Dal governo

Recovery fund: rivedere la tassazione prima di riformare le pensioni

di Claudio Testuzza

S
24 Esclusivo per Sanità24

Nell'attesa dei fondi decisi dall'Unione europea si è aperto un dibattito nel merito di un'eventuale riforma previdenziale, con l'obbiettivo primario di incidere soprattutto sui redditi da lavoro e d'imprese. Restano, come spesso accade, fuori dal mirino riformatore i redditi da pensione che per la loro caratteristica di immobilità dei loro importi continuano ad essere falcidiati dall'inflazione.

Mentre in Italia, ricordiamo, è in vigore il sistema contributivo, basato su quanti contributi il lavoratore versa nella sua carriera, la Francia e la Spagna hanno mantenuto il retributivo, in cui l'assegno è legato , invece, al livello delle retribuzioni percepite. In Germania si usa un sistema a punti: l'assegno si calcola sulla base dei cosiddetti punti-pensione, acquisiti pagando i contributi e lavorando. Un caso peculiare quello delle pensioni in Inghilterra, simili per tutti i cittadini (ma circa uno su due dispone anche di una pensione privata .
Per quanto attiene alla tassazione del risparmio previdenziale è possibile individuare tre fasi:

a) la fase dell'accantonamento, in cui vengono versati i contributi;

b) la fase dell'accumulazione, in cui i contributi versati fruttano un rendimento;

c) la fase della prestazione, in cui si ha la percezione della rendita o pensione.

In modo sintetico questa modalità di tassazione può essere indicata con T o con E, assecondo se gli importi versati, accumulati, e della prestazione siano soggetti o meno a tassazione. La maggior parte degli stati europei , 17 su 24, adotta il modello EET. Solo tre stati, tra cui l'Italia adottano il modello ETT. Tra i due rimanenti stati uno adotta entrambi i modelli EET e TTE, l'altro il modello TEE

In Italia nel caso del sistema previdenziale pubblico assistiamo, quindi, ad una condizione che prevede un'esenzione fiscale per i contributi versati, una tassazione per il loro eventuale rendimento ma soprattutto la tassazione della rendita o della pensione .
I pensionati italiani sono tra i più tassati in Europa: 30% in più degli altri paesi. Su un assegno da 1.500 euro da noi si pagano 600 euro di tasse, in Germania 60. Nella generalità dei paesi europei i redditi da pensione vengono colpiti con aliquote progressive e viene riconosciuta una detrazione d'imposta in cifra fissa o variabile. Si tenga però presente che in alcuni paesi della Ue le pensioni non sono di fatto assoggettate ad alcun prelievo fiscale ( Bulgaria, Lituania, Slovacchia ).

In altri paesi, invece, molto elevata è la personal "allowance", cioè la quota di reddito non imponibile. In Germania e Finlandia, ad esempio, non sono tassati i redditi pensionistici inferiori a 16.500 euro, mentre in Austria quelli inferiori a 15.000 euro. A Parigi, Berlino, Londra e Madrid sono esentati dalle imposte tutti quelli che ricevono meno di 9 mila euro l'anno, in Italia il tetto è posto, invece a solo 7.750. I paesi europei adottano diversi sistemi per l'adeguamento delle pensioni. In alcuni paesi le pensioni sono agganciate ai salari monetari ( Danimarca, Slovenia e Svezia ). In altri paesi in si tiene conto sia della dinamica salariale sia del rapporto pensionati/attivi ( Germania ). In alcuni paesi vige un sistema misto di indicizzazione salari/prezzi ( Bulgaria, Finlandia, Polonia, Romania, Ungheria, ecc. ). In altri, ancora, alle pensioni viene garantito il pieno mantenimento del potere d'acquisto, essendo rivalutate in base alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo ( Austria, Belgio, Francia, Regno Unito e Spagna ). Infine in alcuni paesi vige un sistema di indicizzazione parziale, che garantisce una rivalutazione più consistente alle pensioni più basse ( Grecia, Italia, Portogallo ).

L' Italia, assieme alla Danimarca, è uno dei paesi europei che fa registrare la più alta tassazione sulle pensioni. A sostegno di ciò, basti rilevare che un reddito pensionistico di 20mila euro all'anno viene colpito con un'aliquota media del 20,5% in Italia, del 19% in Spagna, dell'8,7% nel Regno Unito, dell'8,4% in Olanda, dell'8,3% in Germania e del 7,3% in Francia. Un divario altrettanto ampio si riscontra anche con riferimento ai redditi pensionistici di importo più elevato.

In una fase di eventuali riforme scaturita dalla gravissima situazione economica indotta dal Covid e dall'importante intervento finanziario realizzato dalla comunità europea si prevede una sostanziale rivisitazione del capitolo fisco con un eventuale gioco di sponda contabile con cui i soldi comunitari potrebbero alleviare le gravi storture fiscali esistenti ed eventualmente favorire gli investimenti. Accanto all'encomiabile riduzione del carico fiscale sul lavoro sarebbe però necessario rivedere l'attuale tassazione delle pensioni che sono invece integralmente equiparate al reddito dei lavoratori in attività.Prevedendo , per tali categorie di pensionati, di abbandonare il mito del sistema della progressività e meglio redistribuire gli investimenti pubblici con il welfare.

Altro fronte d'intervento dovrà essere il costante adeguamento delle pensioni al costo della vita. Nella generalità dei paesi europei l'adeguamento delle pensioni avviene in base alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo. In Italia, solo il potere d'acquisto delle pensioni fino a tre volte il minimo ha evidenziato, in passato, una tendenziale stabilità. Infatti, il potere d'acquisto delle pensioni di importo più elevato si è ridotto, nel tempo, di quasi il 30 % per effetto della mancata indicizzazione ai prezzi, dell'inasprimento della tassazione e del meccanismo del fiscal drag.


© RIPRODUZIONE RISERVATA