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Recovery plan, Blangiardo in audizione: nel 2020 tasso di rinuncia a visite specialistiche salito al 9,6% dal 6,3% del 2018

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Il tasso di rinuncia a visite mediche specialistiche e ad accertamenti pari al 9,6% nel 2020 in Italia, con punte del 14,8% in Sardegna e del 12,2% in Abruzzo, fotografa una delle tante conseguenze dell'emergenza pandemica nel 2020. A certificarlo è l'Istat nella sua audizione alla Camera del 29 gennaio sul "Piano nazionale di ripresa e resilienza". Un testo prezioso perché fa il punto sulla sanità in Italia ma anche sullo stato della ricerca e sull'approccio alla disabilità.
Tra i punti clou per la sanità su cui il presidente dell'Istituto nazionale di statistica Gian Carlo Blangiardo ha acceso i riflettori davanti alla V Commissione Bilancio di Montecitorio, lo sbilanciamento persistente del sistema sanitario pubblico, «ancora fortemente incentrato sull’ospedale». L'Istat dà le percentuali: il 56,7% della spesa sanitaria è relativa a servizi erogati dagli ospedali, il 22,1% a servizi ambulatoriali, il 10,2% a farmacie e altri fornitori di presidi medici, il 5,3% a servizi di assistenza residenziale e il 4,5% a servizi sanitari per la prevenzione. Questo assetto tende a mutare lentamente nel tempo», si precisa. La parola d'ordine è rafforzare il sistema ospedaliero, continuando a ridurre i ricoveri inappropriati: l'emergenza Covid ha mostrato con drammaticità le conseguenze negative del taglio dei posti letto nei reparti.
Cc'è ancora molto da lavorare per operare quella rivoluzione del territorio che dovrebbe finalmente diventare il centro di tutte le prestazioni non in acuzie. «Emerge l’esigenza - si legge nel testo dell'audizione - di organizzare servizi sanitari meno incentrati sull’ospedale (dedicato al trattamento di malati ad elevata complessità) e di incrementare i servizi di assistenza dei pazienti con grave compromissione delle condizioni di salute a domicilio o in strutture residenziali». Corollario è la disparità nell'assegnazione dei fondi: l’attività di cura e riabilitazione assorbe la maggior parte delle risorse finanziarie pubbliche (58,6%), il 10,8% della spesa sanitaria pubblica è destinata a pazienti con problemi di salute di lunga durata e un altro 5,3% alla prevenzione delle malattie.
Attenzione anche alle specializzazioni in Medicina: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ne individua in particolare quattro - anestesia e terapia intensiva, medicina interna, pneumologia, pediatria - che al 31 dicembre 2020 cumulavano in Italia circa 51 mila specialisti. «Rispetto al 2012 - spiegano dall'Istat -la dotazione complessiva è rimasta sostanzialmente invariata, ma con un aumento di anestesisti +5,8%, e una riduzione di specialisti in medicina interna -6,3%».
L'equità nell’accesso ai servizi sanitari. L'Istat è tranchant: «L’equità, misurata in termini di difficoltà di accesso ai servizi sanitari, è stata fortemente condizionata dall’emergenza sanitaria», si legge ancora nel testo dell'audizione di Blangiardo. Nel 2020 (dati provvisori), «un cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato negli ultimi 12 mesi, pur avendone bisogno, a visite mediche o accertamenti specialistici a causa delle liste di attesa, la scomodità delle strutture, ragioni economiche e motivi legati al Covid-19; questi ultimi sono stati indicati da circa la metà delle persone che hanno riferito una difficoltà di accesso. L’anno precedente (2019) la quota di rinunce era stata più bassa e pari al 6,3%, in calo rispetto al 2018 (7,2%) e al 2017 (8,1%)».
L’impatto del Covid-19 sulla rinuncia è stato maggiore nel Nord, con un aumento di 4,7 punti percentuali rispetto al 2019 (da 5,1% a 9,8%); nel Centro l’indicatore è passato, invece da 6,9% a 10,3% e nel Mezzogiorno da 7,5% a 9,0%.


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