l’analisi statistica dei dati.

Le caratteristiche organizzative dei presidi sanitari partecipanti alla sorveglianza
La sorveglianza ha raccolto informazioni relative alle caratteristiche dei 138 presidi sanitari dotati di unità di ostetricia, neonatologia o terapia intensiva neonatale nelle tre Regioni partecipanti. Il volume di parti assistiti per punto nascita varia per Regione, ma tutti i presidi rispettano gli standard di qualità e sicurezza richiesti dal Ministero della Salute tra cui la presenza continua di un ginecologo, un pediatra/neonatologo, un anestesista e un’ostetrica. La percentuale di punti nascita coinvolti nella sorveglianza che riferiscono di praticare oltre il 35% di tagli cesarei, cioè oltre il valore medio nazionale, è decisamente più alta nella regione Sicilia (69%) rispetto alla Toscana (13%) e alla Lombardia (10%). La principale criticità evidenziata a carico della rete dei presidi coinvolti riguarda il percorso assistenziale offerto alle donne con gravidanza a rischio che risultano partorire ancora troppo spesso in ospedali non attrezzati per fronteggiare eventuali complicazioni materne o neonatali. Un esempio riguarda il parto estremamente pretermine - prima di 32 settimane di gestazione - che dovrebbe essere assistito esclusivamente in ospedali di II livello in grado di fronteggiare eventuali complicazioni neonatali mentre nel 25% delle morti perinatali segnalate risulta assistito in presidi di I livello. Indirizzare le donne con gravidanza a rischio al livello assistenziale appropriato rimane pertanto una criticità bisognosa di attenzione. La rete del trasporto neonatale in emergenza è risultata talora inadeguata, in particolar modo nella regione Siciliana.

Gli esami anatomopatologici in casi di morte perinatale
Le autopsie e gli esami della placenta in caso di morte perinatale vengono richiesti meno spesso in Sicilia rispetto a Toscana e Lombardia. Per promuovere la richiesta degli esami anatomopatologici potrebbe essere utile una migliore informazione sugli aspetti normativi rivolta ai clinici e un appropriato counselling offerto a tutti i genitori che si trovano ad affrontare l’esperienza di un lutto perinatale. «Ai genitori va sempre offerto un colloquio – conclude Donati - in un momento adatto e da parte di professionisti con competenze comunicative e relazionali per informarli che l’autopsia talvolta è l’unica opportunità per accertare o escludere un eventuale rischio di ricorrenza in successive gravidanze».


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