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Giorgio Palù (Aifa): «L'Italia ha le potenzialità tecnologiche per produrre vaccini »

di Red. San.

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«L'Italia è la prima nazione europea per fatturato di farmaci, oltre 34 miliardi, e anche se è vero che produce molto per conto terzi e produce tanto farmaci a brevetto scaduto, ha potenzialità tecnologiche. I vaccini sono farmaci». Lo ha detto il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Giorgio Palù intervenuto a RaiNews24. «Se la pandemia ci insegna qualcosa - ha aggiunto - è che dobbiamo avere allertate produzioni per farmaci d'emergenza: il mondo sta combattendo la natura e quindi nuovi virus emergeranno, dobbiamo imparare a prepararci». Quanto ai ritardi sulle consegne di vaccini, 'il ministro della Salute - ha ricordato Palù - ne aveva ipotecati ben oltre 200 milioni di dosi. I ritardi dipendono anche dal fatto che molti vaccini nascono da piccole biotech, che si devono poi fondere con multinazionali che non erano nate per svilupparli e quindi c'è stata anche una riconversione di tipo produttivo. Oggi dobbiamo pazientare, ma a marzo dovrebbero riprendere le consegne». Palù ha ipotizzato l'approvazione del prossimo vaccino da parte di Ema, il Johnson & Johnson (ad adenovirus come quello di AstraZeneca), «entro metà-fine marzo», poi ha ricordato la "rolling review" per il tedesco CureVac. per lo Sputnik (russo), ha detto, «ci vorrà più tempo perché andranno visitati i siti produttivi». Quanto all'italiano Reithera, «si era ipotizzato settembre e vedremo come vanno gli studi di Fase 2 e 3», ha affermato Palù».
Rispetto alla conferma e alle nuove strette arrivate con il primo decreto-legge del Governo Draghi del 22 febbraio, Palù ha ricordato che «va tenuta molto alta l'attenzione su assembramenti e trasporti», perché «la curva sta lentamente scendendo ma le variabili ci sono e anche senza drammatizzare, è chiaro che se sono più contagiose ci devono preoccupare come problema di sanità pubblica». Poi il tema dell'acquisto da intermediari, sollevato da alcune Regioni con in testa il Veneto. «Presenta notevoli rischi - ha affermato Giorgio Palù -: innanzitutto c'è una cordata europea e l'Ue si è finalmente messa insieme per un approvvigionamento unico di cui si parlava da tanto anche per l'acquisto di altri vaccini e sarebbe opportuno averli, quindi centralizzare gli acquisti. Quindi c'è da onorare un contratto e anche le aziende devono rispettarlo: prima devono soddisfare le esigenze dei "contrattori" e poi bisognerà verificare di quali vaccini si tratti, se sono prodotti in siti su cui c'è stata un'indagine da parte degli enti regolatori e se provengono da lotti approvati».
Infine, l'ipotesi rispetto a una sola dose per chi l'infezione l'abbia già avuta. «Vaccinare una sola volta dopo l'evento infezione a tre-sei mesi dalla diagnosi potrebbe bastare perché la risposta immunitaria, sia quella prodotta dall'infezione naturale sia quella da vaccino, è un "boost" sufficiente per mantenere alta l'immunizzazione nei confronti del virus. Ma sono ancora studi non pubblicati o pre-printed e l'evidenza scientifica non è ancora matura, anche se in Aifa ne stiamo già discutendo in seno al comitato vaccini», ha precisato Palù.


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