Dal governo

L'Istat: personale Ssn sempre più anziano e precario. Anelli (Fnomceo): «Ora il rilancio a partire dal territorio e da 5mila borse in più»

di Barbara Gobbi

S
24 Esclusivo per Sanità24

Occupati stabili ridotti di 44mila unità nel Servizio sanitario nazionale in un decennio - a fine 2018 erano 650mila i dipendenti assunti a tempo indeterminato, un quinto del personale stabilmente assunto nella pubblica amministrazione - ed età media sempre più alta, pari a 52,3 anni per gli uomini e a 49,9 anni per le donne (il 60,4% dei dirigenti medici ha più di 55 anni e il 38% supera i 60). Mentre sempre meno le "uscite" sono rimpiazzate: anzi la contrazione del personale stabile è stata del 5,4% tra i medici (inclusi odontoiatri e veterinari) e solo un quarto delle cessazioni è stato compensato dalla crescita del lavoro flessibile (+26%). La fotografia scattata dall'Istat nel report sull'occupazione nella sanità pubblica al 31 dicembre 2018 conferma quanto denunciato da anni da medici e infermieri: corsie sempre più "light" - nel senso della desertificazione - e lavoro sempre più gravoso. E spiega almeno parte dell'emergenza rossa in cui si è trovata l'Italia nell'affrontare l'epidemia di Covid-19.
A commentare i dati è il presidente della Fnomceo Filippo Anelli: «Il rapporto Istat - spiega - fotografa una situazione di precariato e di invecchiamento del personale del nostro Servizio sanitario nazionale, frutto di anni di politiche di tagli e di contenimento. Ora è il momento della svolta: sosteniamo le politiche di investimento sul capitale umano del nostro Ssn già avviate dal ministro Speranza, politiche che diventano di cruciale importanza per affrontare in serenità, e senza rischio di bruschi passi indietro, la Fase 2 dell’epidemia di Covid-19 nel nostro Paese. Dal 2009 - prosegue Anelli - si è registrata una progressiva riduzione degli occupati a tempo indeterminato per effetto delle politiche di contenimento della spesa per il personale nel settore pubblico e, soprattutto, dell’applicazione in alcune regioni dei piani di rientro. Tale riduzione è stata solo parzialmente compensata dall’innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione - che, trattenendo i lavoratori più anziani, ha velocizzato il processo di invecchiamento del personale - e dalla crescita del ricorso al lavoro flessibile (a tempo determinato e in somministrazione)».
Dalla Fnomceo arriva una "chiamata all'azione": «Dobbiamo lavorare tutti insieme, i medici, i professionisti, le istituzioni, il Governo, gli stakeholder, a un grande progetto di rilancio del nostro Servizio sanitario nazionale - afferma Anelli -. Occorrono assunzioni negli ospedali, certo, per coprire le aumentate esigenze di questo periodo, il maggior numero di posti letto e nelle terapie intensive. Ma occorre anche, e in questa fase forse soprattutto, potenziare l’assistenza sul territorio, anche per sollevare gli ospedali dall’assistenza ai malati Covid, perché possano tornare a dedicarsi a pieno regime alle acuzie dovute ad altre patologie. Medici di Medicina Generale, infermieri vanno coinvolti a pieno titolo non solo nelle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale per il Covid. Vanno create in pianta stabile delle mini-équipe sul territorio, che possano gestire in maniera continua e completa non solo il decorso della malattia da Coronavirus ma le patologie croniche, che sono la vera criticità, oggi, dei nostri servizi sanitari. Occorre dunque arruolare medici, infermieri e accanto a loro, personale di segreteria, per un lavoro sinergico che prenda in carico con piena efficacia ed efficienza gli assistiti».
Infine, l'appello a Speranza e al ministro dell’Università Gaetano Manfredi «perché aumentino ulteriormente le borse, sia per le scuole di specializzazione sia per la Medicina Generale. Cinquemila borse in più possono, con un ottimale rapporto tra investimenti e benefici attesi, garantire al nostro Servizio sanitario nazionale un’efficienza e una modernità lo mantengano tra i migliori del mondo».


© RIPRODUZIONE RISERVATA