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Giornata del fiocchetto lilla/ Non si muore di anoressia ma di mancanza di assistenza e la pandemia ha aggravato il rischio per i 2,4 milioni di malati. Nel primo semestre 2020 sono 67mila i malati in più e scende l'età

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

La pandemia non ha fatto che aggravare, come del resto è accaduto per tutte le patologie dell'area psichiatrica, i disturbi del comportamento alimentare. È quanto emerge dai dati preliminari dell'ultima indagine del ministero della Salute su anoressia, bulimia e altri Dca, in corso di pubblicazione. Le persone in cura per disturbi alimentari, che magari hanno impiegato mesi per trovare il coraggio di chiedere aiuto e intraprendere un percorso o hanno aspettato mesi per un ricovero, hanno dovuto interrompere il trattamento o non poterlo iniziare, aumentando il rischio di aggravamento, cronicizzazione o ricaduta del disturbo . Per questo motivo il ministero della Salute sta portando avanti anche in questo periodo di emergenza il progetto "Piattaforma per il contrasto alla malnutrizione in tutte le sue forme (triplo burden: malnutrizione per difetto, per eccesso e da micronutrienti)", che si inserisce nel contesto della Decade per la nutrizione e la conseguente lotta al triplo burden della malnutrizione. L’ente attuatore è la Regione Umbria e in campo ci sono la Usl 1 dell'Umbria e l'Asl di Torino.
In generale le patologie alimentari necessitano di lunghi trattamenti (mediamente tre anni) e il carico assistenziale globale dei nuovi casi e di casi in trattamento è di 2.398.749 pazienti, dato comunque sottostimato poiché una grande quota di pazienti non arriva alle cure.
Nella survey epidemiologica avviata a livello nazionale in questo contesto con una raccolta dati (analizzati dal consorzio interuniversitario Cineca) che incrocia diversi flussi informativi - proprio perché i disturbi alimentari hanno diversi punti di ingresso (ospedale, territorio, specialistica , centri Dca) - confluiscono dati di tutte le Regioni italiane. Sono tratti dalle Schede di dimissione ospedaliera (Sdo) , dagli accessi al Pronto soccorso, dalle richieste e dagli accessi ai Centri Dca censiti nella mappa www.disturbialimentarionline.it , dai dati di esenzioni (i Dca sono considerati una patologia cronica). L'obiettivo è ottenere un quadro quanto più completo sulla cui base il ministero della Salute possa dare indicazioni precise alle Regioni.
Effetto pandemia sui Dca: 67mila casi in più nel primo semestre 2020 e si abbassa l'età di esordio. Dall’analisi dei dati che si è conclusa a gennaio 2021 considerando tutte le diagnosi per disturbi alimentari, emerge un aumento della patologia pressoché costante nel tempo. A spiegarlo in occasione della Giornata del fiocchetto lilla di sensibilizzazione in Italia su queste malattie è Laura Dallaragione, responsabile scientifico della ricerca, che dirige la Rete dei Disturbi del comportamento alimentare della Usl 1 dell 'Umbria e presiede la Siridap - Società Italiana Riabilitazione Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso. «I dati del primo semestre 2020 - spiega - ci confermano un aumento della patologia con aggravamento dei quadri clinici e esordi precoci. Nel primo semestre del 2020 sono stati rilevati nei diversi flussi informativi 230.458 nuovi casi , ricordiamo che i dati del 1° semestre 2019 erano 163.547, con un aumento dei dati provenienti sia dalle Sdo sia dai dati territoriali dei Centri specialistici, con un ulteriore abbassamento dell’età di esordio». Un trend che la seconda ondata ha confermato: «Tra settembre e novembre 2020 la domanda di cura è ancora in crescita e il secondo semestre sta confermando l’aumento e l'abbassamento dell’età di esordio», prosegue Dallaragione. Che precisa: «La domanda di cura si è scontrata con una difficoltà di presa in carico da parte del Ssn , determinata dall' emergenza sanitaria».
Cruciale la presa in carico a tutto tondo di queste patologie: «Il periodo di emergenza che stiamo vivendo - afferma ancora l'esperta - ci ha insegnato quanto entrambi i livelli assistenziali, ovvero quello ospedaliero e quello territoriale, siano fondamentali e svolgano un lavoro sinergico. La medicina del territorio, che nel caso dei disturbi alimentari è rappresentata dagli ambulatori (e dalla loro collaborazione con i medici di medicina generale) può ridurre significativamente il rischio di ricoveri per acuzie in quanto l’ambulatorio rappresenta il gold standard per la cura nel 70% dei casi e non può essere bilanciato dalla presenza degli altri livelli di trattamento. Allo stesso tempo la presenza di presidi ospedalieri con posti letto dedicati è essenziale nei casi di emergenza».
Il tren generale. Il progetto del ministero della Salute quindi, oltre a porsi l’obiettivo di ottenere un dato epidemiologico nazionale attualmente mancante, mira a sollecitare le Regioni ad adeguare la propria offerta assistenziale alla reale domanda di cura posta dalle persone che soffrono di Dca e dalle loro famiglie.
I dati del 2019 già completati - spiegano dal dicastero - vedono un numero complessivo di 327.654 nuovi pazienti arrivati all’osservazione per queste patologie nel corso del 2019 (calcolando gli accessi ospedalieri, territoriali, specialistica ambulatoriale, richieste di esenzione ). Si assiste ad un calo dell’età mediana e della proporzione di ricoveri di sesso femminile rispetto a quelli maschili, confermando un abbassamento dell’età di insorgenza dei DA (il 20% della popolazione ammalata è alla fine del 2019 sotto i 14 anni) e una loro maggiore diffusione nella popolazione maschile (nella fascia tra i 12 e 17 anni comprende il 10%) , due dati che dovranno essere presi in considerazione nella programmazione dei servizi sanitari.
Ricoveri in calo per l'anoressia. Quanto alle singole diagnosi, il numero e la percentuale di ricoveri per diagnosi principale di anoressia nervosa mostra un decremento nel 2019 dei ricoveri, in particolare nelle femmine. Questo trend decrescente può in realtà indicare un miglioramento nella diagnosi precoce e un aumento di presa in carico da parte dei servizi specialistici territoriali dei pazienti che soffrono di questo disturbo, indice del fatto che le azioni intraprese dalle istituzioni per migliorare e adeguare i servizi specialistici alle necessità di cura stanno iniziando ad avere buoni risultati .
Confrontando il tasso di ospedalizzazione del 2019 per DA distribuito per età con lo stesso studio riferito agli anni 2004-2005 (pubblicato in occasione della Consensus Conference sui Dca promossa dall’Iss), emerge una distribuzione sovrapponibile nell’età adolescenziale, con un picco intorno ai 17 anni, mentre risulta significativamente diminuito il tasso di ospedalizzazione nell’età adulta. Questo dato secondo gli esperti può essere letto come l’indicatore di un miglioramento nella diagnosi e nella presa in carico precoce, per cui si ipotizza che come per l'anoressia il calo dei casi di ospedalizzazione in età adulta corrisponda un aumento di pazienti con DA individuati e presi in carico più precocemente (e che quindi non hanno necessitato successivamente di un ricovero ospedaliero per gravità clinica) rispetto quanto accadeva negli anni 2004-05.
Regioni in ordine sparso. Molte Regioni non si sono ancora adeguate alle indicazioni del ministero della Salute rispetto alla costituzione della rete assistenziale regionale dedicata: questo emerge dalla variabilità dei tassi di ospedalizzazioni nelle diverse realtà italiane. Dove dove sono presenti reti di servizi diffuse e specializzate nel trattamento dei Dca (Veneto, Umbria, Emilia Romagna, Lombardia) il tasso di ospedalizzazione, che segnala la necessità di un ricovero salvavita, è molto più basso: un intervento precoce e territoriale infatti può evitare l’aggravarsi dei quadri clinici e migliorare la prognosi.
Un altro dato è quello della differenza della mobilità extra regionale, molto alta nelle Regioni dove sono assenti strutture di cura (Sicilia, Campania, Puglia, Sardegna): un costo per i Ssr ma soprattutto sul piano sociale e familiare.
Infine, anche i dati Rencam regionali (Registro nominativo cause di morte) sono purtroppo molto alti: il Rencam 2019 rileva un numero di decessi con diagnosi correlate ai Disturbi della Alimentazione e della nutrizione complessivamente (Anoressia , Bulimia e Disturbo da alimentazione incontrollata) di 3.158 persone , con una variabilità più alta nelle Regioni dove sono scarse o addirittura assenti le strutture di cura. Il dato 2020 non è ancora disponibile ma «abbiamo ragione di credere - concludono dal ministero - che ci sia stato un aumento della mortalità». A confermare il fatto che non si muore di anoressia e bulimia , ma si muore per non avere potuto accedere alle cure.


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