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Pensioni: l'Inps vieta il cumulo al medico richiamato dall'Asl ma se il contratto è della Regione lo stop decade

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia, le pensioni di anzianità e le pensioni/assegni di invalidità, liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. Dal 1° gennaio 2009 la totale cumulabilità con i redditi da lavoro è stata estesa a tutte le pensioni di anzianità, i trattamenti di prepensionamento e le pensioni di vecchiaia liquidate nel sistema contributivo, a carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima e della Gestione Separata.

Ma con l’intervento della legge n. 124 del 2015, ( legge Madia, dal nome del ministro proponente ) la condizione è stata modificata per gli eventuali incarichi da parte della pubblica amministrazione. Infatti la legge afferma che : “ È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa ( Consob ) di attribuire incarichi direttivi, dirigenziali, di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”. In pratica ai pensionati non possono essere conferiti incarichi o attività da parte della pubblica amministrazione.

Ma quando lo Stato ha avuto bisogno di essi, come nel caso dell’emergenza Covid, ha operato per poterli utilizzare consentendo loro di svolgere l’attività presso le aziende sanitarie con, però, il capestro di dover optare per il trattamento pensionistico in godimento ovvero per l’erogazione della retribuzione connessa all’incarico attribuito. Questo limite, tuttavia, non vale se gli incarichi sono conferiti dalle Regioni e dalle Province autonome !Su questa Kafkiana soluzione è intervenuto l’Inps con la circolare n.172 /2021 sollecitando gli interessati all’opzione come se il recupero di eventuali trattamenti pensionistici fosse vitale alla sopravvivenza dello stesso istituto in cronico deficit. Per effetto di quanto sopra, quindi, il personale sanitario titolare di un trattamento pensionistico di vecchiaia, che riceve o ha ricevuto un incarico ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge n. 2/2021, deve esercitare la facoltà di opzione tra la pensione di vecchiaia e la retribuzione relativa a detto incarico.

Per “paura” che qualcuno sfugga all’imposizione l’Inps sottolinea “che per gli incarichi conferiti a decorrere dal 26 maggio 2021, le aziende sanitarie e socio-sanitarie sono tenute a trasmettere, il contratto di lavoro che riporti la decorrenza e la durata dello stesso, l’opzione effettuata dall’interessato ed eventualmente i mesi a partire dai quali viene corrisposta la retribuzione, allegando la dichiarazione sostituiva di certificazione, ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal sanitario incaricato, dalla quale risulti la titolarità di un trattamento pensionistico diretto di vecchiaia ordinaria o in cumulo dei periodi assicurativi di cui alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, erogato a carico dell’Istituto”.

Conseguentemente, laddove il sanitario abbia optato per la retribuzione derivante dall’incarico, l'Istituto provvederà a sospendere (prima che l’interessato si dia alla macchia!) la pensione di vecchiaia a decorrere dal mese in cui è stata corrisposta la retribuzione e fino alla scadenza dell’incarico. La contraddizione di tutte queste sollecitazioni si manifesta poi nella sottolineatura prodotta dall’ Inps secondo cui questa condizione non potrà riferirsi agli incarichi conferiti dalle Regioni e Provincie autonome , sempre per la motivazione dell’epidemia, agli stessi dirigenti medici, veterinari e sanitari. Il povero medico si trova, dunque, dal lato Asl senza pensione se vuole avere la retribuzione oppure dal lato Regioni a poter tranquillamente cumulare entrambe le prebende. Una distinzione incomprensibile che nasce dal famigerato decreto Madia che sarebbe ora fosse eliminato, determinando solamente insoddisfazione dei soggetti interessati, ed in alcuni casi, ove possibile, l’opzione verso il lavoro in nero, con buona pace delle tasse e degli stessi contributi previdenziali.


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